Quando il pentito Spatuzza parlò di via D’Amelio, e non successe niente per dieci anni
Il documento completo del “colloquio investigativo” è del 1998 tra il collaboratore di giustizia e i magistrati Vigna e Grasso
Che cos’è questo documento?
La mattina del 26 giugno 1998 l’allora capo della Direzione Nazionale Antimafia , Pier Luigi Vigna e il vice Piero Grasso – andarono nel carcere dell’Aquila per avere un colloquio investigativo con un mafioso che vi era detenuto, Gaspare Spatuzza.
Un colloquio investigativo è un formato di interrogatorio previsto dal codice che avviene tra investigatori e detenuti, per ottenere notizie ai fini di un’indagine ma il cui contenuto non può essere usato a processo: una sorta di raccolta informale di informazioni, su cui costruire successive indagini e verifiche, e che salvo eccezioni resterà riservato.
Il verbale di quel colloquio è una trascrizione linguisticamente molto maldestra e inaccurata che fu fatta undici anni dopo, con molti palesi errori, ma racconta molte cose che erano state tenute segrete – come da norma, come per altri colloqui del genere – per sedici anni, prima di comparire per un accidente imprevisto nelle carte pubbliche di un processo nel 2013, a cui fu accluso per errore.
Per capire meglio quelle cose – diverse non si capiscono completamente tuttora – c’è bisogno di alcune premesse e descrizioni di contesti che abbiamo intervallato (in corsivo) alla trascrizione: il documento originale è qui.
Ma come può capire chiunque legga la trascrizione e le sue incertezze e i suoi vuoti, sarebbe prezioso un ascolto più accurato dell’audio originale, che la Procura di Caltanissetta – che ne è in possesso – ritiene non divulgabile, con valutazione che suona piuttosto illogica, essendo invece pubblica la sua trascrizione. Ugualmente preziosi alla comprensione di cose tuttora ignote sarebbero i contenuti degli altri colloqui investigativi con Spatuzza di quel periodo.
Chi sono i personaggi
Gaspare Spatuzza è un mafioso palermitano, associato alla famiglia Graviano(stretta con i Messina Denaro), che era stato arrestato nel luglio 1997 dopo un conflitto a fuoco. È uno degli assassini di don Puglisi, un parroco ucciso nel 1993 per il suo impegno contro la mafia, ha partecipato al rapimento di Santino Di Matteo – il figlio tredicenne di un collaboratore giustizia che fu ucciso dopo due anni di sequestro – ed è stato condannato in primo grado all’ergastolo a Firenze per la strage di via dei Georgofili, uno degli attentati del “periodo delle bombe mafiose” tra il 1992 e il 1993, che è il tema principale del colloquio con i due magistrati. Fu in contatto fin da dopo l’arresto con gli inquirenti, e nel colloquio viene “sondato” sulla possibilità che diventi un “collaborante”.
Dal verbale del colloquio si capisce che ce ne sia stato almeno un altro precedente, e che Spatuzza stia trattando con risposte molto parziali e laconiche l’eventualità di diventare un collaboratore di giustizia – succederà ufficialmente solo nel 2008, dieci anni dopo – e valutando il proprio potere contrattuale.
Pier Luigi Vigna, noto magistrato che condusse molte inchieste importanti, fu il Procuratore nazionale antimafia dal 1997.
Fiorentino, affida la gran parte dell’interrogatorio al suo vice, Grasso anche perché siciliano e maggiore conoscitore della lingua e della cultura mafiosa. Il loro interesse principale nel colloquio è ottenere eventuali conferme all’ipotesi di un rapporto tra Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri con i boss mafiosi Graviano, rapporto più volte indagato negli scorsi decenni e mai confermato (Dell’Utri è stato invece condannato nel 2014 a sette anni di carcere per avere costruito un rapporto di protezione ed estorsione da parte di alcuni boss mafiosi nei confronti di Berlusconi negli anni Settanta e Ottanta).
Il procuratore Vigna andò in pensione nel 2005 e morì nel 2012.
