E’ proprio cosi. L’imprenditore difeso dalla sinistra ed editore di grandi testate con giornalisti pronti a stroncare gli avversari , non ha pagato le tasse dovute e per molti anni. A De Benedetti non è bastato solo non pagare le tasse dovute, risulta anche con le sue società , essere il più grande debitore del Monte dei Paschi di Siena a cui deve oltre 6oo milioni di Euro. Delle vergogne di De Benedetti, molta stampa ha fatto finta di nulla
Alla faccia della Democrazia . Occorre una legge che non consenta più queste vergogne. De Benedetti con i suoi giornali, mentre doveva pagare al fisco oltre 500 milioni di Euro (poi chiusi con accordo a 175 milioni di Euro) continuava a percepire i soldi dei contributi per l’editoria. E di questo fatto, nessuno si è mai scandalizzato
La vicenda si chiuse con una maxi multa di 175 milioni. Una vicenda di elusione fiscale in origine a carico dell’Espresso dei De Benedetti, trascinatasi per ben 26 anni.
Allora, correva il 1991, il gruppo guidato da Carlo De Benedetti era impegnato nell’architettura finanziaria del ramo editoriale dopo la conclusione della guerra contro Silvio Berlusconi per la Mondadori.
Nel percorso di riorganizzazione e quotazione del gruppo Espresso l’Ingegnere effettuò una fusione: l’incorporazione dell’allora Repubblica con la Cartiera di Ascoli. Un’operazione sulla quale la Commissione tributaria di Roma contestò successivamente un’elusione fiscale, relativa ai benefici ottenuti e alle plusvalenze. Si aprì un contenzioso che ha portato, nel 2012, alla condanna in Appello con una multa da 225 milioni, lievitata per interessi fino agli attuali 388,6 milioni. Sui quali si doveva ancora esprimere la Cassazione, a cui i legali dell’Espresso avevano fatto ricorso.
Ebbene ieri si è appreso che Espresso e Fisco hanno raggiunto un accordo: il cda del gruppo editoriale Gedi «ha deliberato di avvalersi della facoltà offerta dal decreto» per chiudere la controversia. Gedi pagherà 175,3 milioni, di cui 70,1 entro lunedì, altri 70,1 entro il 30 novembre e 35,1 entro il 30 giugno. Peccato che nel frattempo l’Espresso non è più solo della Cir dei De Benedetti: da qualche mese è operativa la fusione con Itedi (da cui è nata appunto Gedi) che ha ridotto la quota Cir dal 57 al 43%, con l’ingresso degli Agnelli (ex Stampa, 5%) e dei Perrone (ex Secolo XIX, 4,4%), che dunque si trovano a «partecipare», pure loro al multone. Cose che capitano, soprattutto se per venirne a capo c’è voluto un quarto di secolo.
In ogni caso con questo accordo il gruppo riconosce di aver eluso il Fisco, anche se il cda dichiara di aver accettato «pur ribadendo la propria convinzione quanto alla legittimità civilistico-tributaria dell’operazione». Hanno contato valutazioni sul rischio-Cassazione: un’eventuale sconfitta poteva essere molto peggio. Mentre questi 175,3 milioni, diluiti come si è detto, non creano grandi problemi al bilancio: il rapporto che guardano gli analisti, quello tra debito netto ed Ebitda (i margini), è pari a circa 2,5 volte. Un valore considerato ampiamente sostenibile nell’editoria.
Certo, l’Ingegnere e Gedi devono ringraziare l’ad Monica Mondardini che, in questi ultimi 8 anni, ha portato la posizione debitoria del gruppo Espresso da negativa per 300 milioni a positiva per 40, quale è quella attuale. In grado quindi di assorbire una multa così importante (per la quale non sono mai stati fatti accantonamenti in bilancio) senza particolari ansie. Anche se poi il verdetto arriverà dalla Borsa alla riapertura di lunedì. Di sicuro, se la giustizia «civilistico-tributaria» fosse arrivata prima rispetto a questi 26 anni, magari quando l’Espresso aveva 300 milioni di debiti, le cose potevano andare in maniera ben diversa e peggiore. La stessa fusione con Itedi sarebbe diventata difficile. Forse impossibile. Invece, ancora una volta, la giustizia ha detto bene ai De Benedetti.
Fonte : Documenti
Il Circolaccio