Il nuovo Capo Dap Bernardo Petralia coinvolto nelle intercettazioni del caso Palamara.
Dino Petralia, da sempre toga antimafia, finisce nelle intercettazioni di Palamara. Avrebbe chiesto “favori” per la carriera
I magistrati e il clientelismo. Dalle intercettazioni in possesso dei magistrati di Perugia viene fuori uno spaccato inquietante. Se un magistrato chiede, prima o poi dovrà restituire il favore. Come fanno i politici. E’ molto grave se questo sistema è davvero esistito
Il metodo Palamara come ufficio di collocamento per magistrati in cerca di poltrone importanti. Una vicenda quella di Palamara che , se sarà insabbiata, sarà una ferita gravissima per la Democrazia
P er mesi, magistrati illustri o sconosciuti di tutta Italia hanno incrociato le dita, sperando che Luca Palamara – collega potente e riverito fino al clamoroso tonfo per via giudiziaria – avesse avuto il buon senso di cancellare ogni tanto le sue chat.
Il nuovo Capo Dap Bernardo Petralia coinvolto nelle intercettazioni del caso Palamara.
Con due articoli su La verità e Il Giornale e ripresi da varie altre testate, emerge il nome di Bernardo Petralia nelle intercettazioni della Procura di Perugia , per le indagini sul caso Palamara. Il magistrato trapanese tanto caro all’antimafia siciliana, avrebbe chiesto, favori per la carriera di un amico
Secondo i due quotidiani, oltre alla vicenda relativa alla Procura di Torino, per la quale Petralia si era per tempo dissociato (ma che pure viene ora letta sotto un’altra luce), il nuovo Capo Dap sembra essere coinvolto direttamente nel “sistema” allorquando, tempo addietro, è ricorso ai favori di Palamara per raccomandare la nomina di un collega (peraltro anche a nome di sua moglie, Alessandra Camassa presidente del Tribunale di Marsala).
L’arrivo di Petralia al Dap, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, era stato salutato come una garanzia di esperienza e serietà. Ma ora si scopre che negli scorsi anni anche Petralia aveva chiesto l’aiuto di Palamara per conquistare un posto cui ambiva assai: la Procura di Torino, lasciata libera dal suo capo Armando Spataro nel dicembre 2018.
Per il posto di Spataro fanno domanda in quattordici, tra cui lo stesso Palamara. Petralia, per anzianità e curriculum, sembra di gran lunga il più titolato. Ma prima ancora che la commissione incarichi direttivi del Csm decida le proposte per il plenum, Petralia intuisce che la sparizione tra correnti rischia di tagliarlo fuori. Prima si sfoga telefonando a una collega, il giudice reggino Tommasina Cotroneo, che si precipita a chiamare Palamara: il quale le dice di rassicurare Petralia, «cercheremo di fare tutto il possibile che tutto vada bene». Ma sono promesse fatte d’aria. Petralia inizia persino a ricevere messaggi di «condoglianze» di colleghi che danno per scontata la sua bocciatura, e a quel punto chatta direttamente con Palamara. I messaggi si infittiscono fino all’ultimo sfogo, il 20 maggio 2019, quando Petralia si lamenta che nonostante i suoi «titoli oggettivi che nessun altro possiede» verrà scavalcato «per logiche antiche che pure questo Csm sosteneva di avere abbandonato».
Indubbiamente, non è certo un buon viatico per il nuovo Capo dell’Amministrazione Penitenziaria che rischia di essere messo in discussione o, quantomeno, depotenziato.
Ma chi esce ancora una volta in malo modo da questa vicenda è il Ministro Bonafede che sembra proprio non azzeccarne una.
Alfonso Bonafede ricorda un pò il protagonista di un famoso spot del vecchio Carosello: il frate Cimabue che, nei primi anni settanta, pubblicizzava l’amaro Dom Bairo.
Il fraticello, infatti, non ne azzeccava una e alla fine della storiella veniva sempre ripreso da tutti gli altri frati che gli cantavano il famoso ritornello: “Cimabue, Cimabue fai una cosa e ne sbagli due …”
Cimabue ogni volta rispondeva “Ma che cagnara … sbagliando s’impara”
E, invece, non imparava mai … come il nostro Ministro Bonafede.
Dopo l’addio del suo Capo degli Ispettori, del suo Capo di Gabinetto, del suo Capo Dap e, forse, del suo secondo Capo Dap, speriamo che Alfonso Bonafede non venga abbandonato anche dalla sua scorta, vedendosi costretto (magari) a guidare da solo la sua macchina blindata.
In un Paese normale …
Fonte: Penitenziaria.it