Mafia, parla un nuovo pentito. Arrestato il figlio dell’autista di Riina
E’ Sergio Macaluso, ex capo del mandamento di Resuttana. Ha confessato omicidi ed estorsioni
Un altro terremoto scuote Cosa nostra palermitana. Parla un nuovo pentito, Sergio Macaluso, uno dei capi del mandamento di Resuttana, in carcere da un anno e mezzo. Ai magistrati della Dda di Palermo ha confessato due omicidi e ha fatto i nomi dei padrini della città e della provincia che stanno gestendo la riorganizzazione mafiosa. Questa notte, il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Salvatore De Luca hanno fatto scattare un fermo per cinque boss. I carabinieri del nucleo Investigativo hanno arrestato Giuseppe Biondino, il figlio di Salvatore, l’autista di fiducia di Totò Riina. Ufficialmente, era solo il gestore di un’agenzia che si occupa di cartellonistica e pubblicità, la “MP”, in realtà curava diversi affari per conto del clan che opera nel centro di Palermo e di tanto in tanto andava in Spagna, non è ancora chiaro il perché.
Giuseppe Biondino è accusato di essere il nuovo capo del mandamento di Resuttana, clan della zona centrale di Palermo colpito nelle scorse settimane con un blitz che ha portato all’arresto di una trentina di persone. Adesso, il provvedimento di fermo firmato dai pm Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise, porta in carcere anche Francesco Lo Iacono, altra parentela di rango in Cosa nostra: è il nipote dell’omonimo e storico capomafia di Partitico. E’ accusato dell’incendio di una concessionaria di auto. Si stava preparando a partire per Düsseldorf per darsi alla latitanza. In carcere anche Salvatore Ariolo e Ahmed Glaoui, accusati di mafia ed estorsione, e Bartolomeo Mancuso, indagato per estorsione.
Il nuovo pentito Macaluso ha confermato una serie di indicazioni su cui già lavoravano i carabinieri del comando provinciale diretto dal colonnello Antonio
Di Stasio: nelle scorse settimane, erano arrivate le denunce di due operatori economici. Un commerciante ha ammesso di aver pagato il pizzo, un imprenditore si è rifiutato di far lavorare una ditta imposta dai boss. E’ la città che non si rassegna, nonostante la nuova pressione delle cosche, determinata dalla scarcerazione di un centinaio di mafiosi negli ultimi due anni, hanno finito di scontare la pena e adesso qualcuno prova a riprendersi il ruolo criminale di un tempo.
Fonte : Repubblica