Stragi e segreti di Stato, inquieta vigilia della desecretazione.
Si farà piena luce sui tanti misteri che hanno circondato le indagini sulle stragi?
In occasione della presentazione del suo nuovo libro “Storie di sangue, amici, fantasmi. Ricordi di mafia”, Piero Grasso, attuale Presidente del Senato e già Procuratore della Repubblica di Palermo e Procuratore della Repubblica della Direzione Nazionale Antimafia, a proposito delle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese, dopo avere lamentato di non essere stato ascoltato sulla costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi del “92” ha affermato : “Spesso un magistrato, come anche la polizia giudiziaria, riesce a raggranellare elementi che fanno venire fuori intuizioni, laceranti intuizioni perché poi devono essere provate. Questo è il dramma che ci accompagna, capire e però non potere dimostrare, ma bisogna non arrendersi nella ricerca della verità”
Numerose sono le stragi che hanno insanguinato l’Italia, Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro,Stazione di Bologna, Rapido 904, Stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Tutte queste stragi da Portella della Ginestra (che dopo 60 anni non ha avuto né giustizia né verità) in poi sono rimaste impunite o si è pervenuti all’accertamento di responsabilità parziali che comunque hanno lasciato numerose zone d’ombra. A ciò ha contribuito l’apposizione del segreto di Stato che ha finito con il coprire responsabilità politiche, proteggere determinati equilibri, coprire gli autori delle stragi, depistare le inchieste della magistratura avvalendosi anche di coperture internazionali. Per ciò che riguarda quest’ultimo aspetto basta ricordare gli interventi della Nato, della Cia, dei Servizi segreti che hanno sempre operato al fine di proteggere il segreto di Stato.
Uno spiraglio di luce potrebbe venire dalla declassificazione degli atti relativi alle suddette stragi (escluse quelle di Capaci e Via D’Amelio) fino ad oggi ben custoditi negli archivi delle Prefetture, dei Ministeri, dei Servizi segreti, delle Forze dell’Ordine; il che potrebbe consentire una lettura che consenta se non di individuare con nome e cognome gli esecutori e i mandanti delle stragi, almeno di ricostruire quello che è avvenuto in quegli anni bui e fornire alla magistratura lo spunto per la riapertura di indagini che si erano per lo più concluse con un nulla di fatto fermandosi, come sostenuto dal Presidente del Senato Grasso, a delle intuizioni sconvolgenti ma impossibili da dimostrare.
Un esempio di apposizione di segreto di Stato è quello che oppose l’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti nel processo per il sequestro e l’omicidio Moro in relazione ad una intervista rilasciata nel 1974 su Guido Giannettini, giornalista, attivista politico di estrema destra, agente “Zeta” del Sid (Servizio informazioni Difesa). Nell’interrogatorio cui Moro venne sottoposto dalle Brigate rosse durante il sequestro questi aveva parlato della strategia della tensione posta in essere dai servizi stranieri occidentali, strategia che aveva trovato un contributo da parte dei Servizi italiani militari con “il ruolo (preminente) del SID e quello (pure esistente, delle Forze di Polizia)”.
Secondo Moro, finalità di questa strategia era quella di porre in essere una serie di attentati attribuendoli alla sinistra per destabilizzare l’Italia e poi coprire i veri responsabili con appositi depistaggi. Scrive infatti Moro nel memoriale : “«La c.d. strategia della tensione ebbe la finalità, anche se fortunatamente non conseguì il suo obiettivo, di rimettere l’ Italia nei binari della “normalità” dopo le vicende del ‘ 68 ed il cosiddetto autunno caldo».
Sempre in detto memoriale Moro punta il dito su Andreotti che non avrebbe contrastato con la dovuta fermezza la suddetta strategia e che “aveva mantenuto non pochi legami, militari e diplomatici, con gli americani dal tempo in cui aveva lungamente gestito il Ministero della Difesa entro il 68”.
Moro poi, che definisce Andreotti “uomo abile e spregiudicato”, fa riferimento ad una intervista che Andreotti aveva concesso a “Il Mondo” nel giugno del 1974, all’indomani della strage di Brescia, in cui aveva rivelato che Giannettini era in realtà un agente del SID infiltrato in Ordine Nuovo. Questa ricostruzione fu confermata dal generale Gianadelio Maletti, responsabile dell’Ufficio D del SID che, nel 2002, nel processo che lo vide condannato per avere agevolato la fuga di Giannettini all’estero dichiarò : “La Cia voleva creare attraverso la rinascita di un nazionalismo esasperato e con il contributo dell’ estrema destra, Ordine nuovo in particolare, l’ arresto del generale scivolamento verso sinistra. Questo è il presupposto di base della strategia della tensione». In che modo? «Lasciando fare», e Andreotti «era molto interessato. Soprattutto del terrorismo di destra e dei tentativi di golpe in Italia”.
Di strategia della tensione parlò anche il giudice Gerardo D’Ambrosio che prima come giudice istruttore e poi come procuratore si occupò della strage di Piazza Fontana, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera nella quale affermò che la finalità di tale strategia attuata dai servizi segreti (SID) era quella di fermare l’avanzata della sinistra che allora sembrava inarrestabile e di mantenere lo status quo. Dopo avere elencato tutta una serie di depistaggi ed inquinamenti verificatisi nelle indagini e che portarono all’arresto abusivo degli anarchici Valpreda e Pinelli, che non c’entravano nulla con la strage, affermò che misteriosamente per la strage i neofascisti furono tutti assolti e che i vertici del SID “erano arrivati a fare scappare all’estero i nostri ricercati per terrorismo con passaporti di copertura dei servizi”.Richiesto poi di parlare del lavoro sporco del SID e quali politici avrebbe voluto sentire su ciò, rispose: “Sicuramente Andreotti. Ricordo il contrasto insanabile in assise a Catanzaro fra lui e Rumor, con l’uno che rimpallava sull’altro la responsabilità del segreto di Stato sul caso Giannettini. Il primo ad ammettere che era un agente del Sid, con la consueta intelligenza, fu Andreotti. Ma non lo disse a noi magistrati: lo rivelò in un’intervista e solo quando a Milano avevamo già emesso i mandati di cattura contro il Sid. D’altra parte l’interesse degli USA ad alimentare la strategia della tensione allo scopo di arginare il comunismo in Italia, si coglie nella autobiografia di Henry kissinger, notoriamente acerrimo nemico di Aldo Moro per la sua politica di apertura ai comunisti.
Fonte Sicilia Informazioni : Alberto Di Pisa
Il Circolaccio