MAFIA E MISTERI – QUANDO L’EX BOSS FRANCESCO DI CARLO SMENTI’ LA BARBERA: “ERO A QUEL SUMMIT DELL’80 NELLA VILLA AL CIRCEO. SI PARLÒ DI GOLPE, NON DI STRAGI” – “NELLA MIA VITA HO SEMPRE AVUTO INTORNO I SERVIZI SEGRETI, ANCHE IN CARCERE” – “RIINA HA DISTRUTTO COSA NOSTRA, DOVREBBERO Si DARGLI UNA MEDAGLIA”
Si può avere fiducia nelle istituzioni che in nome della lotta alla mafia hanno fatto cose da paese dittatoriale?
Pubblichiamo una ricostruzione secondo il pentito Di Carlo
Dove, quando?
La riunione si tenne nella villa di Umberto Ortolani a San Felice Circeo, lui era già fuggito in Brasile, la P2 non era stata ancora scoperta, ma c’ era aria di tempesta. Era inverno, febbraio forse: Pier santi Mattarella era stato ucciso da poco, dio sa se mi sono battuto per salvarlo. Ricordo che accompagnai da Roma un paio di persone, salimmo lungo un sentiero di montagna, ma dal promontorio si vedeva il mare.
Di quell’ incontro si è sempre parlato, nessuna sa cosa si decise. Nel film “Il Divo” si allude alla presenza di Andreotti.
Non c’ era, però c’ erano Nino Salvo e l’ avvocato Vito Guarrasi, il capo del Sismi Giuseppe Santovito e un politico, forse un ministro, di cui non ricordo il nome. Il livello era alto. Di sicuro non si parlò di stragi, semmai di colpo di Stato (parola mai usata però). C’ erano gli scandali giudiziari, la sinistra comandava troppo, bisognava intervenire e c’ era bisogno di Cosa nostra che stava lì a difendere i suoi interessi. Tutto doveva ancora succedere, la P2 non era ancora stata scoperta e i generali erano tutti al loro posto.
Pochi mesi dopo ci fu la strage di Bologna, intanto era scoppiata la guerra di mafia e fu ucciso Stefano Bontade. Forse un legame tra quella riunione e le stragi c’è, si dice che il piano della P2 fu realizzato soltanto con le bombe del 1992-93.
Il contesto era cambiato. Nel 1990 l’ Italia era un paese nelle mani della mafia, Cosa nostra si era unita a pezzi di camorra e di ‘ndrangheta. L’idea di costruire un’ unica mafia per mettere fine a guerre inutili e sanguinose purtroppo fu mia, maturò durante il sequestro Cirillo e l’ accordo con Nuvoletta. Senza volerlo offrii a Riina uno strumento di potere enorme, che non ha saputo usare. Lo Stato dovrebbe dargli una medaglia per aver distrutto Cosa nostra.
A farne le spese è stata soprattutto la sua ex famiglia.
Suo cugino Nino Gioè morto “suicida” a Rebibbia, il piccolo Di Matteo sciolto nell’ acido, il padre di La Barbera trovato impiccato.
Qualcuno aveva paura che i tre killer di Altofonte, presenti a Capaci, rivelassero i contatti che questa famiglia aveva con i servizi segreti?
Gioè, Di Matteo e La Barbera hanno pagato il prezzo della collaborazione. Anzi, mio cugino Gioè non ha fatto neppure in tempo: doveva essere interrogato quel giorno, ed era l’unico dei tre ad avere avuto rapporti diretti con i servizi segreti, glieli avevo mandati io. Con loro s’ incontrò sia a Roma sia a Palermo prima delle stragi.
Poi non li ha più sentiti. In quel periodo ero nel carcere di Full Sutton, in Inghilterra, dove come si sa ho ricevuto varie visite di agenti segreti italiani e stranieri, ho subìto minacce, ho temuto di essere ucciso. In carcere avevo una sorta di ufficio, il direttore mi stimava perché avevo organizzato attività sociali.
