Dagli avvocati dell’ex leader Anm, replica non proprio esemplare, quanto a eleganza, all’editoriale firmato oggi sul quotidiano torinese da Massimo Giannini: «Omette di considerare che le modalità deprecabili non riguardano solo la magistratura ma anche il resto della Pa e le testate giornalistiche»
Be’, la toccano piano. Proprio piano. Da un passaggio, in apparenza minore, della lunga replica diffusa oggi contro il direttore della Stampa, Giannini, gli avvocati di Luca Palamara lasciano intuire che la loro strategia difensiva continuerà ad essere quella del “chi è più pulito c’ha la rogna”. E la faccenda non riguarda solo le chiamate di correità, più o meno allusive, pronunciate dal loro assistito nella ormai sterminata sequenza di interviste che continua a rilasciare.
E allora: il collegio difensivo dell’ex presidente Anm controdeduce punto per punto il cahier de doleances evocato da Massimo Giannini nell’editoriale pubblicato oggi sul quotidiano torinese. Dalla secca smentita sulle «sentenze pilotate in cambio di scooter» alla generale prassi della «spartizione di poltrone» fra magistrati. Fino a una nota frivola, in fondo, di colore più che moralistica, capace però di accendere la scintilla nell’arringa dei legali: il direttore della Stampa parla infatti a un certo punto di «partite in tribuna d’onore». Non l’avesse mai fatto.
Perché pare proprio agganciata alla più trascurabile delle “attenzioni” l’impennata degli avvocati di Palamara: «Il direttore de La Stampa, muovendo dalla premessa di dimostrare che il ‘baco è più incistato di quel che crediamo’, ha omesso però di riportare nell’articolo delle fondamentali informazioni. In particolare», scrivono i difensori, «con riferimento alla ‘spartizione delle poltrone’ ha indotto il lettore a ritenere che le modalità deprecabili siano solo del mondo della magistratura omettendo ad esempio di considerare le modalità di effettuazione delle nomine negli altri settori della pubblica amministrazione, nelle aziende di Stato e nelle testate giornalistiche».
Ecco qua: Palamara, per interposto collegio difensivo, estende la chiamata di correo pure a noi giornalisti.
«Si può legittimamente criticare il sistema di selezione di cui ha fatto parte il dott. Palamara e asserire che esistono modi migliori e più efficaci per raggiungere l’obiettivo di dare ai vari settori le menti migliori per ruoli apicali, ma è pura demagogia scagliarsi tout court contro il potere e contro una sola persona», proseguono nella loro replica al vetriolo gli avvocati dell’ex leder Anm.
Che si soffermano poi su quel particolare chissà perché più stuzzicante di altri, i biglietti in poltronissima: «Con riferimento alle partite in tribuna d’onore ha invece indotto il lettore a ritenere che la presenza di un magistrato ad una partita di calcio sia sinonimo di mediocrità e di baratto omettendo però di indicare tra gli altri anche i nominativi dei giornalisti beneficiari dei biglietti omaggio e presenti nella Tribuna Autorità in occasione delle partite della A.S. Roma».
Eccolo, alla fine, il dispettuccio.
Però, una domanda sorge spontanea: siamo proprio sicuri che sparare a raffica per dimostrare che, appunto, non si salva nessuno, sia davvero della migliore strategia difensiva? O non rischia di diventare essa stessa un autogol, come forse sono stati tanti piccoli atti in apparenza solo maldestri attribuiti al pm dalle famigerate intercettazioni?
Fonte: Il Dubbio