L’intesa alla Camera. Gli emendamenti dei dem ( e di Fi) al ddl dell’Ucpi puntano a stralciare solo il “temperamento” dell’obbligatorietà. I 5s gli unici a voler rinviare l’esame
Se passa la Legge un magistrato dovrà scegliere se far parte della magistratura inquirente o giudicante. Un sistema che funziona in paesi civili come gli USA. In Italia,con le leggi in vigore, magistrati che per anni hanno accusato , sono diventati poi GIP , GUP e giudici di Tribunale Ordinario. Insomma, da accusatore a giudicante
Sarà sorprendente. Eppure in Parlamento si è creata una maggioranza favorevole alla separazione delle carriere. Mercoledì, nella commissione Affari costituzionali della Camera, è scoccato il gong del termine per gli emendamenti, e tre forze di governo su quattro, Pd, Leu e Italia viva, si sono limitate a sollecitare lo stralcio solo di una parte del ddl costituzionale proposto dall’Unione Camere penali, quello relativo all’obbligatorietà dell’azione penale che, secondo il teso originario, dovrebbe essere esercitata «nei casi e nei modi previsti dalla legge».
Sul punto si dice d’accordo anche FI, il cui responsabile Giustizia, Enrico Costa, spiega di essere «consapevole del problema» ma anche di temere che «affrontarlo in questa sede possa indebolire il nucleo della proposta di legge». Sul resto dell’impianto c’è invece assai ampia condivisione. Perché i tre partiti di centrosinistra sopracitati sono d’accordo con FI, Lega e FdI a separare le carriere dei pm da quelle dei giudici, a sdoppiare il Csm, con un organo per i soli giudicanti e un altro per i requirenti, e a prevedere anche che in entrambi i Consigli i laici debbano essere pari ai togati, con i soli vertici della Cassazione a far prevalere di un soffio la seconda componente. Una rivoluzione.
E la notizia altrettanto clamorosa è che lo stesso il Movimento 5 Stelle, almeno nelle riflessioni lasciate trapelare dai suoi deputati della prima commissione, non è ontologicamente avverso alla proposta, per la quale i penalisti hanno raccolto, due anni fa, qualcosa come 73mila firme: «Siamo aperti al confronto, non siamo d’accordo sul metodo: discutere ora di una simile riforma vorrebbe dire affrontare aspetti dell’ordinamento giudiziario che in parte saranno trattati dal ddl Bonafede.
Parliamone dunque dopo che sarà esaminato quel ddl».
C’è insomma più un problema di competenza che di merito. Di sicuro c’è che il Pd, come spiega Stefano Ceccanti, è molto determinato a «sviluppare il principio costituzionale della terzietà del giudice». È il concetto chiave della riforma proposta dall’Ucpi. E ora sembra aver fatto davvero breccia tra i parlamentari.
Fonte: Il Dubbio