
Appalti pilotati, accusato il presidente della Regione Calabria
Per Oliverio, Pd, obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore. La replica del governatore: “Accuse infamanti”
COSENZA. Lavori pubblici lumaca per mero tornaconto elettorale, dirigenti regionali corrotti, politici spregiudicati, finanziamenti indebiti, imprenditori che non esitano a scendere a patti con i clan. E’ questo il sistema che per anni ha dettato i tempi delle opere pubbliche nel cosentino e ha messo nei guai il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, del Pd, accusato di abuso d’ufficio e per questo destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore.
Il governatore affida la replica a una nota: “Di fronte ad accuse infamanti ho deciso di fare lo sciopero della fame. La mia vita e il mio impegno politico e istituzionale sono stati sempre improntati al massimo di trasparenza, di concreta lotta alla criminalità, di onestà e rispettosa gestione della cosa pubblica. I polveroni sono il vero regalo alla mafia. Tra l’altro l’opera oggetto della indagine non è stata appaltata nel corso della mia responsabilità alla guida della Regione”.
Il procuratore della Repubblica Nicola Gratteri ha commentato: “Parlo con la tristezza nel cuore perche’ vedo questo rito che continuamente si verifica in Calabria: dover registrare quest’ennesima incompiuta, questo fallimento della ricostruzione della Calabria, che continua a essere, purtroppo ahinoi, l’Africa del Nord”. E ha continuato: “E’ spaventosa la facilita’ con la quale alti funzionari della Regione sono pronti e proni al potere dell’uno o dell’altro”.
Per la procura antimafia di Catanzaro, diretta dal procuratore capo Nicola Gratteri, il governatore avrebbe agevolato le scorribande imprenditoriali di Giorgio Barbieri, nome noto nel mondo dei grandi appalti del cosentino, già in passato arrestato come braccio economico del clan Muto di Cetraro e oggi nuovamente finito in manette. Rapporti che sono costati cari anche all’ex sindaco di Pedace, Marco Oliverio, destinatario di un provvedimento di obbligo di dimora. A fare da tramite fra la Regione e le ditte di Barbieri – ha scoperto la Guardia di Finanza – era Luigi Zinno, dirigente del dipartimento “Programmazione nazionale e comunitaria” della Regione, finito ai domiciliari. Ma nella bufera è finita anche Rosaria Guzzo, dirigente del settore Ragioneria, per ordine del giudice sospesa dall’incarico.