Le inchieste, le chiacchiere, i fatti e i collegamenti con la famiglia di Castelvetrano
Rimangono una montagna di dubbi su tante vicende
Unica certezza : alcuni politici hanno fatto il doppio gioco e la magistratura non è stata sempre attenta
La lunga storia della famiglia D’Ali di Trapani, finisce pure, per incrociarsi , stranamente, con i destini storico-mafiosi di Castelvetrano
I D’Alì di Trapani svolsero , negli anni, numerose attività mercantili e imprenditoriali, associandosi anche ad altre famiglie della borghesia trapanese, a partire dalla proprietà di imbarcazioni e dal commercio del corallo e del tonno. Giusto precisare che ci furono diversi rami familiari e con percorsi imprenditoriali diversi. Nei secoli ,alcuni D’Ali, comprano feudi a go go . Uno di questi feudi è quello di Castelvetrano. I D’Ali compratori, erano potenti banchieri e latifondisti
I D’Alì e la Banca Sicula
La Banca Sicula di proprietà era, con altri soci come i Burgarella, della famiglia D’Alì , che ne ha detenuto dal 1895 sempre la presidenza, prima con Giulio D’Alì Staiti, fino al 1933, cui successe Giacomo D’Alì Staiti, fino al 1976.. Negli anni 90 la banca fu venduta per decisione dell’ex senatore, oggi sotto processo
A Castelvetrano, è legata la vicenda della potente famiglia del senatore D’ali, Un punto debole nella gestione politica ed economica che i magistrati hanno toccato per mettere sotto processo l’ex senatore Tonino D’alì
l’ex moglie e il sacerdote amico di sempre dell’ex senatore, lo metteranno in difficoltà con gravi affermazione che, guarda caso, si legano anche a Castelvetrano.
CASTELVETRANO CAPITALE DI TANTI INTERESSI OCCULTI
Come per altre famiglie potenti della zona ,la storia dei d’alì , si intersecherà con quella della famiglia Messina Denaro e con Castelvetrano . I d’Ali hanno sempre avuto anche ottimi rapporti con la borghesia di Castelvetrano.
Amici da sempre con la famiglia dell’ex senatore Beppe Bongiorno. Amici “politici” di ex consiglieri provinciali di F.I. come Mattozzi e Rizzo . L’elenco è lungo . Per capire la forza di D’Ali su Castelvetrano è opportuno ricordare la candidatura dell’ex senatore Bongiorno contro l’ex presidente Giulia Adamo alla provincia di Trapani, per il secondo mandato, rea, forse di non avere chinato il capo all’amico Tonino che mette in campo Giulia Adamo insieme a Massimo Grillo nel lontano 1998.
Una candidatura quella di Bongiorno che sapeva solo di vendetta e che fece fare una pessima figura all’ex sindaco
I d’Ali, però, a Castelvetrano ,erano anche legati a diverse attività e alla presenza dello sportello bancario dove lavorava anche il fratello di Matteo Messina Denaro. La Banca Sicula a Castelvetrano, per anni , fu sede della tesoreria comunale. Molti i clienti del mondo economico legato agli appalti con il comune e con altri settori
Nel corso del lungo cammino politico di Tonino D’alì spuntano le dichiarazioni dell’ex moglie e del suo amico sacerdote
Mons. Treppiedi ai Pm del processo per concorso esterno in associazione mafiosa al senatore Antonio D’Alì, di qualche anno fa sono molto pesanti
MONSIGNOR TREPPIEDI RACCONTA AI PM DI TRAPANI
LE CONFIDENZE RICEVUTE DA ANTONIO D’ALI`
Il sacerdote rivela confidenze inquietanti ricevute dal senatore D’Ali`Ai pm, don Antonino Treppiedi racconta di essere stato utilizzato da D’Ali` anche per dare di se´ l’immagine del cristiano modello, oltreche per “condizionare testimoni” forte del segreto confessionale come nel caso di Camillo Iovino di Fi, sindaco di Valderice (poi condannato per favoreggiamento). D’Ali` sapeva che era stato intercettato l’imprenditore Coppola, in carcere per mafia, mentre chiedeva al nipote di avvicinare Iovino affinche´gli riferisse che i suoi affari dovevano essere ancora garantiti.“Incontra Iovino nella chiesa di Valderice, digli che deve dichiarare che non ha mai parlato con il senatore D’Ali` di questa segnalazione tranquillizzandolo che il senatore sapra` come comportarsi con lui”.
