La ricostruzione del PM Nicolosi a Firenze, dopo le dichiarazioni di Francesco Geraci aprono le porte a molte verità già nel 1997. Dichiarazioni che potevano essere utilizzate per capire molte cose sulla cosa mafiosa di Matteo Messina Denaro e il legame con le stragi e la “super cosa” di cui ha parlato il PM Paci a Caltanissetta. Geraci spiega il ruolo di Matteo Messina Denaro all’interno della mafia trapanese. Un potere ricevuto dal padre Francesco e fuori i rituali mafiosi tradizionali. Matteo Messina Denaro prenderà i gradi di capo sul campo e per volontà del padre Ciccio. Il punto non chiaro di questa “designazione” rimane legato alla mancata “guerra” per prendere il posto di Don Ciccio. Tutti i mafiosi ” si calaru” ad un giovane trentenne senza resistenza alcuna. Strano. E’ evidente che gli altri boss locali sapevano da chi era protetto e lo hanno accettato senza sparare neanche un colpo di pistola. In questo processo viene fuori il ruolo strategico del boss castelvetranese. “La Super Cosa” di cui si parla in questo processo , non era solo mafia e lui , di certo, lo sapeva.
Del processo di Firenze ci eravamo già occupati nel 2018
Mafia: la storia di Ciccio Geraci, “Messina Denaro Matteo mi ha detto che facevo parte di un gruppo che era superiore a essere uomo d’onore
Mafia: la storia di Ciccio Geraci, “Messina Denaro Matteo mi ha detto che facevo parte di un gruppo che era superiore a essere uomo d’onore”
Processo per le bombe a Firenze, Roma e Milano (Via dei Georgofili, Via Fauro, Via Palestro e altre) Aula Bunker Santa Verdiana
Ascoltate l’audio originale su Radio radicale con il pentito Geraci interrogato dal Pm Nicolosi
https://www.radioradicale.it/scheda/92964/processo-per-le-bombe-a-firenze-roma-e-milano-via-dei-georgofili-via-fauro-via-palestro
Udienza del 27 03 1998: il verbale PM Nicolosi
Primo stralcio
Ecco, questo mi serve fissarlo, ripeto, per fonti di prova estranee agli ambienti romani come agli
ambienti siciliani, caratterizzati in senso criminale, ma a fonti di prova assolutamente neutre quali
sono la moglie di Gesù Giacomino, quali sono gli altri familiari. E mi interessa sottolineare questa
neutralità della prova rispetto a questo avvenimento che sicuramente si è verificato, perché,
come la Corte capisce prima ancora che io mi accinga ad esporlo, questa variante della situazione di gestione di via Martorelli si raccorda immediatamente a quella variante di gestione
dell’appartamento di viale Alessandrino 123, che inizialmente era deputato a dare ospitalità a
Sinacori e a Geraci ma che fu immediatamente scartato per ragioni estetiche, adoperiamo questo
termine, dagli stessi con la necessità quindi di reperire in tempi ristretti un posto dove far dormire
l’uno e l’altro.
Per la stessa ragione non mi soffermo su queste altre fasi preliminari rispetto all’arrivo a ranghi
completi a Roma di tutta la formazione degli uomini d’onore che avevano ricevuto il mandato da
Riina. Non mi soffermo sul fatto che Messina Denaro venne a vedere l’appartamento di via
Martorelli, lo trovò di suo gradimento; sul fatto che poi si fece rivedere assieme a Sinacori. Sono
solo alcuni i punti che devono essere fissati di questo racconto.
E i punti da fissare sono: chi sono le persone arrivate, con quale programma, con quale attività
poi concretamente realizzata e per quale ragione questo programma si è interrotto, questo
programma non è stato portato a compimento.
Prima di affrontare questi passaggi della ricostruzione vorrei mettere in risalto un dato che a mio
parere è vistoso da solo: l’ignoranza di Scarano rispetto al chi e perché di questa messa a
disposizione di appartamenti, di un appartamento da parte sua. Come dire, Scarano non sa
assolutamente, così ha detto, di non sapere nella maniera più assoluta chi erano queste persone,
con quali programmi e soprattutto perché questi programmi erano naufragati o per lo meno erano
stati abbandonati, come è comprovato dal fatto che si erano tutti allontanati da Roma senza dirgli
nulla. A Scarano cosa gli rimane? Un arsenale in cantina, gli rimane un nome, Nuvoletta – questo
è il suo racconto -, gli rimane una figura di uomo descritta in un certo modo – ‘ha la parlata più o
meno come Matteo’ -, gli rimane memoria di un’automobile, una Y 10.
