Giuseppe Gallinella e Pino Guastella raccontano nel loro sito DIARIO , l’esposto su Borrometi, giornalista scortato per i suoi articoli contro la mafia. Nell’esposto vengono fuori cose molto strane sull’attività del giornalista
Nell’esposto si parla di Borrometi e delle relazioni con il senatore PD,Lumia
Palermo. E’ stato consegnato nei giorni scorsi, un esposto alla Commissione Antimafia dell’ARS nei confronti del giornalista Paolo Borrometi. La notizia circolava da alcuni giorni, a darne l’ufficialità è il Gruppo parlamentare “Ora Sicilia” che ha sottoscritto e firmato la missiva.
Sebbene l’ inchiesta qui riportata, non ha mai smesso di cercare nuove verità sulle continue dichiarazioni, ancora prive di ogni riscontro, Paolo Borrometi continua imperterrito a raccontare le “sue inchieste” negando la legittimità di chi ha davvero condotto le indagini giornalistiche che lo hanno indotto a scrivere il libro “Un morto ogni tanto”.
A scatenare ulteriori dubbi sui racconti del giornalista è la reazione di un suo conoscente, il quale dopo aver ascoltato l’ennesima intervista ha rivelato dettagli importanti. Sulla vicenda dell’aggressione avvenuta nel 2014, il giornalista Borrometi ha sempre sostenuto che fu aggredito da due uomini in campagna.
La fonte, invece, sostiene che l’aggressione sia avvenuta non da due uomini a volto coperto e tanto meno in campagna ma bensì nella villa del nonno che si trova nella parte residenziale nuova di Modica e che difronte alla villa c’è un distributore di benzina corredato di telecamere. Paolo Borrometi non chiamò i Carabinieri ma un amico, funzionario di Polizia della Questura di Ragusa, il quale inviò una pattuglia a Modica per verbalizzare Paolo Borrometi.
Sempre secondo la fonte conoscente del giornalista, su quella vicenda non ci fu mai nessun risvolto e tanto meno nessuno ha chiesto di visionare le immagini di quelle telecamere. Inoltre lo Stato Italiano mantiene a Borrometi una vigilanza particolare: infatti pare che ogni volta che il giornalista si rechi a Modica, alcune ore prima dal suo arrivo, entra in azione un carro attrezzi per spostare le auto parcheggiate nei pressi dell’abitazione dei suoi genitori.
Ma a sollevare del tutto il vaso di Pandora è Rizza che potrebbe aprire un escalation di fatti che, a quanto pare, potrebbe mettere fine allo scellerato storytelling di Paolo Borrometi.
Di seguito l’esposto dei parlamentari del Gruppo ORA Sicilia alla Commissione Antimafia dell’ARS.
Al Presidente della Commissione di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia e della corruzione in Sicilia
La vicenda Antoci e le allarmanti similitudini con quella che riguarda il giornalista Paolo Borrometi.
Come è noto il giornalista modicano Paolo Borrometi vive da anni con una scorta assegnatagli (a spese dei contribuenti) per via di presunte minacce alla sua incolumità da parte di non meglio precisati ambienti della malavita organizzata.
Tre sono gli episodi che lo stesso Borrometi cita anche in un suo libro (Un morto ogni tanto).
Una aggressione subita a Modica da parte di sconosciuti per la quale avrebbe riportato lesioni alla spalla.
Un attentato incendiario alla sua abitazione di Modica, un fallito attentato con un’autobomba commissionato da elementi di spicco della criminalità organizzata di Pachino (SR) ed in paerticolare dal capo mafia Salvatore Giuliano e dal suo sodale Giuseppe Vizzini.
Questi episodi vengono ripetuti come un mantra ad ogni occasione dallo stesso Paolo Borrometi.
Da più parti sono stati sollevati dubbi su tutti e tre gli episodi.
L’aggressione subita a Modica, in epoca in cui il Borrometi non sembra fosse impegnato su particolari fronti delle inchieste antimafia, non ha dato luogo ad approfondimenti investigativi ed è rimasta semplicemente “narrata” dal Borrometi. Voci che circolano nella città di Modica non negano che l’aggressione ci sia stata ma l’attribuiscono a fatti “meramente” personali del Borrometi (si parla di un “giardiniere di famiglia ). Eppure questa aggressione è tra i fatti che sono stati presi in considerazione per l’attribuzione della scorta.
L’attentato incendiario subito dal Borrometi nella sua abitazione di Modica le cui proporzioni sono state gonfiate nel libro sopra citato.
