Nell’ultima udienza del processo che si svolge a Palermo sulla trattativa Stato Mafia, Totò Riina, attraverso il suo difensore, fece sapere alla Corte che intendeva essere interrogato per rispondere alle domande che gli saranno poste dai pubblici ministeri e dalla difesa degli imputati.
La Corte ha fissato per l’interrogatorio una prossima udienza. Quando Riina cominciò a parlare durante l’ora d‘aria con il boss della Corona Unita Alberto Lo Russo, quasi certamente consapevole del fatto che tali conversazioni venissero intercettate dagli investigatori, pensai, tra le altre ipotesi, che lo facesse perché voleva essere ascoltato proprio dagli uomini delle istituzioni in carica durante il periodo della trattativa e oggi sul banco degli imputati.
La disponibilità a farsi interrogare nel processo sulla presunta trattativa Stato- mafia. potrebbe essere stata interpretata come una minaccia nei confronti dei suddetti personaggi nel senso che, ove non gli si concedesse un qualche beneficio (anche se non riesco ad immaginare di che genere), potrebbe rivelare quanto a sua conoscenza a proposito degli uomini delle istituzioni che trattarono con lui. Se fosse vera una siffatta ipotesi ciò significherebbe che Riina sarebbe stato in condizione di ricattare una parte dello Stato. D’altra parte lui stesso ebbe a dichiarare : “Con me hanno tutti da perdere.”
Di recente Pietro Grasso, attuale Presidente del Senato, ex Procuratore della Repubblica di Palermo e Procuratore Nazionale antimafia, in una analisi effettuata di recente a 25 anni dalla fine del maxiprocesso, in cui fu giudice a latere, ha affermato : “Si intuisce che Cosa Nostra possa essere stata il braccio armato di altri interessi : di una strategia politica di tipo economico legata agli appalti pubblici; o di entità deviate rispetto alle proprie funzioni istituzionali. Purtroppo però non è stato possibile trovare le prove. Gli elementi per raggiungerle sono a conoscenza solo dei vertici dell’organizzazione, che non hanno collaborato con la giustizia. Né abbiamo avuto collaborazioni di altri settori esterni a Cosa Nostra”.
Le prove avrebbero potuto avere un senso se Riina, nell’interrogatorio , se si fosse deciso a rivelare l’intreccio perverso che negli anni passati ha caratterizzato le più gravi vicende italiane dagli omicidi eccellenti alle stragi alle collusioni mafia politica. Dubitai però che Riina, dopo anni di silenzio, avesse intenzione di collaborare con la giustizia a 360 gradi. Credetti invece che, ancora una volta, si sarebbe limitato a lanciare messaggi verso coloro che tali messaggi sono in grado di recepire o peggio ancora a protestare la sua estraneità su tutti i gravi reati che gli venivano contestati considerandoli come una conseguenza delle dichiarazioni dei pentiti che non hanno fatto altro che dire “bugiarderie”.
Ad ogni buon fine se io fossi stato ancora pubblico ministero, professione che ho esercitato per oltre 40 anni e per oltre dieci anni componente del pool antimafia costituito presso la Procura di Palermo, senza nulla togliere alla professionalità dei magistrati titolari del processo, e senza volermi sostituire a loro, queste sono le domande che in udienza avrei rivolto a Riina.
Riina lei ha fatto parte della associazione mafiosa denominata Cosa Nostra? E se si in quale periodo?
Ha fatto parte della cosiddetta Commissione e se si in quale periodo? Nella Commissione rivestiva un ruolo preminente?
Vi sono stati contatti con organi investigativi o con altri organi dello Stato per porre fine alle stragi e le risulta che l’allora ministro Mancino e Rognoni avrebbero garantito la possibile adesione alle sue richieste per porre fine alle stragi?
Vito Ciancimino faceva organicamente parte di Cosa Nostra e quali erano i rapporti che lei e Bernardo Provenzano intrattenevate con lui?
Può dirci se tramite Ciancimino venne avviata una collaborazione con il colonnello Mori e il capitano De Donno per porre fine alla strategia stragista? In caso positivo da chi venne contattato a tal fine?
Fonte : Sicilia Informazioni
Il Circolaccio