Fiammetta Borsellino: «Non partecipo agli anniversari di via D’Amelio. Mio padre fu lasciato solo e tradito» La figlia di Paolo Borsellino diserterà le cerimonie. E a L’Espresso dice la sua su magistrati, depistaggi e riforme. «Una parte si è appropriata della memoria, anche indebitamente, monopolizzandola. Quando ho denunciato la solitudine di mio padre e il tradimento da parte dei suoi colleghi ho sentito il gelo intorno a me»
Il nostro blog è stato, è, e sarà , sempre vicino a Fiammetta Borsellino e alla sua famiglia.
Basta con le passarelle salottiere
Fiammetta da anni è impegnata sulla strada che porta alla verità sulle stragi. Ha avuto il coraggio di puntare il dito contro i depistatori di Stato e i loro amici giornalisti che, per anni, hanno tenuto viva l’attenzione sui falsi pentiti. La battaglia di Fiammetta non è un fatto solo personale. E’ una battaglia di Democrazia e di diritto. Basta con l’uso strumentale del nome del padre, Paolo per finalità politiche o di bottega. La mafia non è stata la sola organizzazione a voler far saltare in aria Falcone e Borsellino. Mancano le menti raffinatissime. E Fiammetta non avrà pace fino quando questi nomi, non verrano fuori e processati. Molti cittadini vorrebbero anche capire perchè, il boss Matteo Messina Denaro è stato condannato solo nel 2020, in ragione del prezioso lavoro del Procuratore Paci, per le stragi palermitane. Uno scandalo nello scandalo. Per anni, nessun Pm ha messo sotto processo il boss castelvetranese per gli attentati di Palermo. Questo aspetto giudiziario, davvero misterioso, dovrebbe far intendere molto sulle ragioni portate avanti da Fiammetta Borsellino.
Forza Fiammetta , non fermarti nella ricerca della verità
Il trentennale della strage di via D’Amelio per Fiammetta Borsellino è cominciato così. Una mattina si è affacciata al balcone della sua abitazione, nel quartiere palermitano della Kalsa, lo stesso dove suo padre è nato e cresciuto. Sul muro di fronte, come una apparizione, ha visto un murales a colori che ritraeva il giudice Paolo Borsellino, in giacca e cravatta, con la mano sinistra in tasca e con la destra a reggere quella borsa che è stata sottratta il 19 luglio del 1992 dalla sua auto blindata ancora in fiamme, dopo l’esplosione dell’autobomba. È la stessa borsa dove c’era la famosa “agenda rossa”, nella quale il giudice annotava le cose più segrete. Quella borsa verrà poi restituita alla famiglia, ma priva dell’agenda, scomparsa per sempre nel gorgo dei misteri d’Italia. Quel murales, il giorno prima non c’era.
«Mi è venuto un colpo, nel vedermelo davanti all’improvviso», racconta Fiammetta. Cosa era accaduto? Per una coincidenza, oppure per uno strano incrocio del destino, il writer TvBoy lo aveva realizzato la notte precedente, ignorando di farlo proprio sotto la casa della figlia del giudice. Fiammetta si è poi messa sulle sue tracce e i due si sono infine conosciuti. Il murales è ben riuscito: Paolo Borsellino, con una espressione seria ma serena, sembra osservare tutto quello che è accaduto nei tre decenni successivi al suo sacrificio.
Le cerimonie legate al trentennale delle stragi siciliane sono in pieno svolgimento.
«La verità? Provo un grande disagio. Penso che una parte si sia appropriata della memoria, anche indebitamente, monopolizzandola. Cinque anni fa avevo parlato per la prima volta pubblicamente, in occasione della diretta Rai sul venticinquennale. Avevamo deciso, con i miei fratelli Lucia e Manfredi, di riprenderci il diritto alla parola. Denunciai, sempre per la prima volta pubblicamente, la solitudine di mio padre, il tradimento da parte dei suoi colleghi magistrati. Avevo espresso un altro punto di vista. Ho sentito il gelo intorno a me. Nei giorni successivi mi si rispose che i familiari delle vittime sono privi di qualsiasi forma di prudenza verbale. Invece del dialogo, ci fu immediatamente una chiusura».
Da allora sei considerata «verbalmente imprudente»?
«Ho deciso di andare avanti per la mia strada, altrimenti si rischia di farsene una malattia».
Fonte: Blog San Francesco