Il sistema mafia-appalti su cui indagava Giovanni Falcone e le grandi opere pubbliche realizzate anche dalle coop rosse
Un sistema che vedeva la Sicilia e la Provincia di Trapani al centro di molti interessi
Il ruolo della cosca castelvetranese
Sono molte le strade che si intrecciano tra mafia, politica e infrastrutture in Italia. E s’incrociano in varie inchieste , spesso insabbiate. La più recente quella Dda antimafia di Firenze ha coinvolto Fabrizio Palenzona, numero uno della lobby dell’Autrostrade, collezionista indefesso di poltrone, tra banche come Unicredit, o fondazioni come la Crt. Perno nevralgico del sistema finanziario e politico, Palenzona non è un nome qualunque nel Bel Paese, un uomo con la capacità di rigenerarsi attraverso tutte le Repubbliche, dalla prima, ai tempi di Vincenzo Maranghi ed Enrico Cuccia in Mediobanca, fino alla terza di Matteo Renzi: basti pensare che è stato tra gli invitati, il 28 settembre 2014, al matrimonio di Marco Carrai, il Richelieu del premier con il gran fiuto per gli affari. Il Pd dalle due facce: una per i grandi affari, l’altra che tenta di controllare la magistratura di sinistra
Da Donat-Cattin al Pd, da Cossiga a Bisignani, da Unicredit a Mediobanca: la tela infinita di Palenzona definito il “Maradona” di Bersani che è riuscito a ottenere un aumento del 4% sui pedaggi senza reazioni significative dei camionisti
L’inchiesta di Firenze ha portato i Pm a scavare nelle reti imprenditoriali anche trapanesi . Si è scavato nella storia di Andrea Bulgarella – l’imprenditore siciliano che ha tirato in ballo il «Maradona» di Pierluigi Bersani per coprire un buco di 65 milioni di euro nei bilanci della sua società . Bulgarella da Trapani è arrivato in Toscana, terra “rossa ” per antonomasia e si scopre la storia di una famiglia di costruttori che da quasi trent’anni ha avuto rapporti da chiarire con politica e malavitosi locali . Cosa Nostra trapanese e Matteo Messina Denaro in particolare può rimanere indifferente ai grandi affari? Difficile credere che il sistema -mafio-politico imprenditoriale si interessi alle molliche Soprattutto il boss dei boss, l’eterno latitante Matteo Messina Denaro. Toccando la questione dei grandi appalti, quelli dei miliardi, ci si imbatte in indagini anche passate Indagini che portarono avanti giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, all’inizio degli anni ’90, prima che la stagione delle stragi se li portò via per sempre.
L’indagine di Firenze , piuttosto osteggiata, è stata solo un pezzo di una più ampia operazione antimafia che ha mirato a sgominare la presunta rete di fiancheggiatori che in questi anni avrebbero aiutato, anche economicamente il boss siciliano. Palenzona si è difeso con il suo avvocato Massimo Dinoia, e spiegava che il suo cliente «neppure conosce la persona che sarebbe stata, secondo gli inquirenti, da lui favorita». Eppure le carte degli inquirenti parlano chiaro. «È proprio grazie alla compiacenza di alti vertici di banche (Banca Credito Cooperativo di Cascina ed Unicredit) – si legge agli atti giudiziari – che Bulgarella è riuscito ad ottenere indebitamente svariati finanziamenti, agevolazioni e benefici, resi possibili in palese violazione della normativa bancaria con operazioni anomali e non trasparenti». Secondo gli investigatori, i «funzionari di banca conoscevano i legami di Bulgarella con ambienti sospetti del trapanese
Del resto la storia dei Bulgarella è nota in Sicilia. Andrea non ha mai avuto a che fare con la mafia in sedi giudiziarie. O meglio, alla metà degli anni ’90 ricevette alcune intimidazioni mafiose, ma invece che rivolgersi all’autorità giudiziaria pensò bene di parlare con un suo dipendente per sbrigliare la matassa. Ben diversa è invece la storia che riguarda suo cugino Puccio, ovvero Giuseppe Bulgarella, figlio di Andrea, classe 1939 e fondatore della società di costruttori in Sicilia. La storia di Puccio Bulgarella è una storia che attraversa diversi processi per mafia, tra cui quello l’uccisione del sociologo e giornalista di Rtc “Radio Tele Cine” Mauro Rostagno. Rtc era di proprietà di Bulgarella, scomparso pochi anni fa, ma il suo nome è saltato fuori durante l’udienza del 29 febbraio 2012 nel procedimento sull’omicidio del giornalista.