Non è da capire cosa effettivamente sia successo. Di sicuro c’è che, secondo quanto si dice in diversi ambienti cittadini, sia stato dato alle fiamme, molto probabilmente con del liquido infiammabile, lo zerbino posto sull’uscio dell’appartamento situato ai piani alti di un condominio nel centrralissimo V.le Medaglie d’Oro. Non risulta attestata in atti di indagini la entità dell’incendio (sembra che si sia trattato di un fatto di estremamente limitate dimensioni. C’è però una considerazione da fare e riguarda la implausibilità di un gesto intimidatorio così limitato eseguito in un contesto molto complicato. Gli ignoti presunti autori del fatto si sarebbero introdotti nel condominio attraverso il portone condominiale (avevano le chiavi?). Si sono fatti aprire da qualcuno? hanno approfittato dell’ingresso di qualche altro comdomino? ) e avrebbero raggiunto dalle scale o con l’ascensore il pianerottolo di casa Borrometi, con il rischio assolutamente ragionevole di essere visti o notati da qualche condomino attesa anche l’ora tarda. Molte, ma molte ragionevoli perplessità sorgono sulla genuinità della narrazione del Borrometi sotto ogni punto di vista. Non possono essere avanzate ipotesi in proposito ma nulla consente di escludere un atto simulatorio.
L’autobomba di Pachino. Sul punto il Borrometi è smentito dagli stessi atti di indagine. Per una maggiore chiarezza sul punto si allegano alcune pagine di stampa che riguardano la vicenda comprese le dichiarazioni rese dai difensori del presunto mandante Giuseppe Vizzini (che ha pure denunciato per calunnia il Borrometi).
Fatto sta che per via di questi fin troppi dubbi episodi il giornalista Borrometi passa come un feroce oppositore della mafia, vittima delle organizzazioni criminali, costretto a vivere sotto scorta.
Ma questo è proprio il punto; si giustifica la scorta al Borrometi alla luce delle evidenti e fin troppo serie perplessità che riguardano le vicende dallo stesso narrate? Sono state attivate le ordinarie attività di indagini per ciascuno dei tre episodi sopra ricordati? Sono stati individuati responsabili o, anche solo, sospettati per la commissione di questi fatti?
L’impressione è che, come in tanti sostengono, che tutti questi episodi si inseriscono in un disegno volto a farsi attribuire la scorta.
E non possiamo non rammentare come la scorta a Borrometi sia stata invocata dal senatore Giuseppe Lumia in una interrogazione al Senato nel 2014 (non una inattesa complicazione nella sua vita, un fulmine a ciel sereno, come sostiene il Borrometi nel suo libro).
Ed il senatore Lumia ci porta ai fatti di questi giorni.
Il ruolo del senatore Lumia nella vicenda che riguarda il presidente del Parco dei Nebrodi Antoci in relazione a tutti i dubbi che sono stati sollevati dalla Commissione Antimafia dell’ARS nella relazione del 2-10-2019.
In quella relazione alla pag. 38 è riportato l’intervento effettuato dal senatore Lumia sul Sindaco di Cesarò Calì, che nei giorni successivi all’attentato all’Antoci aveva rilasciato dichiarazioni manifestando dubbi sull’esistenza di un piano mafioso per eliminare l’Antoci, attribuendo il fatto semmai alla malavita paesana. Il senatore chiamò direttamente il Sindaco Calì per “intimargli” di dire che si tratta di mafia: “ma che stai dicendo? L’attentato c’è stato… devi dire che c’è la mafia”.
Troppe sono le similitudini e anche le coincidenze tra le due vicende che guarda caso vedono, entrambe, protagonista “laterale” lo stesso senatore Lumia (il contesto politico in cui il senatore Lumia in quegli anni si muoveva anche con riferimento alla c.d. antimafia siciliana è stato oggetto di attenzione e compendiato negli atti del procedimento relativi al caso “Montante” recentemente ribadite dalla sentenza del GUP di Caltanissetta proprio sul caso Montante, della quale sono state pubblicate le motivazioni; interessanti in proposito sono i riferimenti anche al ruolo del ministro degli Interni dell’epoca, Angelino Alfano, ai rapporti con le prefetture del c.d. sistema Montante con l’apporto dello stesso ministro Alfano che, va ricordato, è il ministro della scorta a Borrometi).
Così le cose è lecito oggi avanzare più che un dubbio sulla genuinità delle narrazioni del Borrometi per quanto riguarda le vicende di presunti attentati nei suoi confronti connessi alla sua attività giornalistica e che sono stati determinanti ai fini della attribuzione di una scorta permanente a carico dei contribuenti.
A fronte di tanti dubbi, da più parti sollevati, il giornalista Borrometi si difende sbandierando il tentativo di delegittimazione della sua battaglia contro la mafia ritenendosi vittima delle solite “mascariate”: gli stessi argomenti (e le stesse parole) usati dall’Antoci dopo la pubblicazione della Relazione della Commissione Antimafia dell’ARS.
Allo stesso modo è lecito attendersi dalla Commissione Antimafia dell’ARS un serio approfondimento di queste vicende anche attraverso le audizioni dei magistrati e degli inquirenti che si sono occupati delle diverse sopra ricordate vicende e attraverso l’acquisizione degli atti di indagini e giudiziari relativi alle medesime vicende, nonchè dello stesso Borrometi e del senatore Lumia.
Occorre fare luce su tutta questa oscura vicenda che ci porta dentro il fenomeno della c.d. antimafia di facciata strumentalizzata per affari, gestione del potere e carriere.
(Il documento è firmato da otto deputati regionali del Gruppo parlamentare ORA Sicilia).