L’analisi storica delle dinamiche imprenditoriali di Castelvetrano potrebbe essere usata per una tesi di laurea su come costruire un modello di sviluppo non derivato dalle leggi del libero mercato ma dal metodo dell’affarismo costruito sul tacito consenso tra mafia , politica, istituzioni e burocrazia di alto livello.
Un “business case” eloquente, di questa strana economia territoriale e tutto da decifrare e che ha fatto bene solo a pochi furbi e male tanti cittadini , è quello della società Olioliva spa di via Tagliata. Una società dove, Gianfranco Becchina, imprenditore dell’olio ma anche di reperti archeologici di notevole valore , a cui è stato sequestrato da poco un enorme patrimonio dal Tribunale di Trapani , per il presunto aiuto dato alla famiglia del boss, Matteo Messina Denaro partecipa .
La società di via Tagliata per lo stoccaggio e la commercializzazione dell’olio extravergine dop .
L’azienda si chiamava Olioliva. Nella compagine societaria vi era tra gli altri, anche il comune di Castelvetrano con una modesta quota.
La storia della società Olioliva spa, alla luce dei fatti recenti, è un unicum economico tutto da decifrare,degno di citazione in tesi di laurea d’eccellenza. Un esempio imprenditoriale che indica lo strano confine tra chi lavora per il bene comune e chi invece cerca di sfruttare ogni occasione per vantaggi personali a discapito di chi tenta di costruire percorsi economici orientati al libero mercato e al cambiamento.
La società Olioliva che nacque su idea dell’allora sindaco, Beppe Bongiorno agli inizi degli anni 2000, mise insieme nel pacchetto azionario molti personaggi illustri castelvetranesi e belicini. Tutto regolare nelle carte e nello statuto. Almeno secondo i criteri del tempo. Nella compagine societaria presieduta dall’avvocato ,Giuseppe Palmeri ,ex dirigente del Banco di Sicilia e parente di un ex procuratore della Repubblica, oltre a Becchina e al Comune di Castelvetrano, c’erano tanti politici, massoni e imprenditori del territorio , tutti con la passione per l’olio di qualità.
La società nasce con l’obiettivo di stoccare l’olio della Nocellara del Belice e dare la possibiltà ai produttori di non finire nella ghigliottina dei grandi grossisti nazionali che acquistavano l’olio in cisterna per pochi soldi. Un progetto, tutto sommato intelligente che intendeva creare una specie di consorzio dell’olio di qualità ma che si è arenato dopo pochi anni.
All’Olioliva spa, viene assegnato lo stabilimento di un ex cantina sociale fallita , con sede in via Tagliata , di proprietà della Regione Siciliana. Un cospicuo capitale sociale e una base azionaria di prim’ordine fanno il resto. Assessori e consiglieri del tempo, professionisti affermati , imprenditori e qualche coltivatore olivicolo , diedero il via all’ambizioso progetto. Pure la bottiglia con il marchio Olioliva venne lanciata sul mercato. A questa società collaborò anche Gianfranco Becchina. Le sue conoscenze di mercato e l’esperienza dimostrata con la sua bottiglia negli Usa potevano dare molto. Un possibile conflitto d’interesse di Gianfranco Becchina già leader nel settore dell?olio con la sua azienda non fu rilevato.Il sistema disegnato da Bongiorno e company non ebbe molta vita. La bottiglia d’olio “di tutti “non ebbe fortuna. Neanche il tentativo di stoccaggio di massa. Nel giro di pochi anni, non solo la società bruciò il capitale sociale, ma finì per indebitarsi con le banche con rischio di pesanti perdite finanziarie anche per il consiglio d’amministrazione e i soci che ne facevano parte. Sull’orlo del possibile fallimento ecco che, nel 2005 ,arriva “il salvatore della patria”. Arriva Giuseppe Grigoli chiamato da qualche socio e salva tutti. Qualcuno lo chiama per salvare la società dal fallimento e per sanare i debiti con le banche. Grigoli con le sue società e con l’aiuto di un suo amico comptente obbedisce e rileva debiti e quote di tutti . Rileva anche quella del comune di Castelvetrano. Salva anche i pochi posti di lavoro e “conserva” anche il lavoro per i parenti di consiglieri comunali e amici di politici. Paga tutto e diventa azionista di maggioranza della società che poi, con altri investimenti ,riuscirà a confezionare anche le olive da mensa per i suoi supermercati. Dunque, Grigoli, oltre all’azienda casearia in provincia di Palermo con notevoli difficoltà economiche, decide di investire i “suoi” soldi anche nel comparto olivicolo, rilevando un’azienda decotta e priva di tecnologia e certificazioni per entrare nella GDO e togliendo dall’imbarazzo tutti gli amici che avevano messo le firme in banca. Olioliva, finirà poi, nel sequestro dei beni disposto dal Tribunale a carico di Giuseppe Grigoli nel 2007 ,terminando la sua corsa prima della confisca avvenuta nel 2013. Un progetto per aiutare gli agricoltori che è morto prima di nascere. Perchè Grigoli compra Olioliva? Un dubbio che neanche la magistratura ha tentato , in questi anni , di chiarire.
Fonte Radio Radicale
Il Circolaccio
Salvo Serra