
Dopo la storica frase di ammonimento, “vogliono “rosicare” i voti del P.D., Zingaretti, pare abbia deciso di sfornare una sorprendente oratoria di nuovo conio, degna delle tradizioni della politica d’altri tempi, ma imperniata sulle novità dei termini. Ha esortato il Governo di cui il suo Partito è (o così si dice) sostenitore e partecipe, a “trovarsi” un’“anima”. Senza la quale Salvini ben presto se lo mangia.
Dunque: “anima cercasi” per P.D. e Governo Conte.
Questo ripiegare sulla retorica dell’oratoria è significativo e un po’ buffo. Ma non è poi sorprendente, né manca di una pretesa rispondenza ad un ruolo specifico che il P.D. ritiene potersi dare.
Si direbbe che Zingaretti voglia sfruttare il fatto che il P.D. è l’unico partito con una denominazione “tradizionale”, anche se annacquato e dolente nella confusione creata dalla pretesa, coltivata non troppo tempo fa, di dare alla parola “democratico” un valore generico che, per un partito, è la mancanza di ogni valore e significato. Partito Democratico in una Repubblica Democratica, in cui tutti, per non essere degli eversori, dovrebbero essere “democratici”. Non per nulla nella storia, nemmeno troppo lontano di quello che oggi è il partito di Zingaretti, c’è stata la fase in cui Renzi voleva farne il “Partito della Nazione”. Cioè un non partito.
Oggi Zingaretti si deve preoccupare che il “non partito” sia tale perché anziché “parte” abbia pretesa di universalità. Vuole, perciò che la sua denominazione venga a corrispondere ad una politica, o qualcosa del genere, ma ad una politica di tutti, Cercare una “posizione”, un “significato”. In altre parole: cercare di essere e significare qualcosa. Uscire dal sostanziale anonimato delle sigle, più o meno commerciali e pubblicitarie di cui si fregiano i seguaci degli altri cosiddetti leaders.
Così il dentista romano, dopo aver ammonito chi se lo vuole “rosicare”, ricorre agli alti concetti della retorica, cerca nientemeno, un’”anima”, senza la quale, così dice, la sua formazione destinata a diventare riserva alimentare di Matteo Renzi, che non si fa scrupoli, malgrado gli ammonimenti, di “rosicare” voti dove ce ne sono e magari dove solo potrebbero esserci.
Il discorso sembra essere un po’ troppo complicato.
Ma in realtà di complicato c’è solo la “strategia” con la quale Zingaretti vuole salvare il salvabile. Complicata quanto varia è l’oratoria del Nostro, che va dal realismo del “rosicare”, agli alti pensieri dell’anima.
Ma di tutta la “novità” che, ci promette Zingaretti, l’unica cosa è il suo stesso darsi alla retorica e confidare nella propria oratoria.
Affermando, poi, disinvoltamente, chi ci offre “fatti” e non “parole”.
Mauro Mellini
20.11.2019