Dal’ 96 a oggi lei non ha detto tutto quello che sa. Come ha fatto a uscire vivo da tanti processi, morti ammazzati, segreti devastanti?
Il mio arrivo in Italia nel ’96 fece paura. Gli uomini che erano venuti a trovarmi a Full Sutton, presente il commissario di polizia Arnaldo La Barbera, mi proposero di evadere. “Così faccio la fine di Riccobono sparito nel nulla”, pensai, e appena arrivato a Caltanissetta cominciai ad aprirmi con il pm Luca Tescaroli, l’ unico magistrato di cui mi fidavo. Per il resto, sono un solitario. Mi chiamo Francesco, se aggiungo un cognome non è il mio. Da quando ho finito di scontare la pena, vivo al Nord, unico lusso una finestra sul mare
Nessuno di quelli che conoscono la mia vera identità sa dove abito. Piccole precauzioni. Non ho detto ancora tutto? In ballo ci sono trent’ anni di storia di mafia, se poi uno dice quello che ho detto io bisogna procedere per gradi. La verità non tutti vogliono conoscerla. Mi sento uomo d’ onore, se ho stretto un patto con lo Stato sono tenuto a dire la verità. A domanda rispondo, ma so anche che il sacco vuoto non si regge in piedi.
Se un pentito non ha più niente da raccontare, lo Stato lo abbandona?
Il rischio c’ è. Ho accusato Arnaldo La Barbera, che non era il solito agente segreto, ma un superpoliziotto in carriera messo dal capo della polizia Vincenzo Parisi alla guida del pool che indagava sulle stragi. Cosa che non ho mai capito, La Barbera stava lì per spiarlo, lo considero il più grande depistatore di tutti i tempi. Era nel Sisde fino all”88, ma nell”89 è venuto a trovarmi in Inghilterra insieme a Giovannino del Sismi, si era portato a Palermo la squadretta che aveva a Venezia, ha arrestato Scarantino (il depistatore delle indagini di via d’ Amelio) che non sapeva neppure il proprio nome. Ma a Caltanissetta dicono:”Sì, il depistaggio è tutta colpa di La Barbera, lui è morto chiudiamola qui”. Incredibile.
Lei è un corleonese anomalo, l’ unico capomafia che non si è sporcato le mani di sangue. Perché hanno ucciso Falcone e Borsellino?
La mafia da sola non avrebbe avuto il coraggio di uccidere Falcone e Borsellino. Ma i due giudici non colpivano soltanto la mafia. Per scoprire i flussi di denaro sporco hanno introdotto il segreto bancario, perfino in Svizzera: bisognava fermarli e lo hanno fatto. Anche dentro Cosa nostra ci sono uomini di potere in grado di dialogare con il mondo esterno. Al tribunale di Palermo c’ è un’ aula intestata a Girolamo Bellavista, grande giurista di Cosa nostra. Ero amico del principe Vanni Calvello
Della sua amicizia con Dell’ Utri si è sempre vantato, come degli incontri con Berlusconi. Era a Londra con Dell’Utri al matrimonio di Jimmy Fauci e ora lei lo accusa di aver gestito la trattativa Stato -mafia.
Ho accusato sia Berlusconi sia Dell’Utri, lui soltanto è stato condannato e un po’ mi dispiace. Scarantino a cosa è servito? A coprire la presenza dei Graviano in via D’ Amelio: quando ho lasciato Palermo già sapevo che il padre dei Graviano aveva investito su Milano.
È vera mafia l’ organizzazione di Buzzi e Carminati?
Carminati l’ ho incontrato a Roma quando ero ospite di Pippo Calò negli anni’ 70. Intelligente, determinato, imparava in fretta, con i video poker insieme a Renatino De Pedis (boss della Banda della Magliana) ha fatto soldi a palate. Ma dietro c’era Calò.