Piero Grasso, che allora aveva 53 anni, era il vice Procuratore nazionale antimafia. Prima era stato giudice a latere in un famoso “maxiprocesso” alla mafia alla fine degli anni Ottanta, in conseguenza del quale era stato preparato un attentato mafioso contro di lui, poi non eseguito. Nel 1999 sarà nominato Procuratore capo a Palermo e nel 2005 Procuratore nazionale antimafia, succedendo a Vigna . Nel 2013 è stato eletto senatore per il Partito Democratico ed è diventato presidente del Senato.
“I Graviano”, sono le persone di cui si parla più spesso nel colloquio. Sono Giuseppe e Filippo Graviano, boss del quartiere Brancaccio di Palermo, che erano stati arrestati nel gennaio 1994 a Milano e che sono considerati gli ideatori della campagna di stragi di Cosa Nostra tra il 1992 e 1993 su cui Grasso e Vigna stavano indagando. I due fratelli sono figli di Michele Graviano, che secondo alcuni pentiti ,investì nelle aziende di Silvio Berlusconi i soldi della mafia: e la conservazione di rapporti con Berlusconi da parte dei figli Graviano, e addirittura il coinvolgimento di Berlusconi nelle loro attività criminali, sono spesso evocati da Vigna e Grasso in diverse domande fatte a Spatuzza.
La storia del documento
Il colloquio del giugno 1998 tra Vigna, Grasso e Spatuzza fu registrato. Pietro Grasso ha riferito al “Post”, tramite il suo portavoce, che sicuramente le informazioni rilevanti furono inviate da Vigna alle procure competenti: quindi evidentemente anche a Caltanissetta, dove erano in corso inchieste e processi sulla strage di via D’Amelio, su cui Spatuzza dice cose importantissime.
Da lì in poi però non risulta in undici anni nessun atto compiuto dalla procura di Caltanissetta per dare seguito o riscontro a quello che Spatuzza disse, e che avrebbe sovvertito i risultati dei processi allora in corso e le condanne a molti anni di carcere di diversi imputati estranei alla strage.
A quanto disse poi, Spatuzza non venne mai interrogato fino a dopo il 2008, quando decise ufficialmente di “collaborare con la giustizia” e le sentenze precedenti vennero smentite e ribaltate. Di questo colloquio del 1998 e del suo contenuto si è saputo solamente nel 2013, quando la trascrizione dell’audio – compiuta nel 2009 dalla procura di Caltanissetta, per le indagini seguenti al “pentimento” di Spatuzza – venne inserita “per un disguido” tra le carte del pubblico ministero nel processo “Borsellino quater” e l’avvocato di uno degli imputati la citò in aula e contribuì a renderla pubblica.
Il procuratore di Caltanissetta Lari disse allora di avere ricevuto verbale e trascrizione da Grasso – divenuto intanto Procuratore nazionale antimafia – a dicembre 2008.
Fu di conseguenza messa agli atti del processo e da allora è un documento pubblico, mentre non lo è ancora la registrazione originale del colloquio.
La trascrizione del colloquio è molto trascurata, frammentata, incompleta: ma è stata mantenuta in originale salvo la correzione di pochi palesi refusi.
Direzione Nazionale Antimafia
Trascrizione
del verbale di interrogatorio riassuntivo reso da
SPATUZZA GASPARE
il 26 giugno 1998
alle ore 10,10
La prima parte della discussione riguarda i vantaggi che Spatuzza avrebbe dalla collaborazione. Prospettive e condizioni di detenzione, mantenimento della patria potestà, opportunità di una collaborazione, dopo la condanna all’ergastolo subita: si intuisce che il colloquio non è il primo.
Proc. VIGNA: Allora, è il?
Proc. GRASSO: 26
Proc. VIGNA: Il 26 di giugno, 98, io sono VIGNA, c’è il collega GRASSO, sono le ore 10 e 10, per procedere al colloquio investigativo con SPATUZZA Gaspare, siamo nella Casa Circondariale dell’Aquila. Il provvedimento in base al qualce è stato disposto il colloquio investigativo è in data 25 di giugno 1998, ed è stato consegnato alla responsabile della Polizia Penitenziaria.
Proc. GRASSO: prego.
Proc. VIGNA: voleva accertare il discorso su alcune cose.
SPATUZZA: su?
Proc. VIGNA: su alcune cose
Proc. GRASSO: intanto, lei ha avuto dei colloqui dove si così, si parlava.
SPATUZZA: si.
