La scoperta viene dagli Stati Uniti, dove un gruppo di ricerca della University of California San Diego ha scoperto che l’assunzione di farmaci che proteggono lo somaco, si correla con un aumentato rischio di epatopatie croniche, che potrebbe essere mediato da un’eccessiva crescita di Enterobacteriacee. In attesa di ulteriori conferme, gli autori invitano però alla prudenza nella prescrizione degli anti-acido
Nel prescrivere i farmaci, ogni tanto bisognerebbe ricordarsi del significato etimologico del nome, che nel suo rovescio della medaglia, significa appunto veleno. I farmaci insomma sono preziosi se somministrati correttamente e per un adeguato periodo di tempo; ma possono, se mal utilizzati, diventare un problema. Dell’abuso di prescrizione degli inibitori di pompa protonica (ad assumerli sarebbe una persona su 10 nel mondo), farmaci di per sé preziosi che hanno strappato schiere di pazienti ulcerosi al bisturi, è stato ampiamente detto, come anche delle conseguenze di un loro abuso, ad esempio nel contributo dato all’epidemia di Clostridium difficile nei reparti ospedalieri.
Un articolo pubblicato oggi su Nature Communications, a firma di ricercatori della University of California San Diego School of Medicine, offre lo spunto per nuove considerazioni circa i danni prodotti da un loro uso scriteriato. Gli autori hanno infatti dimostrato, sia su modello animale (topo) che su studi sull’uomo che la soppressione della produzione acida gastrica indotta dai PPI determina un’alterazione di specifici batteri del microbiota, che facilita la comparsa di danni a livello del fegato e la progressione di tre particolari tipologie di epatopatie croniche.
“La secrezione acida dello stomaco – spiega Bernd Schnabl, professore associato di gastroenterologica alla UC San Diego School of Medicine – serve ad eliminare i microbi ingeriti; assumere farmaci come i PPI può dunque modificare la composizione del microbiota intestinale. In precedenza avevamo dimostrato che determinate tipologie di microbiota possono condizionare un aumentato rischio di epatopatie; siamo dunque andati a vedere se la soppressione della produzione acida dello stomaco potesse in qualche modo influenzare la progressione delle patologie epatiche croniche e abbiamo così scoperto che l’assunzione cronica di PPI promuove la crescita di Enterococchi nell’intestino e la loro traslocazione nel fegato, dopo possono esacerbare uno stato infiammatorio e peggiorare le epatopatie croniche.”
Fonte: Quotidiano Sanità
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