Era meglio soffrire fisicamente o essere torturati mentalmente?
L’uso illegale di fotografie di persone indagate o coinvolte in processi e la diffamazione su internet è punibile dalla legge
L’abuso anche delle forze dell’ordine di foto segnaletiche su cittadini coinvolti in inchieste senza che abbiano esigenze di pericolosità sociale può essere motivo di contenzioso
La parola gogna è stata usata in tantissimi articoli di giornale e sul web a proposito di una serie di violenze che hanno colpito diversi cittadini, ancora non condannati e inseriti in procedimenti penali in diverse parti d’Italia. Episodi diversi e gravi,dove non si ha nessun rispetto per le persone inquisite anche per reati lievi. La strategia , specialmente per reati che hanno a che fare con l’associazione mafiosa che hanno comunque un denominatore comune: la gogna. Spesso si assiste a persone indagate , processate e poi assolte e distrutte dalla collaborazione tra le procure e i giornali
Questo strumento di “tortura mediatica” che si credeva conservato a futura memoria ed educazione all’interno dei Musei della Tortura ha però improvvisamente ripreso vitalità grazie all’uso indiscriminato del web. Così la vittima offerta al pubblico scherno e ludibrio diventa adesso la vittima di una “gogna mediatica” tanto chi controlla?Eppure la norma dice :
Fotografie degli arrestati e degli indagati
Le foto segnaletiche: anche se esposte nel corso di conferenze stampa tenute dalle forze dell’ordine o comunque acquisite lecitamente, tali fotografie non possono essere diffuse se non in vista del perseguimento delle specifiche finalità per le quali sono state originariamente raccolte (accertamento, prevenzione e repressione dei reati). Inoltre, anche nell’ipotesi di evidente e indiscutibile “necessità di giustizia o di polizia” alla diffusione di queste immagini, “il diritto alla riservatezza ed alla tutela della dignità personale va sempre tenuto nella massima considerazione”. Tali principi – più volte ricordati dal Garante – trovano conferma in diverse circolari emanate dalle forze di polizia, oltre ad essere richiamati, con riferimento alla generalità dei dati personali, nell’art. 25, comma 2 del Codice privacy.
Molti blog e giornali online non applicano questa norma legale, puntando decisamente allo sfruttamento delle foto per i clic sul blog o sul sito per evidenti ritorni pubblicitari. Un modus operandi illegale e spregevole di sfruttare le disgrazie altrui, attraverso la pubblicazioni di foto di indagati o rinviati a giudizio alla stessa stregua di pericolosi criminali. Come si evince dalle norme in materia, le foto segnaletiche di indagati e anche arrestati si possono pubblicare solo per evidenti motivi di Polizia Giudiziaria e nei casi di pericolosità sociale dell’arrestato
Sono pubblicabili le immagini che documentano operazioni di arresto.
Tali immagini, tuttavia, non possono essere diffuse quando siano lesive della dignità dell’interessato. Questo principio – che è alla base dei limiti già previsti dall’ordinamento relativamente alla diffusione di immagini che ritraggono persone in manette o sottoposte ad altro mezzo di coercizione fisica (si veda anche l’art. 8 del Codice deontologico) – deve guidare il giornalista nella decisione sulla diffusione di altre immagini collegate ad operazioni di arresto.
Altre foto a corredo di notizie su arresti, indagini e processi (es. foto tratte da documenti di riconoscimento, da album familiari, o scattate nelle aule giudiziarie): in relazione a tali dati, a parte le prescrizioni che può impartire il giudice durante il dibattimento e le garanzie previste per le riprese televisive durante il processo, valgono i parametri generali che guidano il giornalista nell’esercizio della propria attività. Tra questi parametri ricordiamo quello che impone di acquisire, e successivamente utilizzare, tali immagini in modo lecito e secondo correttezza, nonché di diffondere le stesse secondo la dovuta valutazione in ordine alla loro essenzialità, pertinenza e non eccedenza avuto riguardo alla notizia riferita. In primo luogo, dunque, al fine di conformarsi ai citati canoni di liceità e correttezza, sarà necessario informare le persone presso cui sono raccolte le immagini nonché, ove possibile, gli interessati in merito all’utilizzo delle immagini acquisite (art. 2 Codice deontologico).
Ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca gli organi di informazione possono perciò pubblicare, divulgare tali notizie.La pubblicazione non deve però compromettere il corretto svolgimento del processo e il diritto delle persone in esso coinvolte al rispetto della propria dignità e della propria riservatezza. Per evitare che la diffusione di notizie relative all’indagini possa incidere sulla obiettività della decisione del giudice e ledere in modo irrimediabile la reputazione degli indagati, il codice vigente prevede (artt.114, 115 e 329 c.p.p.) Tutto questo, non viene assolutamente rispettato da alcuni giornalisti e testate e da questo scaturisce la possibilità per chi subisce una tortura mediatica di ricorrere ai tribunali per tutelarsi ed avere il danno riconosciuto. Le sanzioni pecuniarie, in caso di condanna solo molto salate
La Cassazione è intervenuta anche sulla diffamazione su internet
La diffamazione tramite internet costituisca un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 c.p., comma 3, in quanto commessa con altro (rispetto alla stampa) mezzo di pubblicità idoneo a determinare quella maggior diffusività dell’offesa che giustifica un più severo trattamento sanzionatorio (confermato la condanna per il reato di diffamazione commesso mediante il caricamento in internet in condivisione con gli altri utenti della rete di un file contenete un’immagine attinente la vita privata della persona offesa).
Cassazione penale sez. V 16 gennaio 2015 n. 6785
Il Circolaccio