Nel libro di Nino Di Matteo
quel «patto sporco» con la mafia
In una intervista con Saverio Lodato, in libreria per Chiarelettere, il sostituto procuratore esplora i retroscena della «trattativa con lo Stato» e affronta una stagione drammatica, quella delle bombe.
Un libro da leggere con molta attenzione per potere avere maggiore consapevolezza del duro lavoro del magistrato palermitano
Di Matteo: ” Messina Denaro ha saputo adeguarsi ai tempi. Ha capito che Cosa Nostra doveva rinnovarsi, restando fedele a se stessa. Ha capito che gli affari economici dovevano essere diversificati , anche territorialmente e lontano dalla Sicilia. Ha capito che dopo le stragi del 92 e 93 la mafia doveva essere meno opprimente sul territorio . Meno vessazioni e più complicità con imprenditori e tessuto sociale. Messina Denaro ha fatto parte del ristretto e selezionato manipolo di uomini d’onore che ha gestito le stragi. Resto convinto che la forza di Messina Denaro sia costituita dalle sue conoscenze. Dai pesanti segreti che coinvolgono l’alta mafia e pezzi dello Stato. Lui, non può non sapere perchè venne cambiato in corso d’opera il piano per uccidere Falcone. Le bombe esplosero a Palermo e non più a Roma“
Questo punto del libro è fondamentale
Di Matteo riconosce a Matteo Messina Denaro un ruolo determinante nella gestione delle stragi. Poteva , “lu siccu” , a soli 30 anni avere questa grande capacità decisionale? E, addirittura, godere a quella giovane età, della massima fiducia del sanguinario Riina? O piuttosto, visto ciò che è appurato dalle indagini , Messina Denaro , con altri alti mafiosi-borghesi locali, garantirono la piazza di Castelvetrano per gli accordi sulle stragi , in ragione della garanzia data dal padre , Ciccio Messina Denaro e dei suoi fedeli amici della vecchia guardia mafiosa locale? Di Matteo dovrebbe cercare la verità anche su queste “strane” riunioni svoltesi a Castelvetrano. Chi partecipò oltre al boss, a questi incontri? Forse, qualcuno, da decenni, sta cercando di non farlo sapere.
Messina Denaro era troppo giovane e ,senza l’avallo del vecchio padre, non avrebbe ottenuto facilmente il nulla osta per partecipare a queste riunioni per far saltare in aria Falcone e Borsellino. Il padre Ciccio era molto bene collegato con l’alta borghesia del territorio. Si fidava Riina e si fidavano anche altri . La Borghesia locale che, già dagli anni 30 , secondo note indagini dei Carabinieri , supportate dalle dichiarazioni del pentito Allegra, già nutriva forti relazioni con la mafia, ha saputo ben nascondere molte verità. “Questi ignoti, probabilmente hanno anche “formato” il giovane Matteo ad essere esperto in molti settori e forse, aiutandolo anche con qualche preciso depistaggio a “futti cumpagnu”
Putroppo ,ci si è già dimenticati, in questo Paese senza memoria, della terribile sentenza del 20 aprile di quest’anno, il processo detto della Trattativa tra lo Stato e la mafia. Un pentolone ribollente di brutture, di tradimenti, del sangue di tanti innocenti vittime dell’Italia peggiore. La notizia della grave condanna inflitta dalla Corte d’assise di Palermo agli assassini mafiosi e a uomini delle istituzioni con indosso l’uniforme dell’Arma benemerita della Repubblica lascia spazio a ulteriori approfondimenti.
Per fortuna esistono ancora i libri. Ne è appena uscito uno che fa rabbrividire, Il patto sporco. Il processo Stato-mafia nel racconto di un suo protagonista: Nino Di Matteo, il pubblico ministero più perseguitato del Bel Paese, che analizza le motivazioni della sentenza di condanna e risponde, in una approfondita intervista, alle domande di Saverio Lodato, tra i più agguerriti giornalisti del fenomeno mafioso.
Il libro narra fatti conosciuti e sconosciuti, documentati e rilevanti, vista la fonte, ed è importante per costruire la storia sanguinosa, spesso coperta di mistero e che riguarda il rapporto intercorso tra la mafia di Riina e Messina Denaro, lo Stato e colletti bianchi pronti a tutto pur di nascondere le loro vergogne
Fonte : Corriere.it