Puo’ lo Stato trattare le vittme di mafia in modi diversi? A quanto pare si.
Veri eroi dimenticati e altri esaltati dalla politica di parte.Certi politicanti con l’ etichetta dell’ antimafia si sono assicurati ,per anni comode poltrone, per loro e i loro amici.E poi dimenticano tanti eroi barbaramente uccisi dalla mafia e forse anche dall’ indifferenza o complicita’ di pezzi dello Stato. C’ e’ pure chi ottiene tanti vantaggi dall’ antimafia salottiera,senza aver dinostrato quasi nulla nella lotta al crimine mafioso
Il giudice Costa, I commissari Montano e Cassara’ , l’ agente Antiochia e altri come Mauro De Mauro giornalista scomparso negli anni 70 e mai ritrovato
Un tappeto giallo di foglie secche copre il marciapiede di via Cavour – lì dove, il 6 agosto del 1980, venne assassinato Gaetano Costa, giudice integerrimo – come per celebrare l’autunno dei militi quasi ignoti della memoria, nello sfolgorio dell’estate vittoriosa.
Ninni Cassarà, commissario e tenace cacciatore di mafiosi, fu ucciso nello stesso giorno, ma cinque anni più tardi, con l’agente Roberto Antiochia. Un commando li aspettò in via Croce Rossa, davanti casa del superpoliziotto. Cassarà morì in un lago di sangue, sulle scale, nell’atrio, in braccio alla moglie che aveva assistito, con la figlia, alla scena.
Eccoli qui, in effigie, nel calendario del cordoglio recente e intermittente. Da sinistra a destra – ché potreste non riconoscerli – Cassarà, Antiochia e Costa. Per loro nessuna nave della legalità sbarcherà mai a Palermo. Non ci saranno cortei di bimbi festanti – per festeggiare cosa non si sa – a percorrere le strade, fino all’arrivo nei pressi dell’albero Falcone, in via Notarbartolo, e lì radunati per assistere a un concertino pop.
Non ci saranno i boy scout e le agende rosse che, in massa, affollano via D’Amelio. E, certo, quelle moltitudini, nella loro ingenua retorica, nel loro chiassoso vociferare, nei nomi gridati “Giovanni e Paolo”, un grido che sempre si spegne dal 20 luglio in poi, vanno benissimo. Infatti, compongono ciò che, bene o male, rimane dell’antimafia civile che fu una reazione sacrosanta, soprattutto alle stragi del ’92, seppure altra cosa – come ha ricordato con nettezza Fiammetta Borsellino – siano le opacità e gli interessi sbocciati all’ombra dei martiri.
Ma perché la stessa folla che acclama Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non si adopera nell’identico modo per Gaetano Costa, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia? E Paolo Giaccone? E gli eroi circondati dal silenzio?
Perché scontiamo un martirologio selettivo? Chi ha deciso la posizione nella classifica dell’affetto e delle presenze, nel catalogo delle vittime cadute sul campo per combattere l’identico mostro? Perché l’antimafia talvolta è piazza piena, mentre, in altre occasioni, rammenta un condominio di sospiri, una cabina telefonica di lacrime, un vicolo stretto di aneddoti? Agli anniversari dei militi quasi ignoti sono sempre troppo pochi i convocati, sempre minuscolo è lo spazio dedicato sui giornali. Dunque, perché?
Una possibile risposta riguarda l’impressione che le stragi del ’92 destarono in tutti. La mafia che ridusse Palermo simile a Beirut non si ‘accontentava’ più di singoli e sanguinari omicidi; rese fisicamente palpabile la portata dell’orrore di cui era crudele amministratrice. Coloro che erano adolescenti tra quel maggio e quel luglio indimenticabili sarebbero poi diventati adulti, avrebbero occupato un posto, anche al sole, di conseguenza avrebbero riannodato, in ogni loro parola pubblica, il filo dello sgomento che li aveva percossi. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino rappresentano i padri perduti di una generazione lontana di ragazzi che li venera come si fa con un genitore amatissimo e mai più tornato a casa.
Ma esiste pure una speciale graduatoria degli antimafiosi in carriera, ecco l’altra eventuale spiegazione. Se qualcuno vuole concludere al meglio qualche onesto affare, o aspira a scrivere ispirati articoli di fondo, oppure, legittimamente, ha il suo cursus honorum da accrescere nei dintorni di un Palazzo di giustizia, deve prestare molta attenzione alle posizioni in classifica e alla frequentazione dei simboli maggiori. Chi diserterebbe mai gli anniversari di venticinque anni fa, che garantiscono un ritorno d’immagine superiore alla media per l’impatto emotivo e mediatico che suscitano?
Chi rinuncerebbe a una foto, a un selfie, a una frase storica, a un ricordino sussurrato, sapendo che una banalità da quattro soldi potrebbe condensare il titolo d’apertura di un quotidiano, l’indomani? Al contrario, gli scarni concentramenti e le dignitose suggestioni che contraddistinguono le adunanze dei militi quasi ignoti possono essere tralasciati. Non sono abbastanza redditizi.
Ecco perché Gaetano Costa, Ninni Cassarà, Roberto Antiochia – li avrete forse riconosciuti ora – come tanti altri, non accendono la fantasia delle commemorazioni. Perché non producono punteggio sufficiente e non sono utili al marketing. Riposino in pace, nell’autunno della memoria, cullati dal respiro di chi li amava davvero.
Fonte Live Sicilia