Ancora un giornalista ucciso in circostanze misteriose. Quando si toccano i paradisi fiscali si può morire
Panama Papers, i tesori esteri di vip, uomini d’affari e dei boss di Cosa nostra dal Lussemburgo a Panama alle Seychelles
In diversi documenti si rilevano i nomi di personaggi della politica, dello spettacolo, delle istituzioni e anche della mafia. Si mostrano per la prima volta decine di società estere collegate ai tesorieri di boss mafiosi come i fratelli Graviano, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano
Società offshore di cosa nostra svelate dalla carte di Panama . I documenti riservati scoperti da l’Espresso con il consorzio giornalistico Icij illuminano decine di società estere collegate anche ai tesorieri di boss mafiosi del calibro dei fratelli Graviano, Salvatore Riina e Bernardo Provenzano. La scoperta non è recente. In questo complesso gioco finanziario sarebbero finiti molti soldi del cosiddetto mercato degli affari sporchi. La mafia, così come la politica tangentista cerca sistemi sofisticati per far sparire masse enormi di denaro da portare all’estero attraverso società offshore che hanno sempre sede nei paradisi fiscali. Del resto con la pressione esercitata dagli inquirenti , negli ultmi anni che ha portato alla confisca di beni e soldi , solo in Sicilia ad oltre 10 milardi di Euro, l’unico posto per nascondere i soldi sono i paradisi fiscali. Il sistema è stato studiato da 2cervelli” della finanza internazionali i quali guadagnano nella gestione occulta di questi soldi. “pecunia non olet” dicevano i latini e infatti i soldi dei mafiosi o dei politici, non fanno differenza.
Alcune società offshore hanno chiamato in causa il presunto cassiere delle società estere che nel 2013 sono costate l’arresto a Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. Mentre una cassaforte offshore delle Seychelles, finora sconosciuta, apre una nuova pista nella caccia al patrimoni esteri del re del gioco d’azzardo, Francesco Corallo , che personalmente non ha legami con la mafia, ma è figlio di un faccendiere condannato per gravi reati, scoperti con la prima maxi-inchiesta sugli affari delle cosche catanesi nel Nord Italia e all’estero.
Al centro della prima rete offshore c’èra Angelo Zito, un finanziere barese, trapiantato in Lussemburgo, che nel 2000 è stato condannato per mafia a Palermo. La sentenza definitiva spiega che era diventato il tesoriere del ricchissimo clan di Brancaccio, capeggiato dai boss stragisti Filippo e Giuseppe Graviano. In particolare Zito gestiva «ingenti investimenti» all’estero dei capimafia obbedendo a Nunzia Graviano, che prima dell’arresto faceva da tramite tra i suoi fratelli ergastolani e i loro tesorieri. Arrestato nel 1999, Zito «ha collaborato con la giustizia», patteggiando una condanna ridotta a 16 mesi. Ma lo Stato italiano non ha recuperato nulla dei tesori esteri della famiglia Graviano, i cui familiari tengono ancora oggi un tenore di vita alto.
“l’Espresso” ha scoperto carte sconcertanti. Angelo Zito, nato il 7 giugno 1953, viene identificato nei file di Panama come manager della fiduciaria Beamanoir del Lussemburgo. Nel suo fascicolo lo studio Mossack Fonseca inserisce una lettera del primo marzo 2004, presentata come un atto ufficiale del ministero di giustizia del Lussemburgo, che ammette quel pregiudicato italiano nel «registro degli esperti di fisco e contabilità». Da lì partono i nuovi affari di ZIto. Che nel giugno 2009 diventa procuratore della misteriosa società Wayland delle isole Seychelles. L’inchiesta su Panama Papers sembra arenarsi. Qualcuno che cerca ancora documenti scottanti muore ammazzato.
Fonte : L’Espersso
Il Circolaccio