IL PIL NON CRESCE PERCHÈ GLI INVESTIMENTI DEGLI ENTI LOCALI LANGUONO
Mancati investimenti nei comuni sono diminuiti di oltre il 70 % della disponibilità finanziaria, in virtù anche della legge di stabilità
La disoccupazione aumenta e strade e infrastrutture in Sicilia sono in pieno degrado e m liardi di Euro non vengono spesi
A Castelvetrano l’acquedotto e fognatura sono da anni 50
lL PIL italiano non cresce allo stesso ritmo dei maggiori Paesi industrializzati?
Colpa, anche, dei tagli orizzontali praticati alla finanza locale nell’ultimo decennio. Lo dice un interessante reportage a firma di Alberto Crepaldi
Le politiche sbagliate degli ultimi governi hanno finito per far calare la mannaia sugli investimenti pubblici, gestiti, per 2/3, proprio dalle Amministrazioni periferiche. É quanto emerge da un’articolata analisi condotta dal Centro Studi di Cassa Depositi e Prestiti nell’ultimo “Rapporto sulla finanza locale” , con cui è stata indagata la correlazione tra investimenti e Prodotto Interno Lordo.
Che l’Italia, pur in presenza di timidi segnali di ripresa degli ultimi mesi, corra più lentamente di altri Paesi, non è un mistero. L’ultima conferma è arrivata dal rapporto dell’Ocse reso pubblico negli scorsi giorni fa: assunto 100 come valore di riferimento nel 2010, l’Italia, nel secondo trimestre, ha raggiunto 99,1 punti di PIL, mentre la media Ocse è pari a 113,3 punti (riferita, però, al primo trimestre). Nella fotografia degli ultimi sette anni, poi, solo la Grecia è alle nostre spalle, con 81,6 punti, la Germania segna invece 112,6 punti, la Francia 107,6, il Regno Unito 114 punti e gli Stati Uniti 115,2.
Le debolezze strutturali che incidono sulle dinamiche di crescita e che nelle classifiche annuali, come quella della World Bank, ci relegano nelle retrovie, sono note. Ma, come evidenzia l’approfondimento di Cdp, ci sono anche ragioni legate a discutibili scelte di bilancio. A partire da quella, perseguita con forza negli ultimi anni – e che, come vedremo ha ridotto drasticamente la propensione all’investimento – di consolidare il fragile equilibrio dei conti con una riduzione della spesa pubblica, che ha riguardato esclusivamente il livello perifericodell’Amministrazione Statale. Scrive Alessandro Melini, uno degli autori del Rapporto sulla finanza locale di Cdp: “tra il 2007 e il 2016, le Amministrazioni pubbliche (AP) italiane hanno visto aumentare lo stock del loro debito di 612 miliardi, passando da 1.605 a 2.217 miliardi di euro (+38% circa) nel periodo considerato […] L’aumento dello stock di debito delle AP è stato interamente generato dalle Amministrazioni centrali (AC), il cui debito è cresciuto di oltre 634 miliardi di euro nei nove anni considerati (+42%), mentre le AL hanno abbattuto il debito di loro competenza di circa 22 miliardi di euro (-20%)”.