Ciò che gli rimane è ciò che ha raccontato. Ciò che non ha raccontato è – lo sottolineo – la finalità
di questa iniziativa, tanto da poter far sorgere un dubbio: che il racconto di Scarano fosse
incompleto.
Perché non c’è dubbio che secondo un parametro corrente di approfondimento di
determinati avvenimenti, riesce abbastanza incongruo pensare che una persona come Scarano
che addirittura ha fatto già degli omicidi per Cosa Nostra, finisca poi per essere assolutamente
all’oscuro di un’iniziativa che, a quanto pare, non gli chiedeva, sul piano delle responsabilità che
andava a assumere, altro che prendere in custodia delle armi, con una singolare proporzionalità
inversa – singolare – tra ciò che si sa in relazione a ciò che è più grave e in relazione a ciò che si
sa in relazion… in relazione a ciò che si sa in ordine a ciò che è meno grave. Verrebbe da
pensare che di regola si sa di più delle cose meno gravi e magari si sa di meno delle cose più
gravi. Il ché in qualche misura è vero, se si parametra solamente al tipo di responsabilità che
andava a prendere Scarano. Gli omicidi li ha fatti, doveva sapere bene a chi sparava e per conto
di chi e come farli.
Di qua, invece, il tipo di attività, comunque illecita, questo lo capiva anche lui, ciò che gli era
richiesto era prendere in custodia determinate armi dopo aver trovato un appartamento in cui
determinate persone dovevano trovare ospitalità.
Fino a questo punto funziona la regola della proporzione diretta, ma abbandonando…
trasferendosi a nord dell’Equatore questa regola non funziona più. C’è una parte sommersa e una
parte emersa di questa vicenda, nelle conoscenze di Scarano.
Ma io per rispondere a questo interrogativo ho bisogno di argomenti con i quali risolvo un
secondo interrogativo che è di ordine generale del processo, cioè a dire, la compromissione. In
altri termini, la partecipazione di persone che sono organiche a Cosa Nostra, ma non organiche
sotto la qualifica di uomo d’onore, anche a fatti di particolare gravità, anche ai fatti di maggiore
gravità, comprese le stragi.
Credo che sia possibile arrivare alla dimostrazione in una volta sola sia del fatto che Cosa
Nostra, nella pratica di Cosa Nostra è previsto, è consentito l’utilizzo, anche per compiere azioni
criminali di particolarissima gravità, anche quelle della massima gravità, l’utilizzo di persone che
non sono organiche a Cosa Nostra in qualità di uomini d’onore, così come è consentito, è
previsto, è regola, addirittura, in certi casi, che ad un qualche livello di partecipazione possa
corrispondere una conoscenza del fatto che sta nello sfondo della partecipazione o uguale a zero
o vicina a zero.
Molte delle risposte, o per lo meno molte degli elementi che servono per dare la risposta, sono
interni proprio alla vicenda di cui ci si sta occupando.
Geraci non è uomo d’onore. Non si attribuisce tale qualità, non lo conosce come uomo d’onore
Sinacori, sa semplicemente che si trattava di persona di stretta fiducia di Messina Denaro,
camminava con lui, camminava sempre con lui. Sinacori e Geraci, un uomo d’onore vero con
qualifica molto elevata come Sinacori, Geraci che uomo d’onore non è ma che dentro Cosa
Nostra ci sta in ragione di un rapporto personale con Messina Denaro, partecipano alla stessa
iniziativa, questa romana degli inizi del ’92. Partecipano entrambi; parteciperanno a distanza di
qualche mese, nell’estate del 1992 al duplice omicidio di Vincenzo Bonomo… di Vincenzo
Milazzo e di Antonella Bonomo, permanendo la loro diversità in termine di qualificazione interna a
Cosa Nostra: Sinacori sarà sempre a quella data uomo d’onore, il reggente del mandamento di
Mazara del Vallo; Geraci continuerà a non essere uomo d’onore. E non sarà un caso che Geraci
partecipi a quella operazione che equivale alla soppressione di un capomandamento, quindi
un’azione criminale, basta leggere i nomi di coloro che hanno commesso quell’azione, per
rendersi conto di che tipo, inteso nel senso della importanza anche di ordine politico interno
all’organizzazione, di che tipo… qual era la qualità di quel reato, la soppressione di Vincenzo
Milazzo.
