Antonio morto di coronavirus in carcere. Era in attesa dell’inizio processo e quindi imputato
Antonio era recluso nel carcere di Voghera in attesa di giudizio. Per giorni con la febbre e il medico si rifiutò di visitarlo.
Lo Stato di diritto che lascia morire i detenuti di coronavirus e che mette a rischio il personale penitenziario, senza nessuna prevenzione
È morto nei giorni scorsi per Coronavirus all’ospedale San Carlo di Milano. Come lui rischiano tanti altri detenuti, con il rischio di trasformare le celle in veri e propri lazzaretti dove non può esserci alcun distanziamento sociale. Il grido di allarme di un detenuto a Fanpage.it: “Molti hanno la febbre e non fanno i tamponi, la situazione è più grave di quanto sembra”.
Qualche giorno fa Fanpage ha raccontato la storia di Giuseppe, nome di fantasia. Un detenuto recluso nel carcere di Voghera da dicembre, in attesa di giudizio. Il suo vero nome è Antonio ed è morto ieri per Covid-19 nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale San Carlo di Milano. Aveva 59 anni e non era affetto da altre patologie. È tra i primi detenuti a morire per Coronavirus, mentre i contagi tra personale, polizia penitenziaria e detenuti dilagano in moltissimi istituti penitenziari. Antonio il 9 marzo ha cominciato ad avere la febbre, si sente male e chiede di essere visitato dalla guardia medica interna, ma il medico si sarebbe rifiutato di farlo. È quanto riferisce il giorno 13 a colloquio telefonico con i familiari. Racconta di avere anche brividi, tosse e problemi respiratori da almeno quattro giorni: “Stanno giocando con la mia vita”, dice al figlio in quell’ultima telefonata.
Da quel giorno la famiglia non ha più notizie e attende con preoccupazione il successivo colloquio telefonico. Ma il 17 marzo Antonio non chiama, perché è stato ricoverato all’ospedale San Paolo di Milano prima e al San Carlo poi in terapia intensiva. I familiari ne vengono a conoscenza in modo non ufficiale, comincia allora l’infinita trafila di richieste di informazione e istanze di scarcerazione. Il Gip si dice ignaro della vicenda. Antonio lotta tra la vita e la morte, fino a ieri, quando muore, anche lui come tanti da solo, senza aver potuto salutare un’ultima volta, neppure al telefono, i figli e la moglie. Tanti gli interrogativi rimasti senza risposta. Primo su tutti: Antonio avrebbe potuto salvarsi se curato per tempo? Davvero il medico si è rifiutato di visitarlo? Questa circostanza viene riferita a chi scrive anche da altri familiari di detenuti a Voghera con la febbre. Antonio era in cella con altre quattro persone, in 9 metri quadrati. Il distanziamento sociale lo avrebbe salvato? Il numero di Covid all’interno dell’istituto è cresciuto, i detenuti sono stati messi in isolamento, spostando persone da un settore all’altro, aggravando dunque il problema dell’affollamento. I presidi sanitari a disposizione sono pochissimi, i fortunati ricevono un solo paio di guanti e una mascherina. Chi avrebbe dovuto provvedere a consegnarli, ben sapendo che nelle celle il distanziamento fisico è impossibile?
continua su: https://www.fanpage.it/attualita/giuseppe-morto-di-coronavirus-in-carcere-era-in-attesa-dellinizio-processo/
https://www.fanpage.it/
continua su: https://www.fanpage.it/attualita/giuseppe-morto-di-coronavirus-in-carcere-era-in-attesa-dellinizio-processo/
https://www.fanpage.it/