Il pm Gabriele Paci ha chiesto l’ergastolo per Matteo Messina Denaro accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e Via D’Amelio. Il processo si celebra davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta.
“Il latitante è il frutto marcio di ciò che fu Totò Riina”
Il superlatitante trapanese, a capo del mandamento di Castelvetrano, è considerato uno dei boss più potenti di Cosa Nostra nonostante sia irreperibile da 27 anni.
La richiesta è stata avanzata a conclusione della requisitoria, durata otto udienze. Matteo Messina Denaro è difeso dagli avvocati Salvatore Baglio e Giovanni Pace.
La richiesta, aggravata dall’isolamento diurno per 18 mesi, è stata pronunciata – al termine della requisitoria lunga ventisei ore e argomentata in otto udienze – dal procuratore aggiunto Gabriele Paci ai giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta presieduta dal giudice Roberta Serio.
Messina Denaro, ha detto Paci, nel processo al padrino di Castelvetrano, “fu il primo a partecipare ai tentativi di uccidere Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, nemici storici di Cosa nostra”. La decisione di uccidere i due giudici “non fu un fatto isolato, ma ben piazzato al centro di una strategia stragista a cui Matteo Messina Denaro ha partecipato con consapevolezza –
“Matteo Messina Denaro è il reggente di Cosa Nostra trapanese quanto meno dal 1991. Il padre Francesco non era presente, così come non era presente Mariano Agate. Matteo Messina Denaro è un mafioso che ha rinunciato a qualsiasi spazio di autonomia per fare carriera in Cosa Nostra e Totò Riina lo nominò reggente della provincia di Trapani”. Lo ha detto il pm Gabriele Paci nel corso della requisitoria.
“Quando nel 1991 comincia la guerra di mafia Paolo Borsellino opera nel trapanese, nel territorio gestito da Matteo Messina Denaro. Abbiamo ripercorso quegli anni maledetti – ha continuato il Pm Paci – Totò Riina, per iniziare la stagione stragista dovette veramente convincere i rappresentati provinciali della bontà del suo progetto, riuscire a costruire il consenso. Non è sostenibile che Totò Riina avrebbe comunque intrapreso a prescindere quella strada senza avere il consenso di Cosa Nostra, perché se ci fosse stato il dissenso di una delle province ci sarebbe stata una guerra. La storia di quegli anni non sarebbe stata la stessa. Messina Denaro non può aver prestato consenso con riserva. Fu lui più di tutti l’uomo che aiutò Riina a stroncare sul nascere le voci del dissenso interno”.
Fonte: Blog Sicilia Affari