Differenziata nel caos: i danni ammontano a decine di milioni di Euro
Le accuse della Corte dei conti
Perché la Procura contabile ha chiesto un maxi-risarcimento a Crocetta, Orlando, Lombardo, Cammarata e agli ex assessori e burocrati.
I partiti di governo regionali, compreso i super burocrati strapagati, hanno sempre scaricato tutte le colpe su comuni e cittadini
PALERMO – Per la Procura della Corte dei conti, Crocetta, Orlando e gli altri “indagati” nell’inchiesta sui rifiuti hanno “omesso di svolgere le doverose attività e assumere le opportune iniziative necessarie al fine di ricondurre la gestione dei rifiuti del Comune nell’ambito della legge nazionale e comunitaria”. È questo il cuore dell’atto d’accusa firmato dal sostituto procuratore generale Maria Concetta Carlotti, col quale il magistrato ha chiesto un risarcimento di 21 milioni di euro al governatore e al sindaco di Palermo, ai loro predecessori, oltre che a ex assessori e burocrati regionali.
Perché sono indagati governatori e sindaci
Ciascuno in base al proprio ruolo, insomma, avrebbe contribuito a questo caos. A questo fallimento che fa rima con “rifiuti”. Crocetta e Lombardo sono chiamati a rispondere del “danno” perché un’ordinanza del 9 luglio 2010 attribuiva al presidente della Regione in carica il ruolo di “Commissario delegato per il superamento della situazione di emergenza in atto nella Regione nel settore della gestione dei rifiuti”. Ordinanza i cui effetti sono stati reiterati più volte, mettendo nelle mani del governatore strumenti “speciali” per la gestione del settore, compresa la possibilità di avvalersi di quattro soggetti attuatori a cui affidare specifici settori di intervento (anche loro chiamati a dedurre dalla Corte). Tra questi anche l’ex dirigente generale Marco Lupo, coinvolto nell’inchiesta contabile, nella qualità di “commissario straordinario per la realizzazione degli interventi relativi alla raccolta differenziata”. Orlando, Cammarata e gli ex assessori invece sono chiamati a rispondere del danno in quanto il Comune riveste il “ruolo di gestore del servizio della raccolta differenziata”, oltre ad avere “il compito – scrive la Corte – di verificarne lo stato di attuazione”.
Il flop della raccolta differenziata
Nelle carte della Procura, intervenuta dopo la presentazione di un esposto del Movimento cinque stelle, insomma, ecco l’evidente flop della “differenziata”, una raccolta che in Sicilia – e nel caso specifico dell’inchiesta – si attesta a percentuali irrisorie, molto lontane da quelle previste dalla legge. Leggi nazionali, regionali e direttive europee. Nel caso dell’amministrazione comunale, la Procura contabile parla di “grave e costante violazione di legge verificatasi per anni nello svolgimento di un servizio cruciale del Comune, quale è la raccolta differenziata dei rifiuti, di cui Sindaci e Assessori competenti non potevano disinteressarsi, in quanto direttamente responsabili della speciale cura dell’essenziale bene pubblico dell’igiene urbana”.
Non solo. In un altro passaggio, molto duro, il Procuratore contesta la “colpa grave” ai rappresentanti di Regione e Comune, per “l’inescusabile inerzia, trascuratezza, negligenza e imperizia dimostrate sia dai Responsabili della gestione commissariale sia dagli Amministratori comunali competenti nel mancato assolvimento dei propri compiti, con gravi violazioni di precise disposizioni comunitarie e nazionali”.
Gli obiettivi falliti e i costi in più
Nello specifico, si fa riferimento alle norme finalizzate a incrementare la raccolta differenziata, anche attraverso l’individuazione di alcuni “step” graduali che le pubbliche amministrazioni erano chiamati a rispettare. Risultati clamorosamente falliti, come emerge dai dati raccolti anche dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza che dal 2014 ha portato avanti le indagini. Nel 2011, il livello previsto dalle leggi (compresa una legge regionale del 2010 che ha recepito le norme europee e nazionali) era il 35 per cento, ma il Comune si è fermato al 9,15 per cento. L’anno successivo, la soglia prevista era quella del 40 per cento, ma la differenziata in quel caso fece solo un impercettibile passo in avanti: 9,32 per cento. Nel 2013 e nel 2014, mentre saliva la soglia prevista dalle norme al 45 e al 55 per cento, la differenziata a Palermo addirittura scendeva al 9,2 e infine all’8,17 per cento. Altro che rispetto delle soglie. In quattro anni, la differenziata a Palermo è addirittura calata.
Un danno da 51 milioni di euro
Un calo che si è tradotto in spese per il Comune, legate a due fattori. Il primo – il maggiore – è la tassa dovuta per il conferimento dei rifiuti, circa 98 euro a tonnellata fino al 2013 e 65 euro nel 2014. Il secondo è legato all’addizionale che il Comune avrebbe dovuto versare alla Regione a causa, appunto, del mancato raggiungimento degli obiettivi. Pagamento che non è avvenuto in quegli anni a causa di un ritardo della Regione: mancava la specifica regolamentazione.
Insomma, un concorso di colpe, secondo la Procura, ha creato un danno che è, in realtà, stando a quanto raccolto dalle Fiamme gialle, superiore ai 51 milioni di euro. Il danno relativo al 2011, però, nel frattempo è stato prescritto. Mentre per la restante somma, essendo stata considerata ‘colposa’ la condotta degli amministratori, la Procura ha chiesto un risarcimento pari a metà del danno.
La deputata Mannino: “Una buona notizia”
L’inchiesta, annota la Procura, nasce da un esposto presentato nel settembre del 2014 da alcuni deputati nazionali e regionali e da un attivista del Movimento cinque stelle. Una denuncia rivendicata dalla deputata nazionale Claudia Mannino, oggi sospesa dal Movimento: “Finalmente – dice – la buona notizia è arrivata. Raccolgo i frutti di una azione di monitoraggio sistematica. I miei esposti alla Corte dei conti ed alle Procure siciliane finalmente sono andati a segno. I miei complimenti alla dottoressa Maria Concetta Carlotti per l’ottimo lavoro svolto. Documenti alla mano – aggiunge – ho presentato esposti sia sul comune di Palermo, che non ha mai superato il 11% di raccolta differenziata (a fronte del 65% richiesto dalla legge) così come i comuni della provincia di Palermo (ATO 1, su cui ho presentato analogo esposto) non hanno mai superato fino al 2013 il 20%. L’ora dello scarica barile è finito, i comuni si mettano nella condizione di rispettare la legge”. E l’inchiesta sul Comune di Palermo, adesso, potrebbe aprire nuovi fronti (e nuove inchieste) in altre amministrazioni dell’Isola.