Una montagna di carte sul cerchio magico dell’ex presidente della sezione Misure di Prevenzione. Magistrati, amministratori, e anche l’ex prefetta di Palermo Francesca Cannizzo.
Sono 79 i capi d’accusa contestati dalla procura
Venti le persone da giudicare nel processo di Caltanissetta. I capi di imputazione sono molto gravi e vanno dal falso in atto pubblico, all ‘abuso, alla corruzione, al peculato, all’associazione a delinquere
Tra i vari imputati, del processo in corso , anche il consulente castelvetranese , Roberto Santangelo 47 anni commercialista
Santangelo, coinvolto con altri due amministratori di beni sequestrati a Cosa nostra. Con la Saguto e il marito sono inseriti nella seconda associazione a delinquere contestata dalla procura.
Spesso, gli amministratori giudiziari hanno avuto il sostegno delle associazioni antimafia . Associazioni che, in questa vicenda ,mantengono un certo riserbo. Di solito “strillano ” e parecchio quando si tratta di accusare persone. Rimangono molti dubbi su come si finiva nell’elenco delle nomine della Saguto.
’ Le parti civili :Agenzia nazionale per i beni confiscati, le amministrazioni giudiziarie dei sequestri e confische Rappa, Ingrassia, Acanto, Vetrano, Buttitta, Leone, Di Bella, Veragel, Motoroil, i dipendenti di Acanto, e i soci dell’imprenditore Rappa.
Silvana Saguto si difende : “Le associazioni antimafia mi suggerivano i nomi”
“Gli amministratori giudiziari non li ho scelti fra i miei amici. E miei amici non erano le persone chiamate a sostituire i fedelissimi dei boss cacciati dopo i sequestri: i nomi di persone valide li abbiamo chiesti ad associazioni antimafia come Libera, Addiopizzo, li abbiamo chiesti ai parroci. Per essere più tranquilli. Segnalazioni sono arrivate da tutte le parti, anche da colleghi magistrati“.
Quando Cappellano era finito al centro delle polemiche, la giudice aveva deciso di puntare su un altro nome per proseguire nella sua gestione allegra dei beni sottrattatti a Cosa nostra. Provenzano era all’epoca docente alla Kore di Enna, Santangelo è un commercialista. “Secondo un modulo operativo realizzato attraverso la commissione di delitti di falso ideologico connessi a delitti di abuso d’ufficio – scrivono i pm di Caltanissetta – licenziavano dipendenti della società oggetto di sequestro, spesso dotati di alta professionalità, al fine di inserire nelle ammininistrazioni giudiziarie propri familiari o conoscenti”. E Silvana Saguto avallava tutto. Fra i raccomandati, Maria Ingraso, la moglie di Provenzano, anche lei indagata. Così come Calogero Manta, altro coadiutore legato a Provenzano.
Nel 2015, dopo la prima inchiesta Saguto, sul sito “MERIDIONE NEWS ” nel novembre 2015 si scriveva :”Tra mille difficoltà Nicola Santangelo ha tentato di salvare Gelato In Srl a Bagheria. Ma tra debiti per centinaia di migliaia di euro lasciati dalla precedente gestione, un’opera di boicottaggio iniziata subito dopo il sequestro e ripetute minacce e atti vandalici la società chiuderà i battenti il prossimo 30 novembre” . Eveidente , l’intenzione di poter dimostrare ancora una volta che, i beni confiscati ,finiscono in fallimento per colpa dell’ambiente mafioso e non per incapacità degli amministratori
“Il messaggio che rischia di passare- dichiarava Santangelo a Meridione News- è che finché l’azienda è in mano al mafioso di turno va bene, quando entra in amministrazione giudiziaria va fatta chiudere. L’amarezza di Santangelo è tangibile: «Noi facciamo il possibile per mantenerle in vita, purtroppo non sempre riusciamo, indipendentemente dal nostro operato. Di fronte a questo dilagare di notizie che portano discredito – conclude – è bene ricordare sempre che ci sono amministratori che fanno il lavoro seriamente, onestamente, con abnegazione e in un clima fin troppo spesso ostile. È già abbastanza difficile per noi senza bisogno che la nostra professione venga macchiata da certe notizie che tendono purtroppo a fare di tutta l’erba un fascio senza distinzioni». Adesso, Santangelo ,deve rispondere ai giudici, insieme ai suoi colleghi, dopo avere incassato parcelle per centinai di migliaia di Euro per le sue prestazioni, di vari reati.
Ci si augura che i giudici di Caltanissetta facciano chiarezza sull’intera vicenda. La questione ha una valenza storica e ne va della credibilità dello Stato.
Lunga la lista delle consulenze per centinaia di migliaia di euro pagate da Cappellano a Caramma che riguardano sequestri disposti da altri Tribunali siciliani. Perché Cappellano aveva incarichi in tutta l’Isola: Calcestruzzi (Caltanissetta), Ignazio Agrò (Agrigento), Diego Agrò (Agrigento), Allegro (Caltanissetta), Tarantolo (Trapani), Amoddeo (Palermo), Padovani (Caltanissetta).
Dal magma del “sistema Saguto” emerge una montagna di ipotesi di reato .Corruzioni, falsi, abusi e favori. E siamo solo all’inizio. L’elenco dei coinvolti , oltre all’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, comprende i nomi dei magistrati Fabio Licata (avrebbe saputo e rivelato alla presidente la notizia riservata dell’esistenza dell’inchiesta), Lorenzo Chiaramonte (abuso d’ufficio per non essersi astenuto quando fu nominato un suo amico, Antonio Ticali, come amministratore giudiziario) Tommaso Virga e prosegue con il figlio di quest’ultimo, Walter, il marito della Saguto, l’ingegnere Lorenzo Caramma, il figlio Emanuele, e il padre del magistrato, Vittorio Saguto (riciclaggio del provento della corruzione); l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo, il colonnello della Dia Rosolino Nasca, gli amministratori giudiziari Gaetano Cappellano Seminara, Roberto Nicola Santangelo Aulo Giganti (avrebbe assunto persone segnalate dalla cancelliera Dorotea Morvillo nell’amministrazione giudiziaria dei negozi Niceta) e Antonio Ticali; i docenti universitari Carmelo Provenzano, Roberto Di Maria e Luca Nivarra; i consulenti Marina Ingrao e Calogero Manta, il cancelliere del Tribunale Elio Grimaldi.
L’elenco dei capi d’imputazione si apre con i reati di abuso d’ufficio contestati a Virga padre, Saguto e Licata. L’ex presidente considerava Walter Virga “un ragazzino da niente” eppure gli assegnò prima l’amministrazione giudiziaria della catena di negozi Bagagli e poi l’impero Rappa “esclusivamente in funzione della protezione che si attendeva dal padre Tommaso Virga”. Che, oltre a essere stato presidente di una sezione penale del Tribunale, dal 2010 al 2014 aveva fatto parte del Csm. La Saguto sperava che Virga senior le desse una mano per il procedimento disciplinare che pendeva su di lei al Consiglio superiore della magistratura. Virga, come annotano i pm, “le chiedeva o si limitava a manifestare un interesse affinché il figlio fosse nominato amministratore giudiziario”.
Fonte: Meridione news; Repubblica; Live Sicilia
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