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Caltanissetta, ritrovate le bobine dell’inchiesta (insabbiata) su mafia e appalti. Il maresciallo che indagò: “In quelle intercettazioni ci sono boss, manager e politici”
Dopo 30 anni di depistaggi vari e la negazione di questo dossier da parte di alcuni Pm palermitani impegnati in altre piste rivelatesi sterili, dalla lista dei pezzi mancanti dell’antimafia deve essere depennata una voce importante: sono state ritrovate le intercettazioni della procura di Massa Carrara che nel 1991 svelavano le infiltrazioni di mafia nelle cave gestite dal Gruppo Ferruzzi. Per intenderci quelle intercettazioni che potrebbero fare luce anche sui veri mandanti di stragi e omicidi eccellenti. L’inchiesta, grazie ai Pm di Caltanissetta va avanti. Cosa si trova nelle bobine? Possiamo solo sperare che ci dicano la verità. Una verità che manca da troppi anni e che forse Matteo Messina Denaro conosceva.
Anche se la stampa antimafia non parla , è opportuno ricordare che l’inchiesta di Caltanissetta ha coinvolto magistrati e poliziotti.
È sempre più avvolta nel mistero l’indagine che vede il coinvolgimento, con l’accusa di aver favorito Cosa nostra, dell’allora pm del Pool di Palermo Gioacchino Natoli. Tutto ruota intorno alla dicitura “e la distruzione dei brogliacci”, aggiunta a penna nel provvedimento a firma dalla stesso Natoli e con cui si disponeva la smagnetizzazione, per il loro successivo riutilizzo, delle bobine utilizzate nel procedimento nei confronti dei boss Antonino Buscemi e Francesco Bonura. I magistrati di Caltanissetta sono convinti che sia stato proprio Natoli ad apporre tale indicazione sul provvedimento, depositato in cancelleria il 26 giugno del 1992, con lo scopo di “occultare” elementi che avrebbero provato la responsabilità dei due boss mafiosi nell’inchiesta su uno dei filoni di “Mafia e appalti”. A quanto pare, Natoli, viste le accuse dei suoi colleghi, non riuscì a completare il suo piano, visto che le bobine adesso sono state trovate.
Natoli lo scorso gennaio a tal riguardo aveva mandato una nota a Caltanissetta nella quale puntava invece il dito su Domenico Galati, responsabile amministrativo dell’ufficio intercettazioni della Procura di Palermo, negando di essere lui l’autore materiale di quella frase scritta a penna. Galati aveva però successivamente smentito le accuse mossegli da Natoli, affermando che quella non fosse la sua grafia. Il fascicolo, come ricordato la scorsa settimana sull’Unità, era nato da una informativa trasmessa a Palermo dal pm di Massa Carrara Augusto Lama. Il magistrato aveva scoperto che due aziende, la Sam (Società apuana marmi) e la Imeg (Industria marmi e graniti) erano legate alla Calcestruzzi Ravenna Spa del gruppo Ferruzzi-Gardini, di cui amministratore unico era il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonino e Salvatore Buscemi, fedelissimi di Riina. Lama inviò dunque una nota alla Procura di Palermo affinché approfondisse la circostanza, chiedendo anche di effettuare intercettazioni telefoniche ad iniziare proprio dalle utenze di Buscemi. Natoli, dopo poche settimane, terminati gli accertamenti aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione dal gip, disponendo successivamente la distruzione dei nastri, “perché le intercettazioni avevano dato esito negativo ed era prassi che i supporti dovessero essere recuperati per altre indagini”. In questa vicenda si inserisce anche il pentito Angelo Siino. amico dei Messina Denaro che a Castelvetrano, dentro il comune faceva il bello e il cattivo tempo con gli appalti. Fu lui a portare la Saideb
L’ex pm, oltre all’accusa di favoreggiamento alla mafia, è adesso accusato anche di calunnia nei confronti di Galati, in pensione dal 2014.
Quante bugie hanno raccontato in questi anni?
Ass. Verità e giustizia