La Direzione distrettuale antimafia (DDA) siciliana ha inviato alle autorità svizzere una nuova rogatoria.
BERNA / PALERMO – Quel sottile e ai più invisibile collegamento tra interessi mafiosi e la Svizzera sembra non potersi mai veramente recidere.
Così titola l’articolo sui collegamenti svizzeri ,”TIO -CH” un giornale online molto seguito. Anche il nostro blog si è interessato negli anni delle inchieste sui rapporti tra mafia e banche svizzere. Non è una novità investigativa. Giovanni Falcone ci provò prima di morire a capire come funzionassero certi flussi di denaro. Non fece in tempo.
Adesso la cattura del boss, Matteo Messina Denaro rinfocola gli interessi degli investigatori.
Spesso si è parlato della montagna dei soldi a disposizione di mafia e boss. Molto fumo in merito ha generato l’attività a strascico effettuata dagli inquirenti negli ultimi anni. Molto fumo appunto e poca sostanza visto che il boss continuava a disporre di quintali di banconote contanti. Chi capisce di economia sa bene che, dove soffia vento forte , i soldi non possono rimanere. Spesso sono state sequestrate aziende piene di debiti e con cartelle esattoriali da pagare al fisco. Cosa potevano portare al boss aziende decotte? Dal sequestro della Grigoli Distribuzione, poche le realtà toccate con tanti soldi disponibili.
Una fase di sterilizzazione ad ampio raggio che non ha scalfito , secondo le recenti indagini, il potere di Messina Denaro. Lo dicono i fatti evidenti. Come sostiene “Palermo Today ” che ha pubblicato alcune ricevute d’affitto del locale di Campobello di Mazara, “Lu Siccu” era in quella città , già da gennaio 2016 Non è escluso che abitasse li anche dal 2015. La traccia è legata alle ricevute . Un tassello da verificare . Tutto è al vaglio degli inquirenti ma la probabilità che il boss fosse li in quel periodo è alta
Quindi ,in piena guerra antimafia contro Diabolik, con un esercito di investigatori capitanati da Teresa Principato che controllavano ogni cosa nel Belice e oltre il boss , se ne stava tranquillo dentro la zona resa caldissima da arresti e sequestri a guardare. Strano. Non temeva nulla. In quel periodo le azioni giudiziarie nel territorio erano continue. A Castelvetrano era scoppiata la bomba mediatica per il caso Giambalvo. Nulla preoccupava il boss? Qualche dubbio rimane sul fuoco dell’antimafia di sistema. Retate e sequestri a go go e Matteo beveva e scopava con le tasche piene di soldi. I piccoli pesci servivano solo a far fumo? Forse. La vera questione aperta rimane sempre quella del suo tesoro nascosto e di chi ,indisturbato ,lo ha gestito e forse gestisce ancora. La pista svizzera ci dirà qualcosa? Un pò di scetticismo non fa male. Forse è giusto pensare che, chi veramente ha gestito le montagne di soldi a disposizione del boss non è stato ancora toccato. Forse ride pure. Adesso i carabinieri ritentano in Svizzera. Riusciranno a bucare le ferree regole bancarie di quel paese? Difficile dirlo. In attesa potrebbero cercare anche tra gli “intoccati” locali. Magari trovano qualcosa
Dal sito Svizzero:
“E neppure la cattura di Messina Denaro dello scorso gennaio ha posto fine a quel legame che collega nel tempo, sotto varie forme, la Sicilia alla Confederazione. Già anni addietro, al boss di Cosa Nostra si attribuiva infatti un presunto traffico illecito di reperti archeologici. Ebbene, secondo quanto riporta la Rsi, la Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Palermo ha richiesto assistenza giudiziaria a Berna, sotto forma di una nuova rogatoria.
L’indiscrezione, riconfermata da Berna, al momento non assume forma di procedimento penale ma viene descritta dalla Procura federale come elemento importante, nell’ambito della cooperazione internazionale, scambio di informazioni incluso.In particolare la Rsi fa riferimento ai presunti legami tra il locarnese Domenico Scimonelli e Messina Denaro. Proprio in Ticino Scimonelli avrebbe curato negli anni gli interessi finanziari del capomafia: movimenti di capitali, conti correnti, ottenimento di carte di credito. A questo riguardo, già tra il 2015 e il 2016 gli investigatori confederati furono attivi nell’ambito di un’inchiesta contro ignoti per riciclaggio, poi terminata con un decreto di abbandono. Oggi a distanza di anni l’indagine riprende vigore nella misura, confermata da Berna, di collaborazione internazionale”.
Ass. Verità e Giustizia