Proc. GRASSO: non ci sono novità rispetto alla sua posizione iniziale, diciamo quello che pensava lei circa eventuale possibilità della sua collaborazione, o qualcosa del certo, adesso lei non si aspettasse che con quello che è successo a Firenze, cioè la sentenza.
SPATUZZA: per me era programmata.
Proc. GRASSO: era programmata, è vero? Quindi non ci pensiamo più.
SPATUZZA: no, no.
Proc. GRASSO: noi volevamo soltanto rappresentarle la situazione di ordine giuridico: recentemente c’è stata una sentenza della Cassazione che ha stabilito che chi è condannato all’ergastolo non può avere misure alternative alla detenzione, perché l’ergastolo è una pena più specifica rispetto alla reclusione. Per cui, se uno ha delle attenuanti, secondo lui dovessero scendere a 30, 20 o quello che è, allora può avere la detenzione domiciliare per esempio. Come misura alternativa al carcere si prevede quello che si prevede per i programmi di protezione che dopo scontato un certa pena si può trasformare la detenzione in carcere in detenzione domiciliare per chi ha il programma di protezione.
SPATUZZA: giusto.
Proc. GRASSO: quindi questa norma non si può applicare nel caso in cui uno è condannato all’ergastolo. Questa è la situazione che va a rispettare, perché al precedente incontro non c’era questa sentenza quindi teoricamente uno anche condannato all’ergastolo teoricamente poteva, nel tempo, la detenzione domiciliare. Anche oggi c’è questa nuova situazione e quindi noi abbiamo prospettato, per correttezza, che è cambiata un po’ la situazione rispetto a quella di ieri. Perché nella sua valutazione entri anche questo discorso perché se.
SPATUZZA: sì.
Proc. GRASSO: perché se prima lei poteva scegliere come voleva nei tempi, adesso prima che diventi definitiva la sentenza dell’ergastolo che ha avuto in primo grado, che poi ci sarà l’appello, chiaramente. Ma lei sappia che se per caso dovesse avere ehm dovesse cambiare idea e divenire a una collaborazione con la giustizia, il tempo ce l’ha finché non diventa definitivo l’ergastolo. Questo era intanto un dovere per correttezza.
SPATUZZA: grazie.
Proc. GRASSO: nei suoi confronti, per dirle che è cambiata questa situazione rispetto a quando ha detto al precedente colloquio e perché entri nella sua valutazione anche questo.
SPATUZZA: certo.
Proc. GRASSO: e poi, così, volevamo sapere anche come va. Lei da Parma è venuto all’Aquila perché lo ha chiesto lei? Oppure perché?
SPATUZZA: no, infatti io mi aspettavo questo.
Proc. GRASSO: questo trasferimento al’Aquila.
SPATUZZA: sì.
Proc. GRASSO: ma qui come sta?
SPATUZZA: ma diciamo che ehm
Proc. GRASSO: ci sono altri qui, pochissimi.
SPATUZZA: no, solo GIACALONE
Proc. GRASSO: GIACALONE, chi? E di altri grossi ce n’è?
SPATUZZA: no, poi c’è tutta gente che non conosco.
Proc. GRASSO: napoletani?
SPATUZZA: SI.
Proc. GRASSO: E state insieme? Oppure?
SPATUZZA: divisi.
Proc. GRASSO: all’aria, nemmeno?
SPATUZZA: no.
Proc. GRASSO: quindi, non c’è nemmeno la possibilità.
SPATUZZA: ci vediamo solo nell’ora di aria.
Proc. GRASSO: Senta, e quindi diciamo non ha nessuna prospettiva, sempre per il discorso del fine, mi pare di ricordare che, però diciamo lei lo sa che la condanna all’ergastolo fa perdere la patria podestà.
SPATUZZA: non importa.
Proc. GRASSO: non importa, no, le dico come discorso giuridico formale, capisco che dentro il cuore non si perde, però io le ripeto quel discorso che le avevo fatto l’altra volta: che ormai questo figlio sentirà parlare di questo fenomeno e quindi, e io penso che anche lui potrà capire che così come lei ci ha spiegato a noi che lei pensava di compiere un suo dovere e rispettare le regole che per il fatto che per lei la legge veniva per aver; oltretutto ci ha fatto capire che anche nei confronti del ehm della religione lei non andava con la coscienza a posto. Mi pare che lei questo ci ha spiegato.
