A MeridioNews l’assicuratore di Mezzojuso affida una serie di riflessioni personali che raccontano il clima sociale sempre più difficile nella cittadina del palermitano. «Siamo di nuovo lì, a quel limite della decenza ormai valicato da tempo con tracotanza»
Nella lunga vicenda delle sorelle Napoli – le tre donne che da 20 anni sono ostaggio di intimidazioni sui terreni di proprietà tra Mezzojuso e Corleone – da un po’ di tempo si è inserito anche Salvatore Battaglia. Il giovane assicuratore di Mezzojuso negli ultimi tempi ha manifestato un’aperta solidarietà alle sorelle e una sponda continua alla trasmissione di La7 Non è l’arena, con l’intera squadra di La7 che lo scorso 6 gennaio gli ha regalato un’auto nuova dopo che ignoti il 30 dicembre avevano dato alle fiamme il suv appena acquistato (e non ancora finito di pagare). Ma questa presa di posizione, culminata con un sit-in lo scorso 20 gennaio, gli è valsa l’ostracismo della maggioranza della popolazione. Salvatore Battaglia ha scelto MeridioNews per diffondere un’accorata lettera che racconta sensazioni personali e un clima sociale sempre più difficile.
“Era la notte del 30 dicembre dello scorso anno, una notte fredda, dall’animo gelido e insensibile; una notte che ci ha visti danzare in preda a sconforto, rabbia e rassegnazione intorno al tetro falò di un’auto in fiamme. Una notte che più di ogni altra avrebbe segnato la mia vita e quella delle persone che amo. Materialmente poco è cambiato da quella notte, il gelo ci circonda e con esso l’insensibilità. Quando il gioco del lancio delle palle di sterco, le insinuazioni, il desiderio di vendetta e la solitudine ti colpiscono in prima persona, un’autobotte mai arrivata … tu declini il tutto appallottolandolo in un cestino consapevole di essere nettamente in grado si sopportare ben altro. Guardi e passi oltre di fronte anche al peggior attacco immotivato, ingiustificato,
Ti limiti ad osservare con ribrezzo una società impegnata nel dimostrare antiche teorie criminali, piuttosto che cercare di arginare un problema quanto mai attuale. Le vittime trasformate in carnefici, i giusti che si nascondono nell’ombra quasi impauriti da chissà quale repressione, mentre fuori tutto sembra valicare violentemente il limite della decenza. Così le disgrazie personali, le “decisioni estreme” diventano oggetto di sbeffeggio, di ironia, macabra ironia sia chiaro. Immagino che per molti sia difficile davvero difficile guardare la propria immagine riflessa e cercare di convincerla di aver conservato un briciolo di umanità nella propria anima, è quanto mai più sbrigativo far cadere nell’oblio il grido di chi senza contaminazione alcuna non ha problemi a definire agghiaccianti alcune espressioni registrare e trascritte. È triste, è avvilente, è laido ed esecrabile dover assistere alla totale inerzia istituzionale riguardo la vicenda, consapevole, oggi più che mai, che istituzioni politiche e sistema giudiziario non sempre sono mossi dagli stessi fini e dallo stesso desiderio di giustizia.
Quel desiderio inestinguibile che alberga dentro ad ogni persona onesta che calpesta ogni giorno questa terra. La solitudine che aleggia sulla vicenda che mi vede ahimè comparsa e non protagonista, mi porta a valutare con occhio vigile e timoroso quanto sta accadendo; ad oggi gli attacchi personali stanno coinvolgendo i miei affetti, i miei cari, coloro che mai hanno tentennato nemmeno per un secondo a starmi accanto e mi chiedo seriamente se questo sia umanamente ammissibile. Trovo riprovevoli gli attacchi contro una ragazza la cui unica colpa è amarmi, tacciata di menzogna, che da allora vive terrorizzata, nella paura che quella notte possa ripetersi e che con fatica sta tentando di recuperare la normalità. Le famiglie che proclamavano affetto sono le stesse famiglie che non solo hanno deciso di voltare le spalle a tutti noi, ma che hanno dato vita a vere e proprie faide familiari con ripercussioni che tutti colpiscono tranne me. Siamo di nuovo lì, a quel limite della decenza ormai valicato da tempo con tracotanza, chissà cosa potrà fermarvi adesso, chissà cosa potrebbe toccare la vostra anima, se ancora ne avete una, e permettervi di comprendere che forse quel limite era un checkpoint verso il quale è difficile ritrovare la rotta. La sofferenza profusa volontariamente, verso chi ha l’unica colpa di aver spostato il tappeto per mostrarne la polvere sotto di esso resterà nell’aria per molto tempo, un po’ come le ceneri di quell’auto bruciata in una fredda e insensibile notte”.