“Io investivo da fare tremare i muri”
Il tesoro di Totò Riina trasferito a Castelvetrano
Il vecchio boss in carcere venne intercettato e disse dei suoi grandi investimenti
Le intercettazioni in carcere svelarono il reticolo di affari e interessi economici del padrino corleonese. Magazzini, casseforti, terreni e soldi in banca. Di certo, Riina mise tanti soldi nel trapanese e in particolare a Castelvetrano. In modo astuto, non fece trovare quello che aveva nel territorio belicino e trapanese nel primo sequestro che lo riguardò e che risale al 1993
Perché se recupero pure un terzo di quello che ho sono sempre ricco”, diceva Riina. C’è un tesoro da scovare, dunque. Sterminato e affidato a chissà quali prestanome. Un tesoro che va molto oltre i beni per miliardi di euro/lire che gli sono stati finora sequestrati. Le conversazioni del padrino corleonese con Alberto Lorusso, durante l’ora d’aria, vennero registrate dalla Direzione investigativa antimafia. Riina si è assunto, via via, la responsabilità di avere fatto saltare in aria Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Di avere ammazzato Carlo Alberto Dalla Chiesa e Rocco Chinnici.
I segreti di Totò Riina non finiscono mai. Come le sue ricchezze. Le ricchezze che gli hanno consentito di fare “ventiquattro anni di bella vita”. La sua è stata una lunga latitanza dorata e nonostante sia finita con l’arresto del 1993 ci sono ancora tanti misteri da svelare. A cominciare dalla ricostruzione del reticolo di interessi economici. Restano pochissimi dubbi sul fatto che Riina, si sentisse garantito dall’amicizia con Don Ciccio Messina Denaro. Castelvetrano e la valle del Belice era una zona tranquilla. A Palermo era scoppiata la guerra di mafia e c’erano stati troppi omicidi eccellenti.
Ed è parlando di alcuni terreni di Castelvetrano che nelle conversazioni in carcere Riina lega la famiglia del boss locale ai suoi interessi : “… una persona responsabile ce l’ho e sarebbe Messina Denaro. Però che cosa fa per ora questo Matteo Messina Denaro non lo so. Suo padre era uno con i coglioni”
Riina non ha un giudizio positivo sulle scelte di investire sull’Eolico e lo fa sapere attraverso le intercettazioni. Parla in codice. Forse parla a chi sta sbagliando ad investire i suoi soldi sporchi.
Era stato affidato al latitante di Castelvetrano il compito di custodire le ricchezze di Riina? La domanda trova risposta parziale in quello che Ciccio geraci fece trovare agli inquirenti. Il boss prima di morire ha parlato di una “cassaforte che ho comprato e c’è rimasta… “ e di una valanga di investimenti. In qualche modo Riina probabilmente , fa sapere a qualcuno, sapendo di essere intercettato di non scherzare con i suoi i soldi. Una cosa è certa. Quando Ciccio Messina Denaro fa l’accordo con Riina , alla fine degli anni 70, la famiglia mafiosa di Castelvetrano comincia a girare soldi a palate. La mafia castelvetranese dei Rizzo e Messina Denaro era ancora era legata alla vecchia scuola economica. Non girava ancora tanti soldi . Riina sapeva che a Castelvetrano e Trapani la mafia aveva collegamenti trasversali. Banche, politici, massoneria . Probabilmente erudisce i suoi amici alla scuola palermitana. I mafiosi locali castelvetranesi hanno contatti ampi. L’ipotesi che i Messina Denaro e i loro più stretti sodali siano stati essi stessi, attraverso una rete di insospettabili amici “depositari” delle enormi ricchezze di Riina e company non è da scartare. Una parte del tesoro è stato trovato nella gioielleria Geraci. Poco, molto poco, considerato il potere dei corleonesi dagli anni 60 in poi. E’ anche possibile che la cassaforte dei “peri incritati” sia stata lasciata in custodia ai Messina Denaro e che molti amici loro , tra gli anni 80 e 90 abbiano nascosto una quantità enorme di soldi da riciclare per paura della legge Rognoni La Torre del 1981. Anche questa teoria, avrebbe molti riscontri. Tanti castelvetranesi nati scarsi, nel giro di pochi anni si sono ritrovati al vertice di sistemi economici di alto livello. Gli esempi ci sono. Alcuni di questi castelvetranesi sono finiti sotto inchiesta e hanno beni sequestrati. Di certo si può dire che i corelonesi hanno investito molto in terreni agricoli che hanno cambiato destinazione e nell’edilizia. E allora una domanda nasce spontanea: e se molti soldi gestiti dalla cosca di Castelvetrano erano “prestati” da Totò lu curtu e suoi compari palermitani?. Il passaggio sembra banale ma non lo è . Se i soldi venivano portati a Castelvetrano, da Castelvetrano dovevano tornare al potente boss che per anni si è goduto la vita insieme alla sua famiglia. Totò Riina non era solo. I miliardi li ha fatti con i suoi amici. E gli amici non prendevano nulla? Noi non ci crediamo. Questa deduzione porta ad un semplice ragionamento: Tutto questo ” oro mafioso” non era nella piena disponibilità dei Messina Denaro ma loro, semmai ,dovevano gestirlo e nasconderlo avendone grandi vantaggi e creando valore. L’unico che potrebbe spiegare tutto è l’imprendibile Matteo Messina Denaro. Lui potrebbe sapere dove è nascosto l’enorme patrimonio della mafia palermitana e trapanese. Nonostante le tante confische , nel conto del malaffare mafioso mancano molti soldi. Si potrebbero spiegare così anche le impennate imprenditoriali degli ultimi 30 anni di tanti “sperti” ma nati scarsi che con la complicità politica hanno fatto grandi fortune economiche.
Fonte : Repubblica, Live Sicilia
Il Circolaccio