SPATUZZA: io un soldato sono.
Proc. GRASSO: eh?
SPATUZZA: un soldato.
Proc. GRASSO: un soldato. Quindi un soldato in guerra che rischia la vita e uccide gli unici che indicano, giusto? Dico, perché pensa che questo discorso che lei affronta a noi non venga compreso? non possa essere compreso anche dai suoi figli. Lei pensa che questo sia un ostacolo.
SPATUZZA: sopra questo punto non faccio sempre che idee.
Proc. GRASSO: ci pensa. Perché il futuro di suo figlio che cosa ehm che cosa dovrebbe eh sempre, eh?
SPATUZZA: sia a qualsiasi futuro di mio figlio; il futuro dei nipoti, ce ne sono altri.
Proc. GRASSO: ne ha molti?
SPATUZZA: il futuro dei miei figli.
Proc. GRASSO: dico, sono molti? Siete lei e suo fratello?
SPATUZZA: il futuro
Proc. VIGNA: si, ma questa esperienza, voglio dire, di Cosa Nostra, a un fratello suo fatto sparire.
SPATUZZA: solo questo
Proc. VIGNA: quando lei aveva 11 anni. Mi so riletto quelli appunti che si presero in occasione dei precedenti discorsi che abbiamo fatto; altra conseguenza è che lei c’ha avuto condanne. Quindi tirando questo numero, non è stata una esperienza positiva sul piano delle resa.
SPATUZZA: ma io né ci ho guadagnato e né ci ho perso, la famiglia.
Proc. VIGNA: e allora le sembra un discorso da uomo cercare di interrompere il legame con questa Cosa Nostra.
SPATUZZA: io ho interrotto definitivamente.
Proc. VIGNA: si, ma non interromperlo solitariamente, interromperlo parlando, capito? Perché.
SPATUZZA: io oggi so che la mia famiglia e mia moglie è tutto; amici non ne esistono.
Proc. VIGNA: questo me ne rendo conto SPATUZZA, ma resta un discorso sempre solitario cioè resta un discorso: il mio mondo è, io che sto in un carcere, il 41 bis; la mia famiglia che è separata da me; un mio figlio per il quale io posso avere la decadenza dal padre podestà.
Allora, come vede, questo risultato non è positivo anche se lei il suo mondo è ormai la sua fine perché ha una famiglia rotta, eh?
Allora, c’è un modo per fare un discorso con lei su queste storie.
Già, e soprattutto sarebbe bene che questo discorso, per utilità sua processuale, che lei poi lo potesse formalizzare con il magistrato come le abbiamo spiegato in questi nostri colloqui che sono colloqui personali, così li chiama la legge, che non hanno valore nel processo che a noi possono essere utili per farci certe idee su di lei, strategie sulle dinamiche e così via.
Ma il suo vero interesse sarebbe che lei con un magistrato parlasse, con un magistrato che conduce le indagini sotto il profilo processuale. Questo è il discorso che voglio che sia ben chiaro, eh? Non ha contatto con sua moglie?
SPATUZZA: dottore, per telefono che ci metto a dire.
Proc. GRASSO: il colloquio non lo fa?
SPATUZZA: come?
Proc. GRASSO: il colloquio non lo fa?
SPATUZZA: sì.
Proc. GRASSO: ma lei dice che per telefono. Che c’è il timore che siete ascoltati e che sua moglie lo rapporti all’esterno. Già, prima ancora di.
SPATUZZA: siccome già c’è stata una storia, non vorrei che abbia altri problemi.
Proc. GRASSO: che lei ha creato i problemi per il fatto di essere stata chiamata dalla Squadra Mobile? Si?
SPATUZZA: eh.
Proc. GRASSO: ma lo ha fatto, secondo lei, per cercare di parlare con lei?
SPATUZZA: si, a parte che lo ha visto di come mi hanno trattato alla Squadra Mobile.
Grasso prova a convincere Spatuzza che non deve sentirsi fedele a nessuno, proponendo allusioni complici alla sicilianità di entrambi.
Proc. GRASSO: ho capito. Senta, qualcuno ha detto: noi alla fine noi paghiamo per tutti e come al solito chi ci ha strumentalizzato la fa franca. Lei se lo ha posto questo problemino che lei è un capro espiatorio per interessi di altri che magari lei non sa chi siano questi altri, però che magari si godono quello che voi avete preparato? Non so chi siano, però lei ci pensa a questo? Lei paga per tutti.
