“Non date i soldi alle associazioni antimafia, interagite a livello provinciale e dateli agli insegnanti precari per fare doposcuola ai vostri figli che ormai non sanno più studiare”. Un warning arrivato ieri sera da uno dei più autorevoli e apprezzati magistrati del mondo, Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto della Procura di Reggio Calabria diventato famoso per la sua lotta alla ndrangheta, che insegue fino in Colombia e in Bolivia per scovarne i traffici di cocaina, e sulla quale ha scritto tanti libri tra i quali l’ultima fatica, Oro bianco, presentato ieri sera a Soverato nell’ambito dell’iniziativa “Inviati al Sud”, all’interno della rassegna Destate Emozioni che si sta svolgendo con successo in piazza Matteotti.
Quello dell’istruzione dei ragazzi, non più di livello e non più adeguata – secondo Gratteri – a formarli per i concorsi e per la vita, è un leit motiv del magistrato ribadito anche ieri sera, all’indirizzo della giunta soveratese presente in prima fila con il sindaco Ernesto Alecci, che ha indirizzato un breve saluto al grande pubblico accorso in piazza, il vicesindaco Pietro Matacera, il consigliere delegato alla Cultura Emanuele Amoruso, organizzatore della rassegna, l’assessore ai lavori pubblici Daniele Vacca. E non solo di istruzione, ma proprio di lavori pubblici in terre di ‘ndrangheta ha parlato Gratteri, incalzato dalle domande degli inviati di Rai1 Francesco Brancatella (Tv7) e Alessandro Gaeta (speciale Tg1). “Il capobastone è interessato pure al piccolo rifacimento del marciapiede da 15 mila euro, ma non per i soldi: perché sa che darà lavoro per un mese a cinque famiglie – ha spiegato – chiedendo poi in cambio consenso”. Consenso che la ndrangheta cerca anche tra i banchi della politica, contribuendo talvolta all’elezione di questa o quella compagine attraverso i suoi voti. “E non perché la mafia sia maggioranza, ma perché è una minoranza organizzata, e spostando quel 20% di voti che possiede risulta spesso determinante”, ha osservato il pm.
“La mafia al Sud è solo minoranza, anche nei paesi ad alta infiltrazione: ma spesso ci batte perché è organizzata militarmente, mentre invece noi calabresi siamo grandi individualisti, ci piace giocare da solisti, non sappiamo fare rete tra noi, per diffidenza, vanità, mentalità che va cambiata”, ha detto ancora Gratteri. Divertente il racconto del pm su come da un’ora all’altra, all’epoca della formazione del governo Renzi, sia passato da “ministro in pectore”, già inserito nella lista in mano al premier e con tanto di telefonata di Renzi per assicurarsi che avrebbe accettato, a “unico escluso” da quella lista, dopo il colloquio del primo ministro con l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Io avevo assicurato a Renzi che avrei accettato se avessi avuto carta bianca per riorganizzare il ministero”, ha raccontato Gratteri. “Ma oggi chi mi vuole bene dice che devo accendere due ceri a Napolitano, che mettendo il veto sul mio nome mi ha fatto un favore, perché non sarebbe stato facile per un uomo senza mezze misure come me fare il ministro”, ha chiosato Gratteri. E alla domanda su cosa avrebbe fatto da capo del dicastero di via Arenula, ha risposto: “Mille cose!”, concentrandosi su due aspetti.
Innanzitutto il contenimento delle mastodontiche spese di giustizia, per lo più dovute ad arretratezza. “Si spendono 70 milioni di euro all’anno solo per tradurre in aereo gli imputati dal luogo in cui sono detenuti alla sede del tribunale dove si celebrano le udienze. Ogni imputato va scortato da cinque uomini di polizia giudiziaria, dunque sono sei biglietti aerei a/r, spesso con scalo, moltiplicati centinaia di volte: basterebbe la videoconferenza – ha rilevato Gratteri – per risparmiare una montagna di soldi”. Il processo hi tech disegnato dal pm coinvolgerebbe anche gli avvocati, che potrebbero collegarsi tranquillamente dal loro studio quando il procedimento è fuori circoscrizione. Gratteri ha caro il tema dei costi della giustizia, ma anche quello dello snellimento del processo, sempre grazie alla telematica: “Pensate che dopo aver sentito cinquanta testimoni, se il giudice ha un impedimento, per esempio va in maternità o viene trasferito, dobbiamo ripetere tutto, perché non si usa la videoconferenza”, ha insistito. “Io ho proposto un articolato di norme che rendono più efficace la procedura penale senza abbassare di un millimetro le garanzie dell’imputato. I deputati ce l’hanno a disposizione: vedremo chi avrà voglia e coraggio per farne un ddl e chi no – ha concluso Gratteri tra gli applausi – e capiremo chi sta da una parte e chi dall’altra”.
Impressionanti, nel corso di una serata che dovrebbe essere il numero zero di una manifestazione soveratese permanente, Inviati al Sud, proposta da Brancatella, anche i servizi realizzati dallo storico inviato di TV7 sui fatti di ndrangheta che hanno più scosso le coscienze, dall’assassinio di Gianluca Congiusta a quello del piccolo Cocò Iannicelli trucidato a Cassano insieme al nonno. Sul palco preziosa testimonianza di Donatella Congiusta, mamma di Gianluca (Associazione familiari vittime della ndrangheta), Debora Cartisano (Libera-Locri) e Renato Mollica (Premio Epizephiry per la legalità).
di Teresa Pittelli
Fonte: lesuberante.it