Il 20 febbraio del 1991 infatti il Ros deposita l’informativa che fotografa il “tavolinu” degli appalti siciliani: imprenditori, politici e mafiosi tutti seduti attorno allo stesso tavolo pronti a spartirsi il tornaconto. Giovanni Falcone chiese a gran voce il deposito dell’informativa redatta da Mori.
Ben prima di allora a occuparsi di Bulgarella fu il Ros di Mario Mori, all’interno del famoso rapporto “Mafia & Appalti”, indirizzato proprio a Falcone, ma fatto prima circolare negli ambienti border line di mafia e imprenditoria. Doveva essere la “Tangentopoli siciliana”, e invece tutto si risolse con archiviazioni e assoluzioni dopo che il destinatario principale del rapporto, Giovanni Falcone, saltò in aria a Capaci e Mori andò in contro a vent’anni di processi, da cui è uscito assolto. Il 20 febbraio del 1991 infatti il Ros deposita l’informativa che fotografa il “tavolinu” degli appalti siciliani: imprenditori, politici e mafiosi tutti seduti attorno allo stesso tavolo pronti a spartirsi il tornaconto. Giovanni Falcone chiese a gran voce il deposito dell’informativa redatta da Mori. Il 7 luglio 1991 arrivano i primi cinque arresti: sono una piccola parte dei 44 suggeriti nell’informativa, ma agli avvocati dei cinque arrestati non arrivò solo la parte che riguardava gli assistiti, ma anzi l’intera informativa che vanificava così tutto il lavoro di indagine. A quel tavolino insieme ad Angelo Siino, il “ministro dei lavori pubblici” di cosa nostra, secondo quanto risulta nell’informativa, sedeva stabilmente anche “Puccio” Bulgarella.
Ma nel febbraio del 2012 il nome di Bulgarella ritorna a rimbombare nelle aule del tribunale di Trapani. A essere ascoltata, quel giorno, fu Caterina Ingrasciotta Bulgarella, moglie di Puccio, che raccontò i legami del marito con lo stesso Siino. E soprattutto a essere sentito dal pm Gaetano Paci fu Siino, in persona, mai “punciutu” ma punto di collegamento tra Salvo Lima e il clan dei Corleonesi, poi pentito: ora vive in una località segreta con la moglie. Siino è stato l’inventore di un metodo che prende il suo nome il“Metodo Siino”, che lui stesso ha spiegato ai magistrati in diverse occasioni.
Fu proprio Siino, durante quell’udienza per l’assasinio di Rostagno, a parlare dei rapporti tra Puccio Bulgarella e Messina Denaro. Come si legge nei verbali del ministro di Cosa Nostra, «Messina Denaro diceva che Puccio Burgarella era un “pezzo di sbirro”, “sopratutto facendo riferimento ad una persona un giornalista che conduceva una rubrica su questa televisione, e praticacamente che era ‘uno terribile, quello che ci scappa dalla bocca’”, “io cominciai ad avere paura”. “Il suo nome era il personaggio che poi fu barbaramente ucciso, e che era… Mauro Rostagno”».
Ma aggiunge anche altro: «Messina Denaro Francesco “mi disse che Bulgarella non era affidabile dal punto di vista di cosa nostra”. Con Bulgarella in associazione di impresa presero in appalto la realizzazione dell’area artigianale di Castelvetrano, .Era il periodo in cui Siino, riusciva a convogliare un flusso notevole di lavori pubblici in provincia di Trapani. L’ambiente imprenditoriale-mafioso era accogliente e disponibile anche a mitigare le pretese. Francesco Messina Denaro gli diede il permesso di prendere quei lavori, “il permesso di ordine mafioso, il permesso di ordine politico lo avevo avuto dall’on. Leone che allora era sindaco”. D’altronde, sarà un caso o meno, tutti i lavori pubblici che ha in ballo la Bulgarella costruzioni, riguardano la città di Trapani.
Fonte : L’inkiesta
Il Circolaccio
Salvo Serra