Le vergogne dei quotidiani di sicilia non conoscono limiti.
In questi giorni, il Giornale di Sicilia di proprietà , fino a pochi mesi fa, della famiglia Ardizzone vicina alla massoneria palermitana, con i soldi di un “eterno sconosciuto” pubblica ancora una volta, il necrologio sul boss defunto ,Francesco Messina Denaro
Nel 1985, invece un grande “atto” di civiltà giornalistica, lo compie “La Sicilia” di Catania che respinge la pubblicazione del necrologio per l’omicidio del commissario Beppe Montana, in occasione del trigesimo. Ogni possibile aggettivo sull’ accaduto , non potrebbe mai dimostrare la nostra indignazione sulla scelta dei responsabili di allora.
Nella foto di copertina il documento che attesta il rifiuto
Estate 1985. Gli italiani fischiettavano per le strade gli ultimi successi della stagione: L’estate sta finendo dei Righeira e Ragazzi di oggi di Luis Miguel. Madonna conquistava i primi posti nelle classifiche delle hit parade mondiali. Pagando con una banconota da mille lire, si poteva acquistare il quotidiano e bere un caffè al bar.
Francesco Cossiga era stato eletto Presidente della Repubblica, succedendo all’amatissimo Sandro Pertini; il Presidente del Consiglio era l’onorevole Bettino Craxi, mentre Giulio Andreotti era ministro degli Esteri.
Foto del commissario Beppe Montana
A Palermo si iniziava ad allestire l’aula bunker dell’Ucciardone, dove si sarebbe tenuto il primo maxiprocesso alla mafia: 456 imputati alla sbarra, tre gradi di giudizio e la sentenza, il 30 gennaio 1992, della Cassazione che sancirà l’esistenza di un’organizzazione criminale di stampo mafioso denominata “Cosa nostra”.
Fu nell’estate 1985 che i giudici Borsellino e Falcone furono mandati sull’Asinara per preparare l’istruttoria del maxi processo; un esilio per il quale lo Stato chiese loro le spese di vitto, alloggio e consumi delle utenze.
Le loro figure dividevano l’opinione pubblica; se da un lato Falcone poteva dichiarare che i cittadini facevano “il tifo per noi”, dall’altro c’era chi si lamentava delle sirene spiegate delle auto della scorta, o etichettava i giudici come persone assettate di manie di protagonismo. Il Paese discuteva sull’esistenza o meno delle mafie, nonostante pochi mesi prima, il 2 aprile, si fosse consumata la strage di Pizzolungo alla quale scampò il giudice Carlo Palermo ma nella quale morirono Barbara Rizzo e i suoi gemellini Salvatore e Giuseppe, di sei anni. Il 23 settembre di quello stesso anno, a Napoli sarebbe stato ucciso il giovane giornalista Giancarlo Siani.
A Palermo, nell’estate 1985 la mafia continuava a versare sangue innocente per le proprie strade.
L’omicidio di mio fratello Beppe Montana si consumò il 28 luglio. Fu raggiunto alle spalle da diversi colpi di pistola – una Magnum 357 – mentre si trovava con la fidanzata a Porticello (frazione del comune di Santa Flavia), nei pressi del porto dove era ormeggiato il suo motoscafo. Il giorno dopo avrebbe dovuto iniziare le ferie. Una settimana prima, Beppe aveva condotto un’operazione che aveva portato all’arresto di otto persone appartenenti alla famiglia di Pino Greco detto Scarpuzzedda, che però riuscì a non essere sul luogo dell’operazione. Il funerale di Beppe Montana coincise con il primo atto pubblico del neo eletto sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che avrebbe dato vita alla cosiddetta “primavera di Palermo”. In occasione del trigesimo dell’omicidio di Beppe, mio padre chiese la pubblicazione, a pagamento, nella rubrica dei necrologi, del seguente testo: “La famiglia con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio di Beppe Montana – commissario di P.S. – rinnovando ogni disprezzo alla mafia e ai suoi anonimi sostenitori”. Incredibilmente, l’impiegato del giornale La Sicilia gli rispose che sarebbe dovuto andare a chiedere alla direzione l’autorizzazione per la pubblicazione; al suo ritorno, affermò categoricamente a mio padre che il testo veniva respinto allo sportello su insindacabile disposizione del direttore, Mario Ciancio Sanfilippo. (Nella foto, il documento originale)
Fonte: Antimafia
IL Circolaccio