Vi era un problema enorme, di rapporto con gli altri capimandamento, vi era un problema con le
intere famiglie del mandamento, con i capi delle famiglie. Come ci si sarebbe dovuti rapportare,
cosa si sarebbe potuto dire o non dire del fatto che Vincenzo Milazzo non era più in giro. Era un
reato in cui la gravità è interna e esterna al fatto stesso: è interna nei confronti del Codice penale
ma è interna nei confronti di Cosa Nostra. Benissimo. Sono due azioni criminali alle quali
partecipa Sinacori così come partecipa Geraci.
Ma anche a fronte di una partecipazione quasi paritetica – ma paritetica in realtà non è –
corrispondono gradi di conoscenza diversi, in ordine al fatto stesso.
Geraci non saprà mai quello che sa Sinacori in ordine alle ragioni per le quali quei sei uomini di
Cosa Nostra si trasferiscono dalla Sicilia a Roma alla fine del febbraio del 1992.In quel processo si parla della super cosa e le stragi del 1992
Dal verbale
Geraci non ha partecipato ad alcuna delle riunioni – salvo l’ultima, quella nella quale ci siamo
scambiati gli orari, le coordinate operative – che precedono l’ultima, precedendo tutte la partenza
dei sei uomini d’onore per Roma.
Geraci non sa e non saprà nulla di “super Cosa” – il discorso andrà ripreso -, non saprà niente di
quello che passa strategicamente per la testa di Riina.
Geraci ignorerà la ragione per la quale a un certo bel giorno, cioè a dire, il 5 di marzo del 1992,
Matteo gli dice che si rientra in Sicilia.
L’ignoranza sulla ragione per la quale si faceva rientro in Sicilia è una ignoranza che parifica
Geraci a Scarano. Mentre invece la partecipazione materiale ai fatti parifica Geraci a Sinacori.
Non è possibile stabilire una regola di consequenzialità, un regola di causa/effetto: intanto hai
partecipato ergo hai conosciuto almeno fino a capire perché ti è stato chiesto un certo
comportamento, almeno fino al perché dell’azione criminale e dei confini dell’azione criminale per
la quale ti è stato chiesto di contribuire.
Questo tipo di problema nel corso dell’esame, che io ricordi è stato affrontato più volte,
esaminando – sono nomi presi non a casaccio ma insomma senza una ricognizione completa di
tutti i dichiaranti su questo punto – Cancemi, esaminando La Barbera, esaminando Ferrante. A
ciascuno è stata posta la domanda: ‘ma visto che lei ha delle credenziali in termine di esperienza
criminale di questo tipo all’interno di Cosa Nostra, ma è possibile che dentro fatti criminosi di
massimo livello, quali potrebbero essere le stragi, trovino una loro collocazione come partecipi,
persone che non sono uomini d’onore?’
La vicenda che si svolge a Roma a cavallo del febbraio e del marzo del ’92, è una vicenda
criminale che dal punto di vista del suo risultato equivale a zero, ma dal punto di vista della sua
etica e della sua preparazione è tra le vicende criminali più importanti che è dato conoscere nei
tre anni ’92, ’93, ’94.
Perché dico che è una tra le vicende criminali più importanti dal punto di vista militare oltre che
della sua proiezione? Perché è una vicenda: controllata direttamente dal vertice di Cosa Nostra,
da Riina; in una prospettiva di tipo strategico assolutamente di alto profilo; gestita all’insegna di
una regola di compartimentazione assoluta; che vede impegnati sul campo capimandamento o
persone che esercitano funzioni da capomandamento – è la posizione di Giuseppe Graviano, non
da solo ma esercita funzione da capomandamento: Giuseppe Graviano, Messina Denaro Matteo,
Vincenzo Sinacori – che hanno partecipato della fase preparatoria di questa iniziativa criminale
d’intesa con: Salvatore Biondino – esercita le funzioni di mandamento per San Lorenzo, dopo
l’arresto di Giuseppe Giacomo Gambino -, Mariano Agate – capomandamento di Mazara finché
non viene arrestato il 1° di febbraio del 1992.
