Insultare, denigrare o attribuire accuse senza riscontri ad una persona in pubblico o sui social network è reato. Conta anche il fatto della diffusione incontrollata. Chi riceve insulti o aggressioni mediatiche sul web cosa può fare?
La Cassazione chiarisce molti aspetti di chi usa i social anche per bullizzare o diffamare senza motivo e riscontri certi
Sono in aumento i casi di denuncia penale con l’aggravante del danno psicologico arrecato all’offeso e ai suoi familiari
La violenza psicologica è un reato, ed è un reato penale.
I danni psicologici arrecati sono molto gravi, specialmente in persone deboli o in difficoltà
Conservate i screenshot delle offese e denunciate
Il danno psicologico rappresenta un’alterazione dell’integrità psichica e dell’equilibrio di personalità provocata da un evento traumatico di natura dolosa o colposa, limitando fortemente l’esplicazione di alcuni aspetti della personalità nel regolare svolgimento della vita quotidiana
Di recente anche alcune sentenze hanno dato ragione a imputati triturati sui social prima di condanne o assoluzioni
Alcuni legali hanno avuto ragione su chi ha divulgato notizie sugli imputati in modo gratuito. Esistono i diritti dell’imputato alla difesa. Diritti che sono inviolabili e costituzionalmente garantiti. Denunciati atteggiamementi che nulla hanno a che fare con il diritto di cronaca
DENUNCIATE CHI VI OFFENDE O DICE BUGIE SUL VOSTRO CONTO
Che i social network siano (anche) una sorta di «discarica» in cui ognuno scrive quello che vuole, è risaputo. Quello che, a quanto pare, in molti ignorano è che proprio tutto-tutto non si può e non si deve scrivere, soprattutto se si manca di rispetto a qualcuno con insulti, notizie false o frasi ingiuriose. Vi sarà capitato di leggere sui social degli insulti più o meno pesanti a qualcuno. Anche le facili allusioni non riscontrate possono finire in Tribunale . Oggi esiste un nuovo fenomeno: il danno psicologico derivato dal “bullismo” mediatico e di chi si diverte ad infangare senza motivo. Se una persona è rimasta vittima di offese su Facebook per qualcosa che qualcuno ha scritto o condiviso in modo esplicito si può rivolgere alla Giustizia. In questi casi, cosa fare?
Questo atteggiamento arrogante e provocatorio, spesso fatto per gratuita cattiveria e non per onore della verità, di certo poco edificante, adesso si paga molto caro.
È la Cassazione, con una recente sentenza , a classificarlo come reato di diffamazione aggravata . In poche parole: scrivere su Facebook un’offesa a qualcuno può costare la reclusione da sei mesi a tre anni o una multa non inferiore a 516 euro.Inoltre, il malcapitato, può far valere anche le ragioni del danno psicologico procurato dalle pubbliche offese e ingiurie.Il danno personale si aggiunge alla diffamazione. Molte persone, dopo gli attacchi sui social immotivati si sono rivolti a centri per la cura della depressione
Non che i social non abbiano fatto qualcosa per evitare le offese su Facebook che comportano il rischio della diffamazione aggravata. Contro l’incitamento all’odio e al vilipendio,via web esiste un codice europeo sottoscritto dalla Commissione Ue ed dai principali attori della comunicazione sociale via Internet: Facebook, Youtube, Twitter e Microsoft. Social network e Unione europea, dunque, si sono schierati insieme contro le frasi offensive che partono dalla tastiera di un pc o di uno smartphone e che, purtroppo, qualche volta degenerano in violenza non virtuale ma reale. Se subite attacchi e offese , non state con le mani ferme. Denunciate
Offese su Facebook: quando sono reato
Affinché le offese su Facebook possano essere ritenute diffamazione aggravata, devono concorrere questi presupposti:
- che il soggetto destinatario delle offese sia ben individuabile;
- che le offese possano essere lette da più persone;
- che la diffusione delle offese possa avvenire in maniera incontrollata;
- che ci sia la chiara volontà di utilizzare delle espressioni oggettivamente adatte ad offendere il decoro, l’onore e la reputazione del soggetto preso di mira.
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Offese in un post su Facebook o in un gruppo chiuso
Di recente la Cassazione [4] ha confermati la condanna per un uomo, che aveva additato una serie di soggetti come “intrallazzatori”. Decisiva la stampa da cui emergono l’identificativo del gruppo sul social network e nome e cognome del mittente. Il principio che emerge dalla sentenza è chiaro: le offese in un post su Facebook o in un gruppo chiuso costituiscono diffamazione aggravata.
Fonte: Il Diritto