Fu arrestato a Palermo, Filippo Guttadauro nel luglio del 2006. L’uomo, fratello di Giuseppe Guttadauro, capomafia di Brancaccio, è stato considerato il “portavoce” del boss latitante Matteo Messina Denaro.
Castelvetrano era la sua seconda città. Nonostante la condanna per associazione mafiosa, finita di scontare alla fine degli anni 90, Guttadauro con estrema scaltrezza, si era infiltrato bene nei gangli del tessuto sociale ed economico di Castelvetrano.
Nel periodo del suo massimo potere a Castelvetrano si spendono decine e decine di milioni di Euro tra lavori pubblici, legge 488 e nuove attività imprenditoriali. Nasce l’area commerciale e artigianale di Contrada Strasatto
Lui frequentava tutti: politici, professionisti, imprenditori, gente di cultura. Filippo, sempre elegante, tutto griffato, con una discreta cultura, non era uno qualunque. Matteo Messina Denaro lo sapeva bene. Di lui si fidava. Guttaduro oltre ad ingraziarsi il cognato ,riuscì pure ad essere “bene accetto” presso il circolo dei notabili di Castelvetrano. Frequentava il “Gioventù” quasi tutti i giorni. Era di casa. Amava giocare a carte. Chi lo ricorda ne parla come un uomo distinto che amava la buona conversazione con gli astanti e apprezzava i tavoli da gioco impegnativi. Fin qui nulla di particolare. La questione si complica se si tiene in considerazione ciò che ha detto Giuseppe Grigoli al Processo di Marsala del 2010. “Mio compare Filippo mi portava gli ordini di Matteo e io li eseguivo”. spiegò Grigoli ai giudici di Marsala. Gli ordini dati all’ex titolare del gruppo 6 GDO sono noti e si trovano agli atti del processo che portò alla condanna dell’imprenditore. Quello che rimane nel mistero e sui non esiste indagine sono i dialoghi che Guttadauro fino al luglio 2006 mese in cui finisce in carcere per la seconda volta intratteneva con la cosiddetta “Castelvetrano bene”.Possibile che il portavoce di Messina Denaro disponesse obblighi e regole solo a Grigoli e a qualche imprenditore della zona? Secondo quanto asserisce Grigoli, le disposizioni di Guttadauro su suggerimento di Matteo “lu siccu” , erano legge per tutti.
E allora ,se la matematica non è un opinione, è possibile ipotizzare che Guttadauro, attraverso relazioni fidate con l’alta borghesia castelvetranese impartisse ordini e provvedimenti da attuare, anche in altri ambiti della vita comunale? Sarebbe davvero opportuno capire se Guttadauro avesse certe influenze anche su politici e professionisti locali. Se la versione di Grigoli è corretta sarebbe necessario capire chi erano gli amici con la giacca elegante di Guttadauro e che cosa hanno fatto nell’interesse della famiglia mafiosa di Castelvetrano. E queste “giacche eleganti” ricevono ancora ordini?
Di certo Guttadauro non andava dietro a morti di fame e a poveracci.
Sceglieva con occhio mirato le sue conoscenze e sapeva molte cose del “palazzo” che riferiva al cognato. Contava , tra le sue amicizie, anche diversi politici locali che ovviamente avevano un certo potere. Possibile anche che sostenesse alcuni di loro nelle campagne elettorali di quel periodo
Dal 1998 al 2006 si è mosso liberamente
Guttadauro avrebbe anche svolto la funzione di collegamento fra il capomafia trapanese e Bernardo Provenzano. Gli investigatori sono arrivati a identificare il numero 121 che più volte viene indicato nei “pizzini” di Provenzano, grazie a diversi elementi di riscontro che hanno permesso di risalire a Filippo Guttadauro. Nei confronti dell’uomo vi è anche una perizia grafica che conferma il fatto che una lettera trovata nel covo di Provenzano sia stata scritta di suo pugno. Guttadauro nel ’97 era già stato condannato per associazione mafiosa, scontando la pena.
Redazione Il Circolaccio
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