LA VENDITA FITTIZIA. La cessione a Messina Denaro dei terreni di contrada Zangara, secondo l’accusa, cela il riciclaggio di 300 milioni di lire attraverso la Banca Sicula. Treppiedi racconta di aver assistito al colloquio tra l’avvocato Bosco e D’Ali`in cui, commentando le imputazioni formulate dalla Procura dicono che i magistrati non hanno compreso tutta la vicenda perche´ “se avessero ben capito noi la prenderemmo nel culo ”.
LA BANCA SICULA.Sulla vendita della banca della famiglia D’Ali` alla Comit – su cui indagava l’allora capo della Squadra Mobile di Mazara del Vallo , Rino Germana`, fidato collaboratore di Borsellino, scampato all’attentato per mano di Cosa Nostra, dopo la strage di via D’Amelio – il sacerdote racconta: “Gli chiesi:avete preso bene allora dalla vendita della Banca Sicula? Mi rispose inarcando il sopracciglio: non lasciarti impressionare da quella cifra, in realta` le somme erano minori, perche´ c’erano delle spettanze a cui fare fronte. Mi accenno` a una compagine imprenditoriale di Mazara del Vallo che aveva investito dei capitali nella Banca Sicula in maniera non ufficiale, mi disse che si trattava di un gruppo di soggetti fra cui Agate
L’EX MOGLIE.
Treppiedi ai PM svela i motivi che hanno indotto l’ex moglie del senatore D’Ali`, Maria Antonietta Aula a ritrattare l’intervista a Il Fatto Quotidiano, che spiegava dei rapporti tra Antonio D’Ali` e la famiglia mafiosa Messina Denaro.
“Quando nell’ottobre del 2009 fu pubblicata l’intervista vi fu fribrillazione. D’Ali` mi disse che era “una pazza e una cretina” che si era lasciata irretire dalla giornalista – tale Sandra Amurri – che l’aveva intervistata, rivelando una serie di circostanze di famiglia, non contestandone tuttavia la veridicita`.Con riferimento ai regali reciproci con la famiglia Messina Denaro disse che si trattava di regali di circostanza e che, anche se effettivamente i Messina Denaro avevano donato un oggetto di pregio in occasione delle sue nozze, la famiglia D’Ali`, in ogni caso, aveva di gran lunga beneficiato i Messina Denaro in tanti modi”.
Treppiedi affonda i colpi :“Convoco` a Trapani il figlio Giulio gli spiego`che le dichiarazioni della madre erano gravissime sotto il profilo morale perche´ rivelava fatti veri ma che non dovevano essere divulgati perche´ appresi durante il matrimonio; riteneva che queste dichiarazioni potessero danneggiarlo nella sua posizione di indagato per mafia. Ricordo che il colloquio ebbe toni drammatici,a un certo punto D’Ali` grido`quella mi vuole mandare in galera, chiedendo al figlio di intervenire sulla madre perche´ desistesse da qualsiasi altra dichiarazione” Poi D’Ali`, continua il sacerdote a verbale “chiese al figlio di verificare se la madre possedesse ancora il telegramma (inviatogli dal boss Virga dal carcere come rivelato a Il Fatto). Prima gli disse: se ha una copia strappala subito, anzi no, meglio che te la fai consegnare la porti qui e poi la strappiamo”. Fece predisporre una bozza di smentita, che fu consegnata alla Aula perche´ la divulgasse”.
I coniugi D’Ali` chiesero al sacerdote di dire alla ex moglie che se parlava rischiava di incrinare il rapporto con il figlio”. Ma lui si rifiuto`.
L’ex moglie nella lettera al Fatto Quotidiano
LE CONDOGLIANZE DI FILIPPO GUTTADAURO frequentatore del Circolo della Gioventù
Due telegrammi, li apre e con l’indice mostra il timbro di provenienza e la data: ufficio postale di Castelvetrano, 2 novembre 1983, intestati a dottor Antonio D’Alì , corso Italia 108 Trapani: ‘Sentite condoglianze, Fam. Guttadauro Filippo’ e ‘Sentite condoglianze, famiglia Messina Denaro Francesco’.
In quella data già Don Ciccio era diventato già il capo provinciale di Cosa Nostra, sostituendo Mariano Agate che era in carcere
Hanno inviato al marito le condoglianze per la morte di suo padre, poi l’ex moglie aggiunge con un sorriso ironico: “Spero che li abbia anche ringraziati”.