Questa è la latitudine organizzativa ma anche esecutiva del problema, dell’iniziativa criminale di
cui ci stiamo occupando.
Latitudine che è del tutto coerente con quello che era il programma. Il programma era di
procedere ad eliminare una o più persone con l’uso di armi convenzionali o con l’uso
dell’esplosivo.Quindi, un programma criminale di altissimo profilo.
Ecco, in un programma criminale di questo profilo, che è esemplificativo di situazioni che sono
state rappresentate anche agli esaminati che rammentavo poco fa: Cancemi, La Barbera,
Ferrante, trovano posto, possono trovar posto, è perfettamente naturale che trovino posto anche
persone che uomini d’onore non sono.
E ciò, per ragioni che sono state spiegate da La Barbera, da Cancemi. Ragioni che hanno, come
centro di gravità, il rapporto fiduciario di carattere personale. Nel senso che, se occorre per
compiere una determinata azione criminale, ottenere appoggio, aiuto da taluno, ciò che conta
non è tanto la qualificazione, nel senso della nomenclatura di Cosa Nostra. Ciò che conta è che
tale persona sia affidabile e che tale persona quindi sia in un rapporto con uno o più uomini
d’onore, che possono garantire avendone già sperimentato l’affidabilità. Fermo restando che ne
rispondono.
Interpellato su questo punto Ferrante, loro ricorderanno, che ha detto, per rispondere non in
astratto, ma con un dato di riferimento molto concreto: “Colui che ha fatto i telecomandi per la
strage di Capaci, uomo d’onore non era.”
Loro lo ritroveranno nell’esame di Giovan Battista Ferrante.
Presidente, sono le una e 25. Io posso svolgere ancora alcune considerazioni.
PUBBLICO MINISTERO: Mi è sembrato, quindi, attraverso queste citazioni e queste
considerazioni che ho svolto da ultimo, di aver dato, perlomeno, il nucleo essenziale di una
possibile, ma secondo me, dovuta risposta all’interrogativo se non debbano considerarsi, non
debba ritenersi che c’è qualche cosa che non torna nel fatto di ritrovare, in questa come in altre
iniziative criminali – i fatti di stragi in particolare – soggetti che con Cosa Nostra hanno un rapporto
diverso da quello di essere organici, in quanto uomo d’onore.
Allora, riprendiamo il discorso che avevamo lasciato.
Abbiamo detto che dobbiamo, quindi, visto che da Scarano non lo abbiamo saputo, visto che
abbiamo messo al sicuro anche la spiegazione del perché Scarano ignori certi antefatti, certi
retroscena, certe realtà collaterali, parallele, dobbiamo però cercare di capire fino in fondo su
quale opzione – se un’opzione c’era – si basava la decisione di inviare a Roma, agli inizi del 1992,
sei personaggi di un indubbio rilievo, per Cosa Nostra.
E più esattamente: Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Cristofaro
Cannella, Lorenzo Tinnirello e lo stesso Geraci.
Ho lasciato in ultimo Geraci, perché gli altri sono uomini d’onore, tutti.
Nell’ambito del contesto, nella qualità di uomini d’onore e di Cannella, ci viene solamente dalle
dichiarazioni di Sinacori. Geraci non può, salvo situazioni limite, accreditare alcuna delle qualità
di uomo d’onore, non essendo uomo d’onore lui.
La Corte sa, almeno come la regola vuole che funzioni la conoscenza reciproca della qualità di
uomo d’onore.
Geraci, quindi, ignora che gli altri siano uomini d’onore, ma Sinacori afferma, accredita Cannella
Cristofaro e Lorenzo Tinnirello della qualità di uomini d’onore e della qualità di persone di stretta
fiducia di Giuseppe Graviano.
Individuate queste sei persone, come i protagonisti operativi della iniziativa romana, ci interessa
così, ciò che accade prima, ciò che è quindi a monte della riunione finale. Così come ciò che
accade dopo, dopo che il programma operativo è stato varato, dopo che tutte queste persone si
spostano e si ritrovano, per ritrovarsi, poi, a Roma.
Anche se non riuscirò forse ad illustrare per intero ciò che accade prima che questo gruppo si
muove a Roma, incominciamo almeno a mettere a punto gli elementi essenziali di questa
ricostruzione.Continua
Fonte : Documenti web