Le tante contraddizioni del signor Becchina amante del buon cibo e delle opere d’arte.
La sua casa e’ stata frequentata per anni da intellutali, politici e giornalisti anche internazionali
Aveva anche interessi nel cementificio di Mazara del Vallo “ATLAS” dove era socio con una partecipazione con “olio Verde srl ” con gli imprenditori Cascio di Montevago . azienda finita sequestrata
Addirittura del suo scontro Becchina, nel mese di luglio nel corso di una udienza presso il Tribunale di Agrigento ha preso posizione contro la liquidazione di una somma di circa 140.000 euro decisa dal Tribunale a carico dell’Erario e a favore dell’amministratore giudiziario Elio Collovà, pertinente sia l’azienda Atlas Cementi corrente in Mazara del Vallo del gruppo Cascio.
Le Iene fecero un servizio su Collovà
https://www.iene.mediaset.it/video/quando-l-antimafia-cerca-di-fare-affari_11050.shtml
Ecco cosa diceva dal sito di Tele Jato
Quale ragione lei ha ritenuto di far valere contro il provvedimento?
Premesso che ho agito in qualità di procuratore della società Olio Verde S.r.l partecipante al capitale di Atlas Cementi, azienda quest’ultima confiscata dallo Stato, la mia posizione, oggetto di una mia memoria dettagliata diretta al giudice, è scaturita dalla volontà di volerlo soccorrere nella delicata decisione, consapevole com’ero che la richiesta del Collovà si basava su una realtà amministrativa palesemente mendace.
E non ultimo anche per contribuire a fare emergere ulteriormente quanto di losco si può troppo spesso nascondere nel mondo delle amministrazioni giudiziarie legate alle misure di prevenzione. E questo ho fatto presente al giudice.
Lei, insomma, sostiene che Collovà non è stato un amministratore fedele dei beni affidatigli?
Non solo infedele, ma addirittura rovinoso, demolitore, in quanto a salvaguardia e conservazione degli stessi. Basta, del resto, richiamarsi a quanto è emerso a Caltanissetta nella vicenda Zummo-Di Vincenzo per avere un’idea delle attitudini del personaggio a manipolare i patrimoni delle aziende al solo fine di dar vita a situazioni di tornaconto personale e di sodalizio.
Al di là dell’eclatante vicenda di Caltanissetta, venuta alla luce attraverso la ben nota inchiesta delle Iene, vi sono delle ragioni che la portano verso giudizi così severi?
Le rispondo volentieri, riassumendo la mia memoria indirizzata al giudice. In un caso il Collovà, in combutta con il suo collega Cappellano Seminara ha rinunziato ad incassare per conto dell’Atlas la considerevole somma di oltre 200 mila euro con il fine evidente di favorire arbitrariamente l’azienda debitrice Sud Cementi Srl, amministrata dal Cappellano Seminara stesso. Malgrado, va detto, quest’ultimo avesse precedentemente messo a disposizione la metà della somma per chiudere la partita, il Collovà ha deciso di abbuonargli la totalità del debito. Io penso che il giudice vorrà verificare questo fatto e la strada che hanno preso queste somme.
In un secondo gravissimo caso, attraverso strumentali forniture di cemento del quale si guardava bene dal richiedere il pagamento, ha trasferito fondi Atlas – attorno al milione di euro – ad altra società da lui stesso amministrata (Calcestruzzi Mazara Srl), ma in braghe di tela in quanto a liquidità, onde inventare condizioni finalizzate al percepimento di ulteriori personali compensi, altrimenti impossibili. Giusto per non smentire quello che potremmo definire metodo Collovà.
In sintesi, lei fa capire che il tribunale, quand’anche volesse, non è in misura di operare un controllo sicuro sull’operato degli amministratori giudiziari.
Si tratta, a mio avviso, di complessità contabili che vanno oltre la competenza del giudice. Non per nulla, questi, si avvale della professionalità dello specialista, in cui deve, e non credo abbia altra soluzione, riporre totale fiducia.
Una anomalia, che proprio grazie al ristretto ambito del rapporto ha incoraggiato gli appetiti di Saguto e company. Se l’immagina lei, in base a quale specializzazione contabile, la ex presidente Saguto avrebbe avuto la possibilità di fare le pulci alla contabilità dell’amministratore Cappellano Seminara? Perché dovrebbe essere diverso nel caso di Collovà, o di chissà quanti altri ancora? A ben riflettere, alla luce di quanto emerso finora possiamo concludere di esserci trovati in presenza di personaggi onesti in forza di legge.
Qual è, spassionatamente, la sua personale considerazione sulla serie di questi avvenimenti, già approdati nelle aule di giustizia?
Una obbiettiva consapevolezza che lo Stato doveva pur fare qualcosa per mostrare che c’era, anche se con la piena coscienza, ne sono più che convinto, di dover mettere nel conto l’inevitabile rischio di finire con il colpire nel mucchio anche in danno di soggetti incolpevoli. Una sorta di chiamata alle armi collettiva onde venire a capo delle tragedie siciliane, per partecipare ad una guerra della quale tutti dovevano accettare di farsi carico. Sacrificio doveroso anche se amaro, direi, se finalizzato a far trionfare la giustizia; giammai, però, per finire con l’ingrassare i vari Collovà, Saguto, Cappellano Seminara e tutta la vergognosa banda di ignobili e rapaci profittatori con la quale lo Stato non potrà non essere spietato. In tempi brevi, almeno per questa volta. E senza perderne qualcuno strada facendo. Proprio in virtù del fatto che del marciume, annidato dove non avrebbe mai dovuto depositarsi, la più pallida residua traccia sarebbe di troppo.
Qual è, infine, la sua lettura della vicenda dell’architetto Teresi, che per qualche striminzita pagina di perizia sul valore di un terreno, pagata cum summa abundantia con il danaro di una impresa più che florida prima che l’amministrazione Collovà ci mettesse mano?
Una lettura di questa rilevanza mi sentirei più a mio agio nel farla alla conclusione del processo “Trattativa”, processo à la une de l’actualité direbbero i Francesi. Non mi sorprenderebbe assistere ad un eventuale ammorbidimento dell’accusa che dovesse sfociare in una sentenza alla volemose bene. In questo caso capirei il silenzio della stampa di regime, o variamente allineata, sul fatto sconvolgente che vede un così stretto familiare del PM antimafia che sostiene l’accusa, beneficiario della prodigalità di un Collovà a sua volta interessato, di tutta evidenza, ad una corrispondenza di amorosi sensi con la procura antimafia.
Il Circolaccio