Perquisizioni e decine di indagati
Assedio a Matteo Messina Denaro
Coinvolte 30 persone tra parenti e amici del latitante. Al lavoro un centinaio di poliziotti della Mobile di Palermo e dello Sco di Roma.
L’operazione è ancora in corso sarebbero stati sequestrati documenti negli uffici del comune di via delle Rose
Altro che perquisizioni. Sarebbe opportuno chiamarli rastrellamenti. Duecento poliziotti fanno irruzioni contemporaneamente in case, magazzini, negozi, masserie e uffici di trenta persone. Uno spiegamento di forze massiccio per stanare il superlatitante Matteo Messina Denaro.
È in terra trapanese che sono al lavoro gli agenti della Squadra mobile di Palermo, agli ordini di Rodolfo Ruperti, della Mobile di Trapani, guidati da Fabrizio Mustaro, e del Servizio centrale operativo di Roma. Soprattutto a Castelvetrano e dintorni. Una trentina di persone, tra parenti del latitante, amici e vecchi mafiosi, sono indagate per procurata inosservanza di pena aggravata dal’articolo 7, previsto quando si favorisce la mafia. Perché è la fuga di Messina Denaro che starebbero agevolando. C’è un filo rosso che legherebbe le persone perquisite al padrino di Castelvetrano. Probabili connivenze o interessi in comune. L’input dell’operazione resta segreto. Di certo aumenta la pressione sul capomafia e sulla cerchia di uomini che ne proteggono la latitanza. Una cerchia ristrettissima.
Da qualche mese in Procura a Palermo, dove vengono coordinate le ricerche del latitante, è cambiato il metodo di lavoro. Niente più sovrapposizioni fra forze di polizia e condivisione dei risultati investigativi. Il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido, hanno voluto un cambiamento radicale per “la condivisione di elementi spesso, troppo spesso – ha spiegato Guido qualche tempo fa – disorganici e non allineati”.
La voglia di “assicurare Messina Denaro alla giustizia” ha finito per popolare le indagini di personaggi improbabili (in tanti hanno giurato di avere incontrato il latitante in posti e circostanze ai confini della realtà) testimoni e pentiti dalla scarsa credibilità, fonti confidenziali a cui si è dato eccessivo credito per non lasciare nulla di intentato. Da qualche mese sono state abbandonate piste improduttive.
Messina Denaro è in fuga dal 2 giugno 1993, quando fu raggiunto da un mandato di cattura per le stragi di Roma e Firenze. Nel cambio di strategia investigativa rientrano le perquisizioni a tappeto di oggi.
Fonte Live Sicilia
Il Circolaccio