SPATUZZA: siccome è stata una scelta mia, e oggi.
Proc. GRASSO: lei si rende conto? Chi lo ha strumentalizzato è libero e si gode tutto quanto e voi state pagando. Ma secondo ehm io.
SPATUZZA: e senza una lira.
Proc. GRASSO: io da siciliano ehm, ma è mai possibile che ci dobbiamo sempre fare strumentalizzare da quelli ehm da qualcuno che è estraneo alla Sicilia, dobbiamo sempre essere dominati; essere sfruttati; sempre ehm pure in queste cose sul piano della giustizia.
Per me è una ulteriore ingiustizia questa che viene realizzata su siciliani che vengono illusi, strumentalizzati di soldi, di potere e di tutto quanto. Alla fine c’è chi si gode queste cose e voi state in carcere
a marcire in ogni caso.
Dico, ma non si deve reagire a questo; io ho una mia ideologia che cerco di realizzare lavorando e cercando di convincermi che questa strada potrebbe essere un modo per cercare di affrancare la Sicilia da questa sudditanza sempre che c’è stata, da Garibaldi in poi siamo sempre stati, anche prima veramente.
SPATUZZA: sempre sfruttati.
Proc. GRASSO: sempre pilotati e strumentalizzati. Tutte le vicende della storia, non so se lei, che so: Giuliano e poi tutto quello che via via è successo.
SPATUZZA: certo.
Proc. GRASSO: è sempre stato così, o no? E loro continuano a godersi i frutti di questa cosa. Ma dico, dobbiamo sempre soggiacere a queste cose?
SPATUZZA: la colpa è chi ci ha creduto in queste cose.
Proc. GRASSO: ci ha creduto, però, chi lo ha strumentalizzato non è che adesso, vi ha abbandonato. Tanto lei ha già un bel ergastolo, sebbene in primo grado, e per come sono messe le cose non è che ehm che lei ha seguito il processo. Voi sapete, anche i suoi difensori, s’è visto che hanno abbandonato, una difesa seria non c’è stata.
Qui si parla delle rivendicazioni che furono spedite a due giornali nazionali alla vigilia degli attentati di Milano e Roma, il 26 luglio 1993, (allora l’invio non era ancora stato attribuito a Spatuzza) e del progettato attentato allo Stadio Olimpico del gennaio 1994, di cui le indagini ignoravano allora la data e molto altro.
Proc. VIGNA: queste, infatti sono state spedite nella notte prima delle stragi di Firenze e di Milano. Chiaro?
Proc. GRASSO: qui, si preannunciava la morte, dice: la prossima volta. Eh? Colpiremo questo. Però.
Proc. VIGNA: dice che tutto quello che è accaduto è soltanto il prologo, cioè a dire l’inizio. Dopo queste ultime bombe, che sono quelle di Milano e di Roma, informiamo che le prossime.
Proc. GRASSO: le prossime
Proc. VIGNA: le prossime a venire, andranno collocate soltanto di giorno, infatti quell’altra era di notte, e in luoghi pubblici poiché saranno esclusione alla ricerca di videocamere. Post-scriptum: garantiamo che saranno a centinaia.
Questo che fino ad ora si sono messe di notte, e quindi se è morto qualcuno se la è cercato insomma; noi si è cercato di non metterle di giorno. Probabilmente quello che si doveva fare all’Olimpico, siccome era di giorno, era una attuazione questa di idee, ne conviene?
SPATUZZA: non lo so.
Proc. VIGNA: eh? Ma ne erano state pensate altre?
SPATUZZA: no, no.
Proc. VIGNA: quella dell’Olimpico era giorno che doveva avvenire, eh?
SPATUZZA: esclusivamente per.
Proc. VIGNA: i Carabinieri, si però se c’era gente li intorno, eh.
Proc. GRASSO: le volevo dire che quando questi scrivono questa cosa già è ideata quella dei Carabinieri.
Proc. VIGNA: quella di luglio, sì.
SPATUZZA: no.
Proc. GRASSO: no, e quindi c’è un intervallo dove qualcuno dice: adesso ci leviamo i Carabinieri. Dopo questo.
