Viminale, due funzionari rubavano soldi per pentiti e testimoni: arrestati
In manette anche un assistente capo della polizia. Dovranno rispondere di peculato e accesso abusivo a sistema informatico. Avevano accumulato 600mila euro
Hanno rubato poco per volta somme di denaro dai fondi a disposizione del Servizio centrale di protezione del ministero dell’Interno per l’assistenza di soggetti sotto tutela, dai testimoni di procedimenti giudiziari e indagini ai collaboratori di giustizia. E alla fine, dopo anni di prelievi non autorizzati, hanno messo insieme circa 600 mila euro. Ma due funzionari economico-finanziari dell’amministrazione civile del Viminale e un assistente capo della polizia sono stati scoperti dagli investigatori della Squadra mobile e dai colleghi della Divisione economica del ministero, e arrestati martedì mattina per peculato e accesso abusivo a sistema informatico. Ora sono ai domiciliari.
Scoperti i primi ammanchi
Le indagini sono scattate nel dicembre di due anni fa quando durante un controllo di routine era stato scoperto un primo ammanco di 25 mila euro effettuato con una serie di passaggi e movimenti contabili. Gli investigatori hanno individuato subito nei tre personaggi i responsabili di quei prelievi abusivi: i soggetti sono stati denunciati, allontanati dal Servizio e successivamente destinati ad altro incarico in attesa della conclusione delle indagini. Coordinati dalla procura di Roma, gli agenti della Mobile hanno ricostruito, analizzando i movimenti di soldi, passaggi di denaro durati anni. Ma poiché si trattava sempre di cifre irrisorie passavano inosservate. I tre erano riusciti a nascondere i prelievi aumentando lievemente altre spese per importi decisamente superiori e caricando poi la differenza sulle carte di credito del Servizio utilizzate per le esigenze delle persone tutelate. Denaro che veniva infine prelevato come fosse un bancomat e fatto sparire. Un sistema che, come viene spiegato proprio dalla polizia, è stato neutralizzato adottando «una serie di correttivi per scongiurare il rischio che tali condotte potessero ripetersi».
Fonte Corriere .it