di Agostino Spataro
Quello che taluni temevano avrebbe fatto il comunismo ossia la liquidazione dei ceti intermedi, la collettivizzazione forzata dei beni, ecc. lo sta realizzando, in forme proprie, il neoliberismo.
Alla luce dei mutamenti intervenuti nella seconda metà del secolo XX° (in particolare del crollo del sistema dei Paesi socialisti guidato dall’Urss), noi comunisti del XXI° secolo dovremo aggiornare il nostro impianto ideologico, politico e programmatico. Tutto ciò in ossequio a una corretta interpretazione dell’evoluzione storica e nell’interesse delle masse popolari ancora largamente sfruttate e maltrattate in ogni parte del mondo “globalizzato”.
In primis, bisogna sancire il rifiuto di ogni forma di dittatura. Anche di quella del “proletariato” che – come si vide nell’esperienza concreta – era solo un velo che copriva ben altre dittature. L’internazionalismo proletario, proposto da Marx ed Engels, alla metà dell’800, fu la prima, grande ipotesi di globalizzazione progressista. Le borghesie non andavano oltre il nazionalismo e il colonialismo di rapina. Oggi, si rende necessario un nuovo internazionalismo, democratico e popolare, opposto al neo liberismo dilagante, per puntare a una comunità mondiale contrapposta alla globalizzazione di stampo neoliberista che, scopiazzando l’idea socialista, sta liquidando la dimensione nazionale e la sovranità popolare. Nella sua pericolosa corsa, il neo liberismo sta travolgendo anche tutte le forme sociali, politiche e culturali tradizionali, comprese quelle espresse dal capitalismo industriale e dai ceti borghesi medi e bassi. Di questo passo, nella nuova società neoliberista nemmeno il ceto medio avrà più un posto dignitoso. Quello che taluni temevano avrebbe fatto il comunismo ossia la liquidazione dei ceti intermedi, la collettivizzazione forzata dei beni, ecc. lo sta realizzando, in forme proprie, il neoliberismo. In realtà, il progetto neo liberista punta dritto alla globalizzazione economica e finanziaria e all’omologazione, all’asservimento del pensiero umano. La sinistra, oggi in grandi difficoltà, se desidera invertire la tendenza, dovrà cercare alleanze, anche inedite, con i ceti sociali e le forze politiche minacciate e/o colpite dal neoliberismo, rivalutando la sovranità popolare e le giuste aspirazioni degli Stati nazionali. Per mantenere aperta la prospettiva generale, appare sempre più come una via obbligata l’alleanza con i ceti medi e con tutte le forze progressiste nazionali antifasciste. Di fronte all’aggressione le forze minacciate devono coalizzarsi e reagire unite e sulla base di un programma condiviso. In una guerra come questa, amorale e deregolata, anche un sano nazionalismo potrebbe contribuire a rafforzare lo schieramento che punta a bloccare l’espansione neoliberista.
* in “Il dono di Tita”, 2023.