Renzi in trincea: non mi fanno fuori
Il segretario in tv: “Sul futuro premier dibattito sterile, lo deciderà il Parlamento Non ho l’ansia di tornare a Palazzo Chigi, adesso c’è Gentiloni e non è lì per caso”
Poteri forti. «La cosa che mi fa più male è che nel nostro elettorato la percentuale più alta è quella di chi dice: “Siamo stati troppo amici di quelli che hanno potere”».
Sono mesi che cercano di mettermi da parte, ma non ci riusciranno nemmeno stavolta. Qui non si molla di un centimetro». Matteo Renzi tenta di uscire dall’assedio. Dopo il flop in Sicilia, utilizza la sua e-news per dire che «per farmi fuori hanno studiato vari modi: le prove false di Consip, la polemiche sulle banche, le accuse sulla mancata crescita…».
In serata, ospite di Giovanni Floris su La7, per il mancato duello con Luigi Di Maio, il leader Pd rivendica la differenza tra elezioni locali e politiche. «Io un leader vincente? Lo vedremo dopo le politiche. In Sicilia non si è votato su di me, io sono stato responsabile di due grandi campagne elettorali, le Europee e il referendum, una vinta e una persa». «E se il Pd fa il Pd e smette di litigare al proprio interno, possiamo raggiungere quella percentuale, il 40%. Dopo il voto il Pd sarà il primo gruppo parlamentare. Non siamo il partito dei perdenti». «Faremo il 40% insieme ai nostri compagni di viaggio», concede agli avversari interni che insistono per una coalizione. «Già oggi c’è e siamo pronti ad allargarci al centro e a sinistra, come ha detto Franceschini». Renzi rivendica le riforme fatte dagli ultimi governi, a partire da “Dopo di noi”, spreco alimentare, vaccini. E cerca di stare alla larga dai nodi che impediscono la nascita di un nuovo centrosinistra. «Cosa devo fare per accontentare D’Alema? Darmi fuoco in piazza? So che lo accontenterei… Ognuno pensi al suo partito, al mio posto mi ci hanno messo due milioni di voti alle primarie». E a Mdp che gli chiede autocritica, replica: «Vorrei un altro Jobs act, con altri 986mila posti di lavoro».
«Questa discussione sul premier è sterile, chi andrà a palazzo Chigi lo decideranno il Parlamento e il Capo dello Stato», ragiona. «A chi mi chiede discontinuità dico: cancelliamo gli 80 euro? Gli altri prima continuavano ad alzare le tasse. Io mi alleo con chi vuole fare una battaglia in Europa per tagliare le aliquote Irpef». «I sondaggi? Abbiamo molto da recuperare», concede. «Ma la gente non contesta la Buona scuola e gli altri risultati, ci accusa di essere stati troppo vicini a chi ha potere e poco presenti nei luoghi del dolore». «È arrivato il momento di cominciare la campagna elettorale, basta chiacchiere». «Questo Paese non è stanco e deluso», manda a dire a Pietro Grasso. Sul mancato ritiro dalla politica: «Ho pagato questa oggettiva incoerenza, ma se me ne fossi andato sarebbe stato un atto di arroganza».
Nomi alternativi per Palazzo Chigi? «Uno c’è già e si chiama Paolo Gentiloni. Non ho ansia di tornare a occupare la poltrona, ho l’incubo che si ritorni al meno 2% sul Pil». Fendenti a Di Maio: «Scappa dal confronto perché in Sicilia hanno perso. Di Maio è il nulla, chi si candida premier non può provocare e poi fuggire. Gli avrei chiesto perché ha partecipato solo al 30% delle votazioni alla Camera. E lo sfido a rinunciare all’immunità, altrimenti è lui la casta». Per Renzi è già campagna elettorale: «Vorrei introdurre la possibilità di scaricare dalle tasse il costo della badante».
Fonte: La Stampa
Il Circolaccio