“Attività al “servizio” della mafia dei grandi appalti”
Il provvedimento conferma in parte il sequestro del 2013. Francesco Morici, morto poco tempo fa, e il figlio Vincenzo avrebbero fatto parte di un gruppo di imprenditori che per un decennio, grazie a Cosa Nostra, si sono aggiudicati molti appalti pubblici
Nel procedimento a carico della famiglia dell’imprenditore, i pm hanno fatto confluire le carte dell’inchiesta che ha coinvolto anche l’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì. Sempre secondo i Pm , i Morici, sarebbero stati “vicini” anche all’attuale assessore regionale, Girolamo Turano
Molti lavori vennero fatti quando a Trapani nasceva l’asse Fazio -D’ali’ che portò , nel 2008 ,all’elezione di Mimmo Turano a presidente della Provincia con il sostegno di Calogero Mannino
I Morici hanno gestito a Trapani lavori pubblici per decine di milioni: dal porto alla funivia. Furono coinvolti nel 2013 nell’operazione “Corrupti Mores” che motivò l’intervento di Montante, attualmente in carcere.
L’operazione fu condotta da due poliziotti che seguivano l’insegnamento di Falcone
Le indagini coordinati da Giuseppe Linares , dall’ex Questore Carmine Esposito, ed al Comandante Pietro Calabrese del Nucleo GdF di Trapani portarono al sequestro di beni e di attività su imprenditori che hanno messo le mani su grandi lavoro con la complicità della politica e delle istituzioni. I Morici fecero parecchie commesse per l’America’s cup
L’allora presidente di Confindustria Sicilia Antonello Montante per la brillante operazione denominata “Corrupti Mores”, eseguita da Agenti di Polizia della Divisione Anticrimine della Questura e da Finanzieri del Nucleo di P.T: della Guardia di Finanza di Trapani disse:“Il sequestro di tali beni, peraltro in diverse città italiane, – dichiara Montante – conferma quanto ancora pervasiva e condizionante sia la criminalità mafiosa nelle fasi di aggiudicazione di appalti, di esecuzione di opere pubbliche e di forniture, inquinando la libertà di mercato e arrecando ulteriore e grave danno anche alla finanza pubblica”.
La Polizia e la Guardia di Finanza di Trapani hanno confiscato 52 appartamenti, 9 villini, 11 magazzini, 8 terreni, 19 garage, autovetture, conti correnti e società, per un valore stimato di circa 21 milioni di euro, a carico di due imprenditori ritenuti essere stati collusi con esponenti delle “famiglie mafiose” della provincia, attivi nell’edilizia, che hanno operato nel settore dei lavori appaltati da enti pubblici in Sicilia su mandato del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Il provvedimento è stato emesso a conclusione di analisi condotte dai poliziotti della Divisione Anticrimine svolte congiuntamente dalla Divisione Anticrimine e dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani.
Le indagini hanno evidenziato l’appartenenza dei due ad un gruppo di imprenditori che “Cosa nostra” ha utilizzato, su mandato del “rappresentante provinciale” Matteo Messina Denaro per esercitare, per oltre un decennio, il condizionamento nelle fasi di aggiudicazione di appalti, nell’esecuzione delle opere e nelle forniture.
In particolare, il vertice mafioso, gestiva tramite gli imprenditori, i meccanismi di controllo illecito sull’aggiudicazione dei lavori pubblici e sulla esecuzione dei lavori, prevedendo che l’impresa aggiudicataria versasse una percentuale ai funzionari pubblici corrotti ed alla famiglia mafiosa di Trapani.
Fonte: Meriodione news , La Sicilia, Blog