Matteo Messina Denaro, il boss delle stragi e la fidanzata: la lettera d’addio
– Matteo Messina Denaro, il «capo dei capi» della mafia, è ancora latitante, a 25 anni dalle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
– A differenza degli altri capimafia, come Provenzano e Riina, non è mai stato in carcere.
Una “tradizione” di famiglia quella della latitanza dei Messina Denaro .
Anche il padre Francesco, riuscì sempre a sfuggire alle forze dell’ordine e fu trovato morto. Come sono riusciti padre e figlio a sfuggire a tante azioni investigative?
Dove si nasconde? Anni di indagini , di arresti, confische e ancora “Matteo” è libero. Un territorio distrutto, fiumi di denaro spesi per tentare di trovare la pista giusta. Gente finita in carcere senza motivo e anche tante condanne ma nessuno arresto ha spalancato le porte alla cattura del boss di Castelvetrano. Adesso anche il comune commissariato. Si è fatta piazza pulita di tanti possibili fiancheggiatori. Spesso si è sparato nel mucchio. Come fa ancora a mantenere la sua latitanza? Visto che si è scavato dappertutto? Oppure, forse, ci sono stati grossolani errori da parte degli investigatori che hanno consentito a Messina Denaro di sfuggire ai vari di tentativi di cattura? Qualcuno a Castelvetrano per le strade , nei bar, dice:” si veramente lo volessero prendere…” Un dubbio che non intendiamo minimamente condividere. E’ più opportuno ritenere che alcune indagini sono state gestite in modo superficiale e qualche errore strategico è stato commesso.Il problema, purtroppo ,rimane per tutti i castelvetranesi. Castelvetrano è in macerie e “lu siccu spertu ” continua a “firriari” libero. l’ex capo della Mobile di Trapani, Giuseppe Linares stava facendo un buon lavoro… investigativo, lo hanno trasferito. Anche certi investigatori, non possono agire come certi arbitri di calcio che quando vedono tanti giocatori in area di rigore e non sanno cosa succede di preciso, fischiano il classico.” fallo di confusione”. Questo modus operandi non serve. L’antico dice “Chianci lu giustu pi lu piccaturi” . Forse, i veri furbi ,che sanno fingere molto bene… in questa città, non sono stati mai veramente toccati da nessuna inchiesta e sono talmente abili da non farsi beccare.Uno “sperto” come Messina Denaro non si può certo fidare di gente stupida. Chi, in questi anni ,veramente lo aiutato? Dopo tanti anni la città deve reagire e prendere posizione in modo chiaro e senza sciacallismi. Qui ,ormai non si respira più. Chi può aiutare le forze dell’ordine a non fare ancora errori, lo faccia . Non bastano solo gli articoli di “grido” o le manifestazioni di salotto. Se si continua a dire la mafia fa schifo ,senza centrare l’obiettivo di arrestare il boss e chi veramente lo aiuta e lo ha aiutato,non si è concluso niente. Chi può, faccia qualcosa , anche per tutti i ragazzi che stanno andando via per colpa di questa lunga latitanza che sta togliendo ogni libertà a e speranza a tutti i castelvetranesi che con la mafia ,non hanno avuto e non intendono avere nessuna forma di convivenza
Se e quando lo prenderanno, per essere sicuri della sua identità dovranno sottoporlo al test del Dna. Solo in quel momento, se i confronti coincideranno, si potrà sancire la fine della latitanza di Matteo Messina Denaro, l’unico grande capomafia ancora in libertà e mai transitato dalle patrie galere, di cui non si hanno foto segnaletiche né impronte digitali. Anche Totò Riina e Bernardo Provenzano sono rimasti in fuga per decenni, ma in gioventù erano stati in carcere; Matteo — generazione successiva, classe 1962 — mai. Caso unico nella storia delle indagini antimafia. A venticinque anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, a Caltanissetta è appena cominciato il processo a suo carico per le due stragi del 1992: a parte i «mandanti occulti» su cui ancora si indaga, ma mai individuati, è rimasto l’ultimo imputato, giudicato in contumacia.

«Che Dio mi aiuti»
Ufficialmente Messina Denaro è ricercato dall’anno successivo, ordine d’arresto numero 267/93 per quattro omicidi, emesso da un giudice palermitano il 2 giugno 1993. Tre giorni dopo scrisse una lettera alla ragazza con cui era fidanzato all’epoca, per annunciarle la sua fuga: «Non so se hai capito che nell’operazione di ieri da parte dei carabinieri c’è anche un mandato di cattura nei miei confronti… Qualunque cosa abbiano messo è soltanto una grande infamia, perché sono innocente… È iniziato il mio calvario, e a 31 anni, e con la coscienza pulita, non è giusto né moralmente né umanamente… Spero tanto che Dio mi aiuti… Non voglio neanche pensare di coinvolgerti in questo labirinto da cui non so come uscirò… Vuol dire che il nostro destino era questo. Spero tanto, veramente di cuore, che almeno tu nella vita possa avere fortuna… Non pensare più a me, non ne vale la pena… Con il cuore a pezzi. Un abbraccio, Matteo».
Fonte Corriere.it