Quei furbi che si nascondono dietro le loro cariche e il loro moralismo, perché non vengono stanati, e continuano ad avere stipendi e prebende, pur lavorando contro lo Stato? Mi ribellai quando, pochi giorni prima delle elezioni regionali, dopo la presentazione delle liste, un organo la cui denominazione solleva sospetto, la Commissione antimafia del Parlamento, presieduta da Rosy Bindi, rese noto un elenco di impresentabili, con l’intendimento di farli espellere dalle liste e mettere sull’avviso gli elettori. Fra i nomi segnalati dall’antimafia, c’erano Vincenzo De Luca, candidato alla presidenza della Campania, e Sandra Lonardo in Mastella, moglie di Clemente.

Per lei la magistratura aveva emesso un provvedimento cautelare che non le consentiva di risiedere in Campania, letteralmente un provvedimento restrittivo, se non carcerario. E comunque ai limiti dell’assurdo. Oggi però, oltre che assurdo, appare criminale, perché la Lonardo è stata prosciolta dall’ipotesi di reato che la vedeva indagata per presunte irregolarità nelle nomine della sanità. Dunque, la Bindi aveva torto, aveva abusato del suo potere, o lo aveva usato in modo irresponsabile. La costruzione di Rosy Bindi era infondata, calunniosa, diffamatoria, e per di più declinata dal colle più alto dell’antimafia. Quali rilievi, quali indagini, quali approfondimenti , se non la pura propaganda della secca contrapposizione bene/male, muovevano la Bindi? Se avesse fatto un accertamento degli indizi sarebbe probabilmente arrivata prima alle stesse conclusioni del tribunale di Napoli. Invece ha preferito diffamare, infangare, avvantaggiandosi della credibilità della sua commissione, che era arrivata a presiedere per una combine di partiti. La sua nomina, piuttosto, deve destare sospetti. Sandra Lonardo, dopo dieci anni di inchieste e di cattiva reputazione, oggi è assolta, e chiede: «senza nessuna condanna, Rosy Bindi dovrebbe dimettersi se ha una coscienza. Ma non ne ha. Ha giocato con la vita delle persone. Quantomeno dovrebbe chiedermi scusa». Le scuse non risultano, ma risulta che la Mastella, persa la credibilità, senza colpa, ha abbandonato la politica, mentre Rosy Bindi, colpevole, con il dolo della diffamazione, perseguita con personale accanimento, è ancora (per poco) in Parlamento, e continua la sua attività con mancanza di rispetto per le dignità delle persone. E guadagna, prima di avere il vitalizio, almeno 17.000 euro al mese di indennità. Più o meno come Di Maio, candidato premier, di cui non si conosce un pensiero che non sia una ovvietà.

@VittorioSgarbi