Trapani, le mani della mafia sulle Regionali 2017
«Erano i politici a cercare l’aiuto di Cosa nostra»
Al centro dell’operazione Scrigno, coordinata dalla Dda di Palermo, non c’è solo un giro di attività illecite, ma anche rapporti diretti con i candidati per condizionare le elezioni. Una candidata, dopo essere stata eletta, avrebbe ringraziato l’uomo del clan
Ruggirello, i contatti per le Politiche
e quella “missione” alla Leopolda
La ricostruzione delle cariche di vertice di un mandamento mafioso potente come quello di Trapani, l’apertura di Cosa nostra al business del turismo, tanto da insediare una sua cellula persino sull’isola di Favignana e i rapporti con alcuni importanti esponenti politici che si sarebbero persino mossi di propria sponte per cercare il sostegno delle famiglie mafiose per vincere le elezioni. C’è tanto nell’inchiesta Scrigno che stamattina ha portato in carcere 25 persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, scambio elettorale politico mafioso, estorsione, danneggiamento seguito da incendio e altro, tutti reati aggravati dal metodo mafioso.
Da Meridione news
L’operazione dei Carabinieri apre uno squarcio sulla rovinosa debolezza della politica che, addirittura cerca i boss per avere consenso. Quel consenso che trova spazio nella voragine amministrativa che gli stessi politici finiscono per creare impedendo lo sviluppo economico e sociale che la mafia bianca, rossa e nera non vuole avvenga in modo libero e legale per costringere i ciitadini a sottostare a certi sistemi per poter campare. I giovani hanno capito tutto e fuggono.
L’inchiesta si è articolata su due distinti filoni di indagine. Il primo è quello che riguarda i movimenti della propaggine trapanese di Cosa nostra, mandamento che sarebbe stato retto dai fratelli Francesco e Pietro Virga, figli del boss ergastolano Vincenzo, e che si sarebbe avvalso della forte collaborazione della famiglia mafiosa della vicina Paceco, capeggiata dal pregiudicato Carmelo Salerno, così come di esponenti della famiglia mafiosa di Marsala. Il secondo ramo d’inchiesta, invece, riguarda i rapporti nel trapanese tra mafia e politica, con la ricostruzione dei presunti passati e attuali contatti tra Paolo Ruggirello e Cosa Nostra. L’ex deputato avrebbe stretto proprio con i Virga, in particolare Francesco, con l’aiuto di Francesco Orlando, ritenuto altro uomo cardine nel mandamento del capoluogo.
«Il fatto che non siano stati trovati dei collegamenti diretti con Matteo Messina Denaro – dicono gli investigatori – non significa che non ci siano. I Virga e Orlando sono stati segnati come uomini d’onore riservati, una qualifica che spettava a pochi soggetti, la cui collaborazione doveva essere a conoscenza di pochissimi. La vicinanza tra i tre e il latitante è assolutamente certa». Nomi noti, dunque, a cui si aggiungono quelli di Antonino Buzzitta, Michele Martines e Vito D’Angelo, originario di Ravanusa, che, scontata la sua pena in carcere per omicidio, sarebbe tornato a occupare un ruolo di vertice nel sistema mafioso occupandosi della cellula di Favignana, isola dove ha trascorso parte della condanna in regime di semilibertà.
Appalti, controllo delle attività economiche, una presenza forte nel settore dell’edilizia, la necessità di ottenere soldi puliti riciclando tramite investimenti mirati quelli ottenuti da attività illecite. Gli obiettivi del mandamento sarebbero stati i soliti, questa volta con l’aggiunta di una partecipazione attiva all’interno delle varie campagne elettorali. Dettaglio, quest’ultimo, che è costato l’arresto non solo dell’ex deputato regionale Ruggirello, ma anche quello dell’ex consigliere comunale di Erice Giovanni Maltese e di Ivana Inferrera, ex assessora del Comune di Trapani e candidata alle Regionali del 2017. Un aiuto cercato, così come sarebbe stato nel caso di Ruggirello, oppure accettato, come in quello di Ferrera, che avrebbe dato ai Virga denaro con cui acquistare le preferenze e promesse di assunzione di manodopera. Rapporti, quelli tra mafia e politica, che sarebbero stati persino diretti, con tanto di visite e incontri di cortesia. «Si tratta di un intreccio documentato – dice il colonnello dei carabinieri di Trapani Gianluca Vitagliano – L’indagine ha evidenziato un accordo tra i candidati che andavano a richiedere l’aiuto dei componenti dell’associazione mafiosa dando loro dei soldi per ottenere in cambio dei voti. Dopodiché i membri dell’associazione, inclusi i vertici, si muovevano per recuperare le preferenze da poter poi far pesare in un momento successivo». Il colonnello cita anche un episodio chiave che avrebbe riguardato l’elezione di una candidata alle elezioni comunali: «Sono andati a chiedere espressamente dei voti a un esponente di vertice, Franco Orlando. In seguito la candidata eletta è andata nel bar di Orlando a ringraziarlo dicendo “sono stata eletta grazie a te”».
Altra cosa significativa emersa dalle indagini è stata la assoluta sinergia tra articolazioni mafiose di territori differenti, come Trapani e Marsala, che fa parte del mandamento di Mazara del Vallo, con incontri dei diversi rappresentanti nel corso dei quali sono state gettate le basi delle scelte imprenditoriali-mafiose e la spartizione dei guadagni. Il mandamento mafioso di Trapani avrebbe anche diversificato i propri investimenti, riuscendo ad acquisire anche la proprietà del Gran Hotel Florio di Favignana, riconducibile a Francesco Virga. Ma anche due negozi: Lo Scrigno e Lo Scrigno 2 sempre riconducibili ai Virga, un’impresa edile e un autonoleggio riconducibili a Francesco Peralta e l’Efri Bar della centralissima via Conte Agostino Pepoli di Trapani, gestito da Francesco Orlando. Tutte le attività, le società che li gestiscono e relativo compendio sono stati sequestrati dai carabinieri, per un valore complessivo dei beni di circa dieci milioni di euro.