SPATUZZA: sì, sì.
Proc. GRASSO: quindi che intervallo c’è? Lei riesce a collocare nell’arco dell’anno 93? Questa quando si incomincia che a lei le dicono vai; e le dicono pure quale deve essere l’obiettivo.
SPATUZZA: dopo, verso settembre.
Proc. GRASSO: dopo settembre 93, dopo l’omicidio di Padre Puglisi. Parte proprio in eh alla cooperativa?
SPATUZZA: sì.
Grasso e Spatuzza parlano degli obiettivi della campagna stragista. L’obiettivo di alcuni attentati sono i carabinieri, rivela Spatuzza, ma dice di non conoscerne le ragioni politiche, malgrado le insistenze dei magistrati che hanno “un quadro in mente”. Entra nel colloquio anche un attentato contro i carabinieri a Gravina di Catania del settembre 1993, che a oggi non è stato invece attribuito alla campagna di stragi mafiose, ma a ragioni diverse di mafia locale.
Proc. GRASSO: e come parte? Qualcuno le dice: dobbiamo colpire i Carabinieri? Oppure già nasce assieme: parliamo e vediamo che possiamo fare.
SPATUZZA: io avevo questo obiettivo, punto e basta.
Proc. GRASSO: già le dicono a lei l’obiettivo Olimpico, che già scelto l’obiettivo Olimpico? O lei partecipa nel dire. Quale è l’input? Scusi, lei ha dei rapporti con Giuseppe GRAVIANO.
SPATUZZA: l’obiettivo.
Proc. VIGNA: l’obiettivo, contro lo Stato? Carabinieri, forze dell’ordine?
SPATUZZA: sì, sì.
Prec. VIGNA: Carabinieri? Ah, bene.
Proc. GRASSO: e GRAVIANO le dice, cioè se lei ci fa capire il rapporto con GRAVIANO, che cosa dice? E … cama a fari?
SPATUZZA: dovevo uccidere più Carabinieri possibili.
Proc. GRASSO: bene. In quell’anno c’era stato un attentato in Gravina di Catania, alla caserma dei Carabinieri, non c’entra niente lei? Ne sa qualcosa?
SPATUZZA: come che erano discursi che rientravano, infatti pure che in Calabria ci sono stati dei delitti.
Proc. GRASSO: di Carabinieri?
SPATUZZA: sì.
Proc. GRASSO: sempre in quel periodo?
SPATUZZA: sì.
Proc. GRASSO: ed è sempre in questa strategia di colpire a?
SPATUZZA: non lo so.
Proc. GRASSO: quindi GRAVIANO le dice il luogo e le dice che: dobbiamo colpire i Carabinieri. E lei che fa? Che doveva essere a Roma? di nuovo, nel senso di accettare quello che dice; di accettare, giusto?
SPATUZZA: sì, sì.
Proc. GRASSO: quindi questo discorso nasce perché eravate impiegati per fare queste cose, oppure perché visto che succede un qualche fatto o non succede, si passa e si va avanti?
SPATUZZA: io, quello che dice adesso non so. lo so solo questa collocazione e basta; non ho saputo se ci sono stati altri accordi o altre cose, non lo so.
Proc. GRASSO: non lo sa. Quindi, dopo il settembre 93, per lei e Giovanni ehm Giuseppe GRAVIANO, le dice che bisogna fare qualcosa ai Carabinieri, a Roma. Poi lei ci mette da settembre, riuscite a ricostruire gennaio del 94. e il problema che c’erano le elezioni vicine che c’erano state, qualcuno se l’ha posto? Che c’era già il problema di una discesa in campo di nuove forze politiche?
SPATUZZA: no, di questo no.
Proc. GRASSO: niente. Ma lei da settembre, non ha più contatto con i GRAVIANO?
SPATUZZA: si, siccome in politica ehm di cose che non abbiamo parlato.
Proc. GRASSO: eppure poi, qualcuno come il ROMEO e CIARAMITARO riferivano che in certi discorsi qualche nome usciva fuori e lo attribuiscono addirittura a lei e ai GRAVIANO.
SPATUZZA: sulle posizioni?
Proc. GRASSO: no, questa non è politica.
SPATUZZA: non esiste questo.
