Senza nessuna pietà , per garantire al figlio la successione , Don Ciccio fece eliminare Lillo Santangelo” picciotto” che studiava e con forti simpatie mafiose. Lillo, non aveva paura di nulla e non permetteva a nessuno di farsi pestare i piedi. Don Ciccio capì che poteva essere d’ostacolo a suo figlio e lo fece ammazzare dai palermitani a soli 25 anni
Fu ucciso nel novembre del 1981 a due passi dal Policlinico dove si recava per studiare Medicina. Nello stessp periodo don Ciccio diventa capo provinciale di cosanostra. L’uccisione di Lillo ordinata dal vecchio boss, servì a fortificare la sua ascesa al potere della mafia trapanese e a calmare le eventuali pretese di altri boss
Lillo e Matteo erano molto amici. Ma l’amicizia per le regole mafiose non ha un senso quando l’obiettivo è il potere e i soldi
Lillo era un “personaggio” in crescita. A Palermo si era introdotto nell’ alta borghesia palermitana . I soldi non mancavano . Matteo lo seguiva. Serate a luci rosse di gran voga negli anni Ottanta, alle quali avrebbe partecipato anche Matteo Messina Denaro, allora appena maggiorenne, trascinato da alcuni amici di Castelvetrano. Un invito che non sarebbe stato affatto gradito dal padre don Ciccio Messina Denaro.
Ci sono diversi spunti su questo efferato omicidio che motivano l’agire di Don Ciccio. Perchè fece eliminare a Palermo Lillo? Cosa intendeva dimostrare?
Il boss Francesco, non apprezzava Lillo per i suoi modi e per questo modo di gestire i soldi. Lillo, come lo ricordano alcuni giovani dell’epoca, aveva un carattere forte e non si piegava a nessuno. Neanche a Matteo e a suo padre. Don Ciccio, trovò la scusa che Lillo a Palermo si comportava male e che poteva rovinare Matteo. Per questa paura avrebbe ordinato la morte dell’ intraprendente studente , violando anche l’amicizia con il padre di Calogero Santangelo suo compare. Don Ciccio e suo figlio furono così cinici di andare anche al funerale di Lillo. Lorenzo Santangelo mafioso di vecchio stampo non accettò la morte del figlio e dopo poco tempo morì. Chiese più volte spiegazioni al compare Don Ciccio che mentì spudoratamente. Eliminato Lillo, Matteo aveva campo libero
A raccontare la storia, con una dettagliatissima e agghiacciante testimonianza, fu anche il migliore amico della vittima, Salvatore Errante Parrino. «Allora Matteo Messina Denaro era ancora uno sbarbatello – ha detto ai giudici – e per svezzarlo Lillo Santangelo volle introdurlo nel nostro ambiente goliardico di studenti universitari. Ricordo che allora avevamo conosciuto delle signore di Palermo dell’ alta borghesia che non lesinavano a fare feste invitando anche ragazzotti e studentelli. Avevamo dunque queste opportunità di divertimento, ci mancava una persona per compensare con le donne presenti, e Lillo invitò Matteo Messina Denaro. Ricordo che lo portammo alla festa e si divertì come un pazzo». Negli anni Ottanta, agli universitari di Palermo il giovane Messina Denaro non sembrava proprio un boss in erba. «Quando ho conosciuto Matteo Messina Denaro – ha detto ai giudici Salvatore Errante Parrino – non gli avrei dato cinque lire e mi sono dovuto ricredere quando in questi ultimi anni ho letto di lui sui giornali. A Castelvetrano non frequentavamo Matteo Messina Denaro – ha raccontato il testimone – era una persona che si limitava a venire a Palermo a passare qualche giorno. Matteo era più piccolo di noi e sentirsi allora al di sopra della sua età gli consentiva di prendersi determinate libertà».
A raccontare i risvolti del giallo non e’ stato solo Brusca, ma anche Calogero Ganci e Francesco Paolo Anzelmo, i tre si sono autoaccusati del delitto.
I giudici della quarta sezione della Corte d’Assise di Palermo hanno condanneranno nel 2006 all’ergastolo per omicidio i boss Totò Riina, Raffaele Ganci, Giuseppe Marfia, Antonino e Salvatore Madonia. Marfia e Antonino Madonia erano accusati dell’assassinio di Giambattista Alotta, un confidente dei carabinieri ucciso nel 1980 nella sua officina di Altofonte (Palermo). Del delitto era imputato anche il pentito Calogero Ganci, figlio di Raffaele, nei cui confronti le accuse sono state dichiarate prescritte grazie all’applicazione dell’attenuante prevista per i collaboratori di giustizia. Riina, Ganci e Salvatore Madonia dovevano invece rispondere dell’omicidio di Calogero Santangelo, figlio di un “uomo d’onore” di Castelvetrano