Il contrasto da parte della magistratura inquirente ,al clan capeggiato da Matteo Messina Denaro che orma dura da 25 anni nel territorio del Belice, vanta numeri considerevoli. Centinaia di arresti, condanne per secoli di carcere e beni confiscati per oltre 3 milardi di Euro all’imprenditoria ritenuta collusa.
Dati pesanti che, di fatto, hanno smantellato un sistema economico con la logica :”dell’antibiotico ad ampio spettro”.
Una strategia che non è stata scevra da critiche. Il culmine di questo iter investigativo si è avuto con Teresa Principato. Il teorema, tutto sommato è semplice.
La Principato e suoi più stretti collaboratori, hanno applicato il sistema del “calcolo delle probabilità”. Il Belice e il trapanese il suo obiettivo.
In sintesi , generando questo assioma: “non ci può essere economia nel Belice senza il controllo di Matteo Messina Denaro”. Quindi , per questo discutibile ragionamento che fa sotto intendere che “tutti o quasi” , sono in qualche modo complici del latitante, la sintesi è stata:” più colpisco il sistema economico locale più avrò possibilità di togliere ossigeno al boss e prenderlo”. Per usare delle metafore, si sa che i biologi sconsigliano di usare antibiotici quando non si conosce l’agente patogeno che genera l’infezione. Gli scienziati hanno diviso i batteri in “gram positivi e negativi” evitando confusioni pericolose.L’uso sbagliato degli antibiotici può generare patologie più gravi della stessa malattia e fino al rischio della morte. Il risultato di questi anni di attività contro il boss è da bollettino di guerra.
L’uso di strumenti ad “ampio spettro” , un errore evidente.
Un patrimonio enorme che è ancora , in molti casi ,in attesa di destinazione definitiva è stato sottratto alle famiglie mafiose.
Diversi gli immobili rovinati dalla burocrazia e bloccati da iter giudiziari complessi. Tra i più conosciuti rimane quello del Gruppo 6 GDO tolto a Giuseppe Grigoli.
La gestione dei beni confiscati rimane ancora al centro di molte polemiche. Negli anni, le forze dell’ordine e la magistratura hanno tolto alle cosche del Belice, diverse aziende che comunque assicuravano un reddito a tanti lavoratori. Lo spirito della legge non era certo quello di togliere beni per oltre 3 miliardi di Euro alle mafie e farli perdere nelle mani della burocrazia o della mala gestione . Molti beni sono completamente rovinati e . Altri, si sono salvati per la gestione diretta di varie associazioni antimafia. Gli esempi positivi di buona gestione dei beni sono veramente pochi.
Il risultato sui beni confiscati, in attesa delle vicende legate all’inchiesta Saguto è comunque molto negativo. E , purtroppo, tra tanti residenti di questo territorio , gira il convincimento che che:” lo Stato distrugge ciò che viene tolto alle cosche”. Il risultato di tante attività contro il sistema economico del territorio è devastante . Vi è anche un’altra lettura storica di quanto fatto. La legge Rognoni- La Torre, si prefissava un grande obiettivo. Togliere il potere economico al malaffare(La legge n. 646, del 13 settembre 1982, nota come legge “Rognoni-La Torre”, introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’ accumulazione illecita di capitali).
Capitali che dovevano avere origine mafiosa. Quella legge oltre a dimenticare il malaffare che ha visto la politica e la mafia a braccetto sui grandi appalti, non prevedeva azioni di rastrellamento e non mirate ai grandi flussi di denaro. Insomma , l’obiettivo era sottrarre i grandi capitali sporchi. Di soliti gli interessi mafiosi non si applicano a giri di denaro di decine di miglia di euro. Nel Belice è stato sequestrato di tutto. Società sull’orlo del fallimento.Pure immobili pieni di ipoteche, da parte della Serit e delle banche. Ovviamente , doveva essere sempre dimostrato l’uso di denaro sporco e di complicità mafiose. Probabilmente, per strategie più ispirate a generare tensione che a trovare i grandi patrimoni, dopo le imponenti confische e sequestri avvenute fino al 2010, poi si è data caccia ai passeri di campagna. Dalla serie: ” sequestriamo , cosa troviamo sul nostro cammino, anche aziende decotte, prima o dopo lo troveremo o qualcuno lo tradirà”. Magari! Se tutto questo fosse servito per la cattura di Matteo Messina Denaro, tanto di cappello. Invece, Il boss è ancora libero e i cittadini del Belice devono fare i conti con un economia distrutta e con milioni di euro sottratti alle famiglie mafiose e mai riutilizzati per far crescere la valle .
Il Circolaccio
Jacopone da Todi