Contro il metodo del sospetto Il caos al Csm ricorda cosa si rischia quando il processo mediatico prevale su quello penale. Il CSM dimentica quante procure hanno usato il metodo della barbarie mediatica sugli indagati prima di ogni condanna.
Quali le ragioni della insolita timidezza mediatica di Davigo sul Csm?
Dopo averci abituato a continue interviste sui giornali e a presenze fisse nei talk show televisivi, l’ex pm di Mani Pulite, almeno fino a oggi, si è rintanato nel silenzio
Il disdoro dei complottisti del Csm non fa più male alla democrazia del moralismo di quanti, tra politici, intellettuali e giornalisti, si stracciano le vesti gridando, come fa Ernesto Galli della Loggia sul Corriere, “all’immagine devastante che esce dalle inchieste”. Tutti concentrati sul dito puntato contro lo scandalo, che sia la vendetta tra due magistrati rivali o piuttosto le pressioni e i ricatti tra le loro correnti politicizzate, ignorando però l’abisso che si apre di fronte a una società che processa gli indagati prima dei giudici. In questi giorni, si dice negli ambienti che i togati prendono appunti verso chi sta alimentando la comunicazione dello scandalo Palamara. Come dire: “occhio chi ti la fazzu pagari”. Il CSM sta subendo, un attacco generalizzato che in punto diritto è sbagliato, come lo è per ogni cittadino finito in indagini delle procure e massacrato mediaticamente prima di ogni sentenza. La strategia del sospetto è finita anche sulle toghe. Adesso stanno zitti(guarda caso) tutti gli eccellenti giornalisti o comunicatori che hanno dato linfa alla strategia del sospetto che più di cercare la verità cerca di colpire le persone
Fonte: il Foglio