di Achille Colombo Clerici
C’è da chiedersi se sia l’U.E. che, teorizzando, cavalca in modo esagerato il tema della decarbonizzazione, imponendo all’economia tempi ristrettissimi, che mal si conciliano con la saggia gestione degli investimenti in atto, mettendo in crisi interi settori economici, o siano le forze finanziarie della green economy che premono sulla stessa perché metta alla frusta tutti i vari comparti, costringendoli nella logica del chi non è in grado di seguire ceda il passo, al fine di aprire spazi speculativi alle grandi masse di ricchezza finanziaria smaniose di planare nell’economia reale.
Certo è che l’obbiettivo della net zero emissions 2050, postosi dall’Europa, sarà già difficilmente conseguibile nell’ambito europeo, dato il ritardo con il quale marciano i vari livelli di attuazione di una programmazione in cui si continua ad alzare l’asticella degli obiettivi, prima ancora di averli raggiunti alle rispettive scadenze; e comunque inefficace sul piano globale, attese le posizioni attendiste assunte da alcuni paesi-chiave. Ma l’Europa, forte di un apparato burocratico indefesso nel dettar linee teoriche, sforna programmi su programmi, direttive su direttive, raccomandazioni su raccomandazioni. Velocizzare, semplificare, togliersi di mezzo se si è d’ingombro, la parola d’ordine.
E’ il caso della Direttiva sull’efficientamento energetico del parco immobiliare che, secondo notizie di stampa, verrà presentata il 14 dicembre prossimo dalla Commissione Europea. Dal 2027 gli edifici che non raggiungeranno un minimo grado di qualità sul piano energetico non potranno più esser locati o venduti. Questo minimo sarà, spiega la direttiva, la classe energetica E a partire dal 2027, quella D, a partire dal 2030 e, infine, quella C dal primo gennaio del 2033. Per gli appartamenti in condominio gli standard scatteranno invece nel 2030.
Quali le conseguenze per chi non riesca a stare sta al passo con il ritmo imposto? L’edificio diventa incommerciabile ed economicamente improduttivo, quindi condannato al degrado. In questo caso l’esito è scontato: l’immobile verrà svenduto o espropriato, per pubblica utilità, da operatori finanziari, come è già previsto nella legge predisposta dal MIMS per la rigenerazione urbana. Con buona pace di chi ha lavorato una vita per metterci dentro quei risparmi che, monetizzati, finiranno nel calderone dell’economia finanziaria, appunto.