Il prete riprende a parlare dei Messina Denaro.“Nel 1988, sì, cinque anni dopo la vendita di Zangara, lessi sui giornali che Francesco Messina Denaro si era dato alla latitanza con l’accusa di essere il capomafia di Trapani. ‘Tonino, hai letto don Ciccio è un capomafia, ma tu lo sapevi?’, chiesi avvicinandomi a lui con il giornale in mano.
Risposta di D’Ali alla ex moglie : ‘Antonietta cara, non lo sai i giornalisti come sono, devono pure scrivere qualcosa’. Don Ciccio era un uomo rispettato da tutti, anche dal prefetto di Milano, Amari, a cui faceva la raccolta delle olive”
Francesco Messina Denaro , già sorvegliato speciale perché sospettato di numerosi fatti di mafia, che non potevano non essere noti, alle forze di Polizia . Il prefetto della Repubblica, in aggiunta di Castelvetrano, non lo sapeva?
“Era un uomo gentile, sua moglie Lorenza, un’ottima cuoca, faceva il pollo nel forno a legna come nessuno, una donna forte, i figli ne avevano soggezione. Matteo era un ragazzino vivace, occhi verdi trasparenti taglio orientale, molto bravo a scuola, che mi chiamava signora Antonietta. L’ultima volta che l’ho visto avrà avuto circa 20 anni, credo”.
Un racconto: “Siamo andati a Zangara finché Tonino, inaspettatamente, dopo aver appena impiantato una nuova vigna, decise di vendere il terreno”, “Finché c’è stato lui in campagna non è mai successo niente, poi da quando sono rimasta sola ho subito due attentati intimidatori che ho denunciato. Uno nel 2001, quando mi hanno rubato il gruppo elettrogeno dall’azienda agricola in contrada Fulgatore, facendo restare a secco il vigneto”.
L REGALO DI NOZZE DI MESSINA DENARO
“Non lo avevo mai visto, non c’era accanto al vassoio d’argento massiccio, costato sicuramente oltre un milione, che Tonino portò a casa mia per esporlo accanto agli altri regali di matrimonio”, racconta.Maria Antonietta Aula, Picci per gli amici, quando racconta il suo momento nuziale
“Gliel’ho restituito il vassoio dei Messina Denaro quando se n’è andato via. Non lo voleva, l’ha preso dopo aver insistito, in fondo era roba sua; perché sarebbe dovuto restare a casa mia?” Spiega davanti ad una tazza di caffè caldo, marmellata di arance fatta da lei, sedute nel parco di Villa Pilati. Un’antica dimora seicentesca, trasformata in bed and breakfast, immersa nella natura, tra palme secolari, agrumeti, cascate di bougainvillea in fiore, che si affaccia sul mare di Bonagia, a pochi chilometri da Trapani.
“Questo, invece, è firmato Filippo e Rosalia Guttadauro, ma il loro regalo non ce l’ho presente; forse Tonino non l’ha esposto, oppure l’ha fatto senza dirmi di chi fosse”, continua a raccontare la signora Picci mentre sfoglia la rubrica dove il marito registrava tutti i regali ricevuti. Alla lettera G esclama: “Non c’è! Che strano, eppure il biglietto è qui! Ricordo molto bene il matrimonio di Rosalia e Filippo Guttadauro alla Favorita di Marsala, più di 700 gli invitati. La mamma della sposa, la signora Lorenza Messina Denaro in cappello, una sfilza di doppiopetti rigati, musica e fiumi di champagne Cristall. C’erano Cuffaro, Dell’Utri, Mannino”. Rosalia è la sorella maggiore di Matteo Messina Denaro. Suo marito, Filippo Guttadauro, medico di Bagheria, è il referente di Matteo Messina Denaro per la provincia di Palermo, si interessava alle sorti politiche di Cuffaro. Ora è in carcere, condannato a 16 anni. “Con me a fare la spesa veniva sempre Patrizia, la sorella più piccola. Matteo da bambino l’ho tenuto sulle ginocchia, erano i figli di don Ciccio, che abitava nella casa a fianco alla nostra a Zangara, dove ci trasferivamo per la vendemmia” dice mentre continua a sfogliare la rubrica.
Fonte: il Fatto, documenti web
Il Circolaccio