L’ho già detto e sono riuscito a farlo pervenire ai miei amici dal cantuccio delle mie ferie. E’ questo il Governo nel quale i rottami ed i liquami della Sinistra, divisa e travagliata da contrapposizioni e reciproche persecuzioni per decenni, ritrova un’infelice unità.
Sarà un governo sciagurato, tale già nella sua concezione, negli equivoci e nelle grossolanità che ne hanno segnato la nascita.
Sorto in funzione di uno sgambetto tra gli alleati della maggioranza che sosteneva quello precedente, ne ha ereditato le ambiguità e le riserve mentali.
Nasce anch’esso con una procedura più che discutibile. Con un “programma” che non è un programma di Governo (che, non dimentichiamolo, è “l’esecutivo”) e che comprende persino una non irrilevante (ed anch’essa sciagurata) riforma costituzionale.
Governo degli eredi, dei perdenti della guerra fredda che tentarono il “golpe” per imporsi come vincitori (Mani Pulite) e che demonizzarono chi glie lo impedì, sbandiera il solito “Nuovo” di cui si proclama portatore ed antesignano.
Non c’è governo, non c’è forza politica che da decenni e decenni a questa parte non si proclami espressione del “nuovo”: il più vecchio dei luoghi comuni italiani.
In realtà è vecchio e marcio, come vecchi e marci sono il populismo e l’antipolitica.
Ricordo negli ultimi anni della Prima Repubblica quando la Democrazia Cristiana era il simbolo anche un po’ umoristico dell’immobilità più che della continuità del potere, l’uscita di enormi manifesti blu con lo scudo crociato. Il solito. Ma con la scritta: Per cambiare.
Per cambiare, o piuttosto, invece “da cambiare” è e sarà questo Governo. Ma cambiarlo non sarà facile.
Non si cambia se non si ha una ferma visione di qualcosa d’altro.
Abbiamo bisogno di questo “altro”. Di una fede democratica e liberale.
Di una democrazia nata veramente dalla nostra storia nazionale e non da Yalta.
Di una nuova rivoluzione illuminista e liberale.
Mauro Mellini