L’inchiesta è quella del giro di tangenti alla Regione Siciliana in cui erano rimasti coinvolti anche il figlio di Nicastri e il faccendiere Paolo Arata
PALERMO – Il «re dell’eolico», l’imprenditore Vito Nicastri, già condannato per concorso in associazione mafiosa, e ritenuto uno dei finanziatori della latitanza del capomafia Matteo Messina Denaro, ha patteggiato una condanna a due anni e 10 mesi per corruzione e intestazione fittizia di beni davanti al tribunale di Palermo. I giudici gli hanno riconosciuto la circostanza attenuante della collaborazione con la giustizia. Il figlio Manlio, che risponde degli stessi reati, ha invece patteggiato una condanna a due anni.
Nicastri, tornato in cella mesi fa nell’ambito di una inchiesta su un giro di mazzette alla Regione siciliana che ha coinvolto anche il faccendiere Paolo Arata, aveva provato a patteggiare davanti al gup la pena di 2 anni e nove mesi. La Procura aveva espresso parere favorevole, ma il gup, ritenendo le accuse a suo carico di «massima gravità», aveva ritenuto la pena non congrua e rigettato l’istanza.
Il processo nasce dall’inchiesta che coinvolse il professore genovese e consulente della Lega Paolo Arata, Nicastri senior, il ‘re del vento’ in affari con la mafia, i rispettivi figli, l’imprenditore Antonello Barbieri e il dirigente regionale Alberto Tinnirello, approdato al Genio civile dopo essere stato responsabile del Servizio III autorizzazioni e concessioni dell’assessorato regionale all’Energia.
Restano separate le posizione dell’altro dipendente regionale, Giacomo Causarano, e del figlio di Paolo Arata, Francesco, che hanno scelto il rito abbreviato.