Vigna e Grasso chiedono chiarimenti sull’attentato di Milano in via Palestro, dove il 27 luglio 1993 era esplosa un’autobomba che aveva ucciso cinque persone, davanti al museo PAC: non sono convinti che l’obiettivo fosse quello, ma Spatuzza lo conferma.
Proc. GRASSO: se torniamo un attimo indietro, noi abbiamo avuto l’impressione, dalla ricostruzione, che nella fase operativa di Milano ci fosse un errore; perché dico questo? Perché abbiamo visto che c’è una miccia per la combustione come quella di Firenze, di una lunghezza tale che una quindicina o una ventina di minuti poteva durare. Se è così, per evitare il disinnesco bisogna lasciare la macchina in un posto meno visibile; invece viene lasciata contromano, messo per traverso. E allora deve essere successa qualcosa per cui qualcuno ha abbandonato la macchina, ha acceso la miccia e se n’è andato. E poi c’è stato tutta una serie di conseguenze che voi non credevate: l’intervento dei Vigili del Fuoco per evitare lo scoppio mentre ci sono le persone che cercano la bomba .
Proc. VIGNA: quale doveva essere il vero obiettivo di Milano?
SPATUZZA: questo, un cento metri più avanti
Proc. GRASSO: Piazza Cavour?
Proc. VIGNA: più avanti?
SPATUZZA: più avanti o più indietro, non mi ma forse più avanti.
Proc. VIGNA: più avanti. Quale era l’obiettivo?
SPATUZZA: non lo so perché io non c’ero. Comunque, o cento metri più avanti o cento metri più indietro.
Proc. GRASSO: e più indietro perchè? Se mai si pensa che potrebbe essere più avanti; e lì c’è qualche cosa che dicevo, si ci sfascia la macchina.
SPATUZZA: può darsi pure che non potevano posteggiare e quindi andare più avanti. Comunque, in non so o cento metri più indietro o cento metri più avanti.
Proc. VIGNA: chi lo doveva scegliere l’obiettivo in carcere, perché lei ha detto che se lo conoscevo anche io ehm, se pure avrebbe avuto l’indicazione contro lo Stato. Quindi, Milano dove?
SPATUZZA: ehm verso che hanno indicato loro
Proc. GRASSO: e allora hanno questa facoltà di scegliere? Ma un’indicazione, dovevano essere giornali, mi dica, Piazza Cavour, c’è tutta la ehm della Repubblica, capito? Poteva girare dove ci sono le sedi dei giornali, poco prima ci poteva essere il museo. Non lo so, i giornali?
SPATUZZA: quello era cento metri prima.
Proc. VIGNA: cento metri dopo. A distanza di pochi centinai di metri, come dice lei, c’è il palazzo dei giornali e la villa grande. Siccome qualcuno ha mandato lettere ai giornali, le chiedo: le risulta che ha Milano potesse essere l’obiettivo il palazzo dei giornali?
SPATUZZA: no, no.
Proc. VIGNA: lo conosceva l’obiettivo di Milano quale era?
SPATUZZA: questa arte contemporanea
Proc. GRASSO: quindi quello era l’obiettivo, il padiglione di arte contemporanea dove si facevano convegni, mostre di arte e queste cose.
SPATUZZA: questa.
Proc. GRASSO: quindi quello era. Allora diciamo che erano nei pressi, solo che la macchina fu posteggiata male perché anziché metterla lato giusto fu messa ad, eh?
SPATUZZA: certo.
Proc. GRASSO: o forse per lui ha messo questa macchina di traverso e contromano, no?
SPATUZZA: eh.
Proc. GRASSO: messa così, che poi c’è questa miccia che viene innestata accesa dall’interno.
SPATUZZA: si
Proc. GRASSO: per cui ha provocato il fatto che, ora che ha provocato o casuale?
SPATUZZA: casuale
Proc. GRASSO: casuale, che con queste cose e le persone. Ma quando lui organizza all’Olimpico ai Carabinieri, persone sempre eh vite umane sempre sono. Quindi, lei esclude nella maniera più assoluta che qualcuno le abbia indicato, per esempio a Roma, gli obiettivi?
Spatuzza cita un attentato a Roma “contro una sede americana”, che lui non ha compiuto e che lo inquieta: oggi non risultano attentati che possano corrispondere a quelle